2022-11-29
Le rivolte squarciano la censura di Xi
Xi Jinping. Nel riquadro, Ed Lawrence
I video delle proteste fanno il giro del mondo: possibile segnale di debolezza del leader, costretto ad allentare i divieti. Invece Apple limita ancora lo scambio di notizie nel Paese.Risultano senza dubbio significative le proteste recentemente esplose in varie parti della Repubblica popolare cinese: da Pechino a Shanghai sono numerosi i manifestanti scesi in strada contro la draconiana politica dello zero Covid, imposta dai vertici del Partito comunista. Tutto è nato da un incendio, scoppiato giovedì scorso in un condominio nella città di Urumqi, in cui sono rimaste uccise dieci persone: secondo la Cnn, vari video hanno mostrato che le pesanti misure di blocco avevano creato ostacoli ai soccorsi e ai vigili del fuoco. Ne sono sorte delle proteste che hanno finito col divampare dallo Xinjiang al resto del Paese. Oltre a Shanghai, negli ultimissimi giorni le manifestazioni si sono infatti estese ad altri importanti centri, come Pechino, Chengdu, Guangzhou, Wuhan e Hong Kong: manifestazioni che, registratesi anche in numerosi campus universitari, in alcuni casi sono arrivate ad invocare le dimissioni del presidente cinese, Xi Jinping. Neanche a dirlo, il governo ha messo in atto delle misure energicamente repressive. Ieri Reuters riferiva che la polizia stava effettuando azioni di fermo e perquisizione nelle aree in cui si erano verificate le principali proteste: in particolare, sembra che le forze dell’ordine abbiano chiesto ai presenti i telefonini, per controllare le loro attività sui social media. Non solo: Ed Lawrence, un giornalista della Bbc che stava seguendo le manifestazioni di Shanghai, è stato arrestato e picchiato. Frattanto la Casa Bianca ha difeso le proteste, dichiarando: «Abbiamo a lungo affermato che tutti hanno il diritto di protestare pacificamente, qui negli Stati Uniti e in tutto il mondo». Mentre, commentando cautamente le manifestazioni, il governo tedesco ha sottolineato l’importanza dei vaccini mrna, ventilando la possibilità di una collaborazione tra Biontech e un partner cinese. Intanto, i dimostranti cinesi hanno dovuto fare a meno di uno strumento solitamente molto utile per aggirare la censura del governo cinese. Stiamo parlando della funzione di condivisione file AirDrop di Apple: secondo Fox News, il colosso di Cupertino ha infatti applicato delle restrizioni a questa funzionalità in Cina a inizio novembre. D’altronde, come riferito dalla testata Quartz, non è la prima volta che Apple adotta comportamenti di sostanziale vicinanza al governo cinese: nel 2019 bloccò per esempio l’applicazione di una mappa che registrava proteste in tempo reale a Hong Kong. Non solo. La stessa fonte ha sottolineato come la quota di mercato di Apple in Cina stia crescendo: un fattore che potrebbe (almeno in parte) spiegare l’acquiescenza dell’azienda di Cupertino nei confronti dei vertici politici di Pechino. Il che suona paradossale, visto il suo sbandierato impegno per le cause liberal-progressiste: ricordate quando, nel 2020, la società capeggiata da Tim Cook sostenne il movimento Black lives matter negli Stati Uniti? Eppure, nonostante queste difficoltà, video e foto delle proteste stanno ampiamente circolando sui social network. Ora, una simile situazione denota un significativo paradosso. Ricordiamo infatti che il regime cinese dispone di notevoli mezzi di controllo e censura sul piano elettronico. La domanda che pertanto sorge è: come mai, nonostante al Partito comunista cinese non manchino gli strumenti repressivi, la circolazione di foto e video online si è rivelata tanto massiccia? Una spiegazione potrebbe risiedere nelle spaccature presenti ai vertici del Pcc. Una certa vulgata ha teso a presentare Xi come una sorta di monarca assoluto dopo che costui, il mese scorso, aveva ricevuto un inedito terzo mandato a segretario generale. Ora, è senz’altro vero che l’attuale presidente cinese goda di un ampio potere. Eppure, come già sottolineato all’epoca dalla Verità, non è per lui tutto oro quel che luccica. Xi sconta infatti da tempo una significativa impopolarità interna sia a causa dei risultati deludenti in economia sia (soprattutto) a causa della politica zero Covid. In tal senso, non è un mistero che, all’interno del Pcc, agiscano delle aree frondiste. Ecco: non si può forse del tutto escludere che proprio tali aree stiano parzialmente (e appositamente) allentando le maglie della censura in questi giorni. D’altronde, che la posizione di Xi si stia (almeno in parte) indebolendo è dimostrato anche dal fatto che, nelle scorse ore, è stato annunciato un allentamento delle restrizioni anti-Covid in varie città: da Pechino a Guangzhou, passando per la stessa Urumqi. Nonostante il notevole potere che concentra nelle proprie mani, il presidente cinese potrebbe quindi risultare più debole di quanto appare. E proprio lo scenografico siluramento di Hu Jintao al congresso dello scorso ottobre potrebbe paradossalmente finire col ritorcerglisi contro: un siluramento che, anziché spaventarli, sembrerebbe in realtà aver compattato e reso più agguerriti i nemici interni. Un quadro che, mutatis mutandis, pare quasi riecheggiare le dinamiche che portarono alla caduta di Maximilien de Robespierre il 9 termidoro. Proprio quando credeva di aver ormai in pugno i suoi avversari a suon di minacce, l’Incorruttibile si ritrovò inopinatamente con le spalle al muro. L’orizzonte della politica cinese resta, insomma, colmo di incertezze.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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