2022-01-13
Le riforme elettorali proposte da Biden scatenano le proteste degli stessi dem Usa
Kamala Harris e Joe Biden (Ansa)
Il presidente vuole abolire la pratica del filibuster, da loro difesa e utilizzata quando erano all’opposizione e tutelata da Kamala Harris.È un discorso ricco di paradossi quello pronunciato da Joe Biden ad Atlanta martedì. Insieme alla sua vice Kamala Harris, il presidente americano ha sostenuto la necessità di approvare in Senato le riforme elettorali proposte dal Partito democratico. Riforme che i repubblicani hanno bloccato, suscitando le ire di un Asinello che taccia gli avversari di ostacolare il voto delle minoranze etniche. È in questo quadro che l’inquilino della Casa Bianca è andato all’attacco. Peccato però che nel suo discorso qualcosa non torni. «La storia non è mai stata gentile con coloro che si sono schierati con la soppressione dei diritti degli elettori […] Volete essere dalla parte del dottor King o di George Wallace? Volete stare dalla parte di John Lewis o di Bull Connor? Volete stare dalla parte di Abraham Lincoln o di Jefferson Davis?» Tradotto: per Biden, i repubblicani sono assimilabili ai segregazionisti (Wallace) e ai confederati (Davis). Giudizio duro, non c’è che dire. Il presidente deve tuttavia avere la memoria corta. Eh sì, perché nel maggio del 1987 il Detroit free Press riportò che Biden, all’epoca senatore del Delaware, rivendicò di essere stato «elogiato» da Wallace, definendo inoltre lo stesso Delaware come «culturalmente parte di Dixie» (nome, questo, con cui si designano gli Stati confederati). Era invece il giugno 2019, quando - durante la campagna elettorale per le primarie dem - la Harris criticò Biden per la sua trascorsa vicinanza ad alcuni senatori dem segregazionisti. Parliamo di James Eastland (che si oppose alla desegregazione delle scuole) e di Herman Talmadge (che fu uno strenuo oppositore dei diritti civili degli afroamericani). Ma questo non è l’unico problema di memoria (o di coerenza) che ha caratterizzato il discorso di Biden. Il presidente si è infatti detto favorevole a «sbarazzarsi» del filibuster: uno strumento con cui il partito di opposizione al Senato può di fatto pretendere che un disegno di legge, anziché a maggioranza semplice, venga approvato con un quorum di 60 voti. Ora, proprio questo strumento stanno usando i repubblicani per bloccare le riforme elettorali dei dem alla camera alta (una camera alta che - ricordiamolo - è attualmente spaccata a metà con 50 seggi a partito). Ebbene l’asinello giudica la condotta dei repubblicani inaccettabile, oltre che venata di razzismo. Peccato però che, quando erano i dem ad essere all’opposizione, il filibuster venisse da loro difeso e utilizzato. Tra gennaio 2019 e gennaio 2021, i repubblicani al Senato hanno dovuto fronteggiare ben 328 tentativi di filibuster da parte dell’Asinello. Non solo: nel 2017, l’allora senatrice Harris sottoscrisse un documento a tutela di questa pratica. Pratica che venne difesa, nel 2005, anche dall’allora senatore Barack Obama. Guarda caso, adesso che sono i repubblicani a usarlo, questo strumento è improvvisamente tacciato di razzismo e deve essere abolito. Purtroppo per Biden, il suo partito non è compatto sull’annullamento del filibuster: i senatori dem centristi Joe Manchin e Kyrsten Sinema sono infatti restii a seguire la sinistra del loro schieramento su questo terreno. Biden rischia insomma di impelagarsi in un problema che acuirà le divisioni nella sua già litigiosa maggioranza. Non pago, l’inquilino della Casa Bianca - nel medesimo discorso - ha definito un «golpe» l’irruzione in Campidoglio del 6 gennaio 2021. Per carità, nessun dubbio sull’estrema gravità di quell’evento. Ciò che tuttavia il presidente ha detto non è suffragato dai fatti. Finora, su oltre 700 facinorosi arrestati, nessuno è stato accusato di «sedizione». Inoltre, ad agosto Reuters riferì che l’Fbi aveva reperito «scarse evidenze» del fatto che l’irruzione fosse frutto di un complotto centralizzato, cioè un tentativo di golpe. È normale che un presidente in carica si esprima in modo così faziosamente impreciso su un evento che è ancora oggetto di indagine da parte degli inquirenti? Un evento che pone alcuni interrogativi che, ad oggi, restano fondamentalmente irrisolti? Tra l’altro, proprio su questa vicenda, l’amministrazione Biden potrebbe essere un po’ più trasparente: a partire dallo strano caso di Ray Epps, il manifestante che, la sera del 5 gennaio 2021, incitò una folla ad assaltare il Campidoglio. Finito nella lista dei principali ricercati dell’Fbi, Epps ne è stato cancellato improvvisamente senza spiegazioni. Ebbene, l’altro ieri, durante un’audizione parlamentare, il senatore repubblicano Ted Cruz ha chiesto alla vicedirettrice esecutiva dell’Fbi, Jill Sanborn, se Epps lavorasse per il Bureau. «Non posso rispondere a questa domanda», è stata la replica. Finora, come riferito dal Washington Examiner, anche il Dipartimento di Giustizia si è trincerato dietro un muro di silenzio su questo caso. E comunque prima di sposare la narrazione dem dei repubblicani cattivi che vogliono limitare il diritto di voto altrui, andiamoci piano. Perché quelle riforme (specialmente il John Lewis voting rights act) contengono elementi problematici: non solo ingigantiscono il potere del Dipartimento di Giustizia (con conseguente rischio di politicizzazione), ma soprattutto pongono un freno alla richiesta di produrre documenti di identità con foto per votare. Il segregazionismo, insomma, non c’entra nulla.
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