2020-08-01
Toghe in costume. Il Covid non ferma le super vacanze
Malgrado i 4 mesi di lockdown dei tribunali e il lavoro arretrato, Alfonso Bonafede conferma le ferie dei magistrati fino al 2 settembre.Il dottore è fuori stanza, tornerà abbronzato. Mentre l'Italia in ginocchio prova a risollevarsi, mentre tante aziende studiano ferie a macchia di leopardo per non perdere un altro mese e i bar piazzano tavolini anche sulle strisce pedonali per provare a recuperare una minima quota di fatturato, la giustizia va in vacanza. Dal 27 luglio al 2 settembre tutto chiuso, il periodo feriale nei tribunali è confermato e già felicemente operativo. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, non ha revocato la circolare 178 del dicembre 2019 che stabilisce il lockdown spontaneo, quello che nella pubblica amministrazione si celebra tutti gli anni in agosto. Come se il virus cinese non fosse mai esistito.Per la verità la fase 3 (quella delle udienze in presenza), era scattata ufficialmente il primo luglio, presentata in favore di telecamere dal titolare del dicastero; con quel gesto Bonafede voleva far intendere agli italiani che la poderosa e pachidermica macchina della giustizia si sarebbe rimessa in moto. Tutto aleatorio, tutto virtuale, la parola d'ordine rimane quella del bob a due ai Giochi olimpici: slittamento. E il prolungamento dello stato d'emergenza ha fatto il resto: regime precario fino al 15 ottobre con ipotesi molto forte di un ulteriore scivolamento fino a dicembre. Una situazione che gli avvocati definiscono «umiliante», con convocazioni su appuntamento, collegamenti in videoconferenza del tutto aleatori e fascicoli che si trascinano senza data dopo essere stati rinviati per quattro mesi durante il contagio. In questi giorni il traguardo più ottimistico per numerose udienze è quello della primavera avanzata 2021.Lo aveva intuito il vicepresidente della Camera penale di Roma, Vincenzo Comi, due mesi fa nel periodo caldo del flashmob degli avvocati, con restituzione dei codici sulla scalinata del Palazzaccio a piazzale Clodio. «È assurdo che ogni giudice scelga i processi che vuole fissare in modo discrezionale e senza alcuna forma di regolarizzazione oggettiva delle calendarizzazioni» aveva detto, profetico. «Se ci sono processi che hanno rilevanza mediatica il giudice fisserà quelli e non il processo del povero disgraziato che da anni aspetta giustizia». È esattamente ciò che sta accadendo; nella percezione degli italiani c'è un'attività giudiziaria intensa, quasi frenetica, basata su inchieste a sfondo politico e con obiettivi evidenti. Ma per i cittadini, i tribunali rimangono vascelli fantasma dove l'esercizio del diritto è sospeso. «Si torna alla normalità» titolavano trionfalmente i molti media filogovernativi il 2 luglio e lasciavano intendere che vi fosse una scuola di pensiero intenzionata a far valere «l'estate di lavoro» per giudici, cancellieri, addetti dei tribunali. La proposta uscita sottovoce dal ministero non è neppure stata presa in considerazione e per tutto agosto saranno aperti soltanto gli uffici dei procuratori di turno per eventuali arresti e convalide. Con il risultato di peggiorare la già pesante situazione degli arretrati: solo a Roma ci sono 14.000 processi pendenti. «Hanno riaperto tutto in Italia, anche le toilette pubbliche. Tutto tranne i tribunali», ha sottolineato provocatoriamente l'avvocato Carlo Taormina. A maggior ragione in agosto, con lo stato d'emergenza prorogato e - a differenza di molte altre categorie - lo stipendio che continua regolarmente a correre. Lo scenario è desolante: cittadini senza diritti, avvocati senza compensi e Stato latitante, come per qualche giorno i mafiosi scarcerati da Bonafede durante la pandemia. Eppure un passo avanti era stato fatto. Il senatore Alberto Balboni (Fratelli d'Italia) a fine giugno aveva presentato un emendamento accolto favorevolmente anche dalla maggioranza per riaprire quelle porte, facendo appello al «giusto processo con tempi certi davanti a un giudice, come prescrive l'articolo 111 della Costituzione. E pubblicamente, come impone l'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo».Un mese di ammuina amministrativa, poi tutti in ferie. Con il grande equivoco della reale riapertura ancora sospeso sulla testa dei presidenti di Tribunale, in questo caso vasi di coccio sui quali si è riversato il peso delle responsabilità di quel decreto scaricabarile che porta il nome di Cura Italia. All'articolo 83 si dice praticamente che il presidente del Tribunale è una via di mezzo fra il gran visir e l'imperatore del Giappone. Dipende da lui riaprire le aule, consentire lo svolgimento delle udienze o rinviarle, adottare cautele e prudenze per evitare nuovi focolai o riprendere le attività a tutto gas. Poiché su tutti pende ancora il mostro giuridico della «perseguibilità dei titolari delle aziende», ecco che per proprietà transitiva i dirigenti di palazzo di Giustizia hanno preso l'unica decisione conservativa possibile: tirare l'autunno. La faccenda sta creando più di un problema agli avvocati, soprattutto ai più giovani che hanno deciso di volare da soli affittando i locali dello studio e non potendo neppure pagare quelli, visto che da tre mesi non percepiscono parcelle. Alcuni di loro, alla disperazione, hanno chiesto il bonus di 600 euro. Nel Lazio e in Campania ci sono più avvocati che in tutta la Francia (66.000 contro 60.000). Per molti di loro l'autunno sarà micidiale, esattamente come per molti italiani. Niente a che vedere con l'ansia da rientro dei titolari della giustizia.
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