
I lavori di restauro dell'opera del Palladio fermi da tre anni per l'inadempienza di un'azienda appaltatrice. Ora dovrebbe subentrare un'altra ditta. Ma intanto l'ultima ondata del Brenta ha evocato lo spettro di quella del 1748, che lo fece crollare.L'ultima ondata di piena del Brenta di fine ottobre ha evocato lo spettro di quella, disastrosa, del 19 agosto 1748, quando il ponte di Bassano del Grappa, noto anche come Ponte Vecchio o Ponte degli Alpini, progettato nel 1569 dal celebre architetto Andrea Palladio, cedette all'impeto delle acque e crollò, per poi essere ricostruito, con disegno fedele all'originale, da Bartolomeo Ferracina. Anche stavolta la forza d'urto del fiume arrabbiato, con tronchi d'albero minacciosamente diretti verso i suoi piloni di sostegno, è stata violentissima. Ma il ponte dove le truppe alpine, durante la prima guerra mondiale, marciarono cantando «non posso far di manco / di piangere e sospirar», dirette alle trincee sull'altopiano di Asiago, fortunatamente ha tenuto. Non si è trattato di un miracolo, tuttavia. Nel corso dell'estate una ditta, la Zara, di Dolo (Venezia), è stata incaricata dal Comune, «con somma urgenza», di puntellare i sostegni verso Ovest, piantati nel Brenta, dopo un drammatico resoconto delle perlustrazioni dei sommozzatori. Appena in tempo, probabilmente, per arginare lo spauracchio di quelle «brentane», ripetuta causa di distruzione della struttura, di cui si ha notizia dell'esistenza già nel 1209 e che ricevette l'ultimo colpo di grazia il 17 febbraio 1945, quando fu distrutto da un'esplosione. La sua ricostruzione fu eseguita ancora replicando il progetto di Andrea Palladio e a realizzare i lavori contribuirono le «penne nere», gli alpini reduci di guerra che si prodigarono con il loro sacro copricapo. All'inaugurazione, il 3 ottobre 1948, presenziò Alcide De Gasperi, all'epoca presidente del Consiglio. Ancora una tremenda prova per il ponte martire si verificò con l'alluvione del 4 novembre 1966, con seri danneggiamenti, poi riparati. Tra il 1990 e il 1993 fu eseguita un'azione di consolidamento. Fino al 2015, quando i sopralluoghi dimostrarono che l'opera simbolo di Bassano, a cinque campate, con fondamenta in legno e pavimento in pietra, oggi monitorata con sensori 24 ore su 24, invocava un aiuto per scongiurarne il cedimento. Il Comune vicentino fu risoluto nell'andare a caccia di risorse. E le reperì. Tre milioni di euro dal ministero dei Beni culturali, 1,7 dalla Regione Veneto, 1 milione dalla Fondazione Cariverona e 1 dalle proprie casse. In tutto 6,7 milioni. Per il progetto furono coinvolte l'università di Padova e La Sapienza di Roma. Fu indetta una gara, vinta dalla Nico Vardanega Costruzioni di Possagno (Treviso), con conseguente affidamento di lavori alla stessa. E a questo punto inizia l'impasse. La Vardanega, che riceve un anticipo di oltre 800.000 euro, avvalendosi della formula dell'«avvalimento», subappalta, pur legalmente, i lavori a un consorzio di Aversa (Caserta), Al.Ma., ma i funzionari comunali osservano rallentamenti e stranezze in avvio dei lavori. Il Comune firma gli atti per la revoca dell'incarico alla Vardanega e assegna l'appalto alla seconda azienda in graduatoria, la Inco, di Pergine Valsugana (Trento). La prima aggiudicataria non ci sta e presenta ricorso al Tar, che dà ragione al Comune. Interviene anche il Consiglio di Stato, con conseguente spostamento in avanti del via libera per la seconda azienda. E così la comunità bassanese volge ogni giorno un corrucciato sguardo al suo ponte - che in fatto di bellezza fa concorrenza al Ponte Vecchio di Firenze -, stoico e afflitto dalla furia delle piene sul cui pavimento, ora transennato e coperto di assi di legno, transitano turisti e innamorati che sospirano tra gli effluvi delle grapperie. Tre anni di attesa per inadempienze di una ditta e conseguente guazzabuglio burocratico. Ai tempi di De Gasperi, l'opera fu ricostruita in 8 mesi e 17 giorni. Ora, però, la speranza si riaccende e, ci aggiorna il sindaco Riccardo Poletto, «il tribunale di Vicenza ha intimato alla Vardanega la restituzione degli 800.000 euro dati in anticipo e una sanzione di 453.000 euro, Iva esclusa, pari al 10 per cento del valore del progetto, per la mancata esecuzione dei lavori, come previsto dal Codice degli appalti». Restauro e consolidamento saranno eseguiti dalla Inco, con costo di circa 4 milioni, molto inferiore a quello inizialmente previsto. Le guaine provvisorie della copertura saranno sostituite con i coppi originari e rimesse le antiche lastre in pietra miste ad acciottolato sul camminamento. I lavori, incrociando le dita, inizieranno in dicembre. Ma per la loro conclusione, Bassano dovrà attendere ancora due anni.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






