2019-12-06
Le proteste contro la riforma delle pensioni infiammano Parigi
Sciopero nazionale in Francia. In piazza gilet gialli e lavoratori dei trasporti. Nella capitale duri scontri tra polizia e black bloc.Sono state ore di palpabile tensione quelle che hanno caratterizzato ieri Parigi. Nel giorno dello sciopero generale, indetto per protesta contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron, la capitale è piombata nel caos, a causa di tumultuosi disordini. Al di là del corteo di protesta a cui hanno preso parte migliaia di persone, circa cinquecento black bloc si sono riuniti nei pressi di Place de la République, dove hanno avviato degli scontri con gli agenti di polizia, incendiando inoltre cassonetti, infrangendo vetrine e colpendo le telecamere degli operatori televisivi lì presenti. Nella zona è stato, tra l'altro, appiccato un grande rogo. Ottantasette persone sarebbero in stato di fermo. Ad incrociare le braccia sono stati ospedali, metropolitane, scuole, mezzi pubblici e la stessa Torre Eiffel, in quello che i media francesi hanno già battezzato un «giovedì nero»: una giornata in cui, oltre a quello parigino, si sono tenuti oltre duecento cortei di protesta in tutta la Francia. vale la pena di ricordare che un po' ovunque, da Nantes a Rennes, da Bordeaux a Montpellier, la Francia ha voluto manifestare il proprio disagio.In materia di pensioni, è abbastanza notorio che il presidente Macron auspichi una razionalizzazione generale, abolendo i regimi speciali pensionistici e introducendo un sistema a punti: sistema che, pur non innalzando formalmente l'età pensionabile, renderebbe vantaggioso lasciare il lavoro più tardi.In questo contesto, a scendere sul piede di guerra sono state moltissime categorie, a partire da quella dei ferrovieri. Anche le opposizioni risultano particolarmente critiche, accusando sostanzialmente Macron di fare il gioco delle tre carte. D'altronde, è noto che la questione pensionistica rappresenti uno scoglio difficilmente sormontabile per la politica francese. Nel 1995, l'allora primo ministro gollista Alain Juppé, tentò di riformare i regimi speciali: ne scaturì uno sciopero a oltranza che durò svariati giorni, fino a costringere il governo ad alzare bandiera bianca. Insomma, a poco più di un anno dalla nascita del movimento dei gilet gialli, l'Eliseo si ritrova a fronteggiare l'incubo di una protesta sociale persistente e agguerrita.Alla luce di queste tensioni, è allora lecito domandarsi per quale ragione il presidente francese voglia adesso intraprendere l'impopolarissima strada della riforma pensionistica. È possibile che Macron voglia approfittare del fatto che le prossime presidenziali si terranno nel 2022 e che ci siano svariati anni per tentare di «assorbire» il malcontento popolare. Questa strategia è tuttavia molto rischiosa, come insegna il precedente di Juppé. E potrebbe spingere l'inquilino dell'Eliseo a un umiliante passo indietro. Il nodo è tuttavia forse più profondo della sola questione pensionistica. Queste nuove tensioni - per quanto drammatiche e significative - mettono più in generale infatti in evidenza un problema strutturale della leadership macroniana. A fronte di una costituzione che gli garantisce un enorme potere, l'attuale presidente ha costantemente riscontrato enormi problemi in termini di consenso popolare: quella che si è verificata, insomma, è una progressiva scollatura tra Macron e l'elettorato.Davanti ai nodi socioeconomici che caratterizzano l'Esagono, Macron tenta di rilanciare sul fronte geopolitico e militare. Approfittando della Brexit e della debolezza di Angela Merkel, il presidente francese sta cercando di assumere una sorta di leadership politica su Bruxelles: è del resto in questo senso che va letta la sua ambizione di costituire un esercito europeo e - sempre in quest'ottica - va inteso il fatto che, nella nuova Commissione europea, Parigi abbia ottenuto - tra le altre cose - anche la delega alla Difesa. Il litigio consumatosi a Londra tra Macron e Donald Trump nasce infatti proprio da questa linea: rispolverare una grandeur alla de Gaulle anche come risposta ai difficilmente sanabili problemi di politica interna.Il punto è che così si rischia di creare un gigante dai piedi d'argilla. Un gigante che non è, cioè, in grado di conferire basi solide alle proprie ambizioni internazionali. Ed è così che si inanellano una serie di paradossi. Il paradosso di un presidente che, pur essendo il principale sostenitore dell'accordo di Parigi sul clima, è poi costretto dai gilet galli a fare marcia indietro sulla tassazione del carburante. Il paradosso di un presidente che mira a capitanare un esercito europeo ma che non è poi in grado di mantenere l'ordine pubblico all'interno del suo stesso Paese. Chissà se ieri Trump, nel pieno del caos francese, avrà ripensato alle risate che Macron si è fatto alle sue spalle con Justin Trudeau due giorni fa a Londra. Se lo ha fatto, deve aver probabilmente assaporato un gusto molto caro al conte di Montecristo: quello della vendetta.