2018-04-01
Le opere cristiane dell’Iraq salvate dalla furia jihadista
Il reporter trevigiano Emanuele Confortin ha aiutato un artista di Mosul, Matti Al Kanun, a recuperare alcune delle sue tele dalle macerie e a restaurarle. Ora, i dipinti sono esposti in Italia.Ci possono essere delle storie a lieto fine nell'Iraq dal futuro incerto, i cui abitanti, da tre lustri, subiscono un conflitto più grande di loro? Forse sì, basta saperle cercare, con l'occhio curioso di un giornalista indipendente che le suole nel fango le mette davvero, da sempre. È il caso del trevigiano Emanuele Confortin, una penna coraggiosa di cui andrebbe fiero Egisto Corradi, autore del libro Dentro l'esodo, migranti sulla via europea (Antiga Edizioni, 2017) in cui testimonia in modo diretto le lunghe marce dei migranti dall'Iran a Trieste, attraverso l'Egeo e i Balcani. Ora Confortin ha rilanciato, da par suo, nella trincea di Mosul, nel Kurdistan iracheno, scoprendo una storia che è andata ben oltre i reportage per lanciare un messaggio di pace, di «sutura delle ferite» attraverso la poesia dell'arte, in questo caso applicata alla pittura. Marzo 2017. Confortin fa parte di quella pattuglia di reporter che vogliono capirci di più del disastro umanitario che, da anni, sta devastando l'Iraq settentrionale, a cavallo tra la Piana di Ninive e il Kurdistan iracheno addossato ai delicati confini con Turchia e Iran. Mosul è la seconda città dell'Iraq. Un contenitore urbano da 1,5 milioni di anime, via via svuotato nella fuga da una guerra di liberazione che ha costretto padri e madri a una lotta quotidiana per sopravvivere in uno dei più duri assedi dell'epoca recente. La fame, la sete, la mancanza di cure mediche, l'esposizione costante ai colpi dell'esercito iracheno e della coalizione internazionale, con la pratica dei jihadisti di usare i civili come scudi umani, ha costretto le famiglie a una fuga disperata. A migliaia, giorno e notte, si sono riversati nei vicoli della città vecchia, tra macerie e carcasse di auto abbandonate, sfidando il tiro dei cecchini alla ricerca di uno spiraglio di fuga, nell'assedio. «Ero anch'io lì, con loro. Tutti i sensi concentrati nell'udito, quello di percepire uno sparo prima che ti colpisse», confida il nostro reporter. In questo bailamme di umanità in fuga, Confortin ha coperto parte dell'offensiva a Mosul Ovest, seguendo poi i flussi degli sfollati, sparpagliati a centinaia di migliaia sulla Piana di Ninive all'interno dei campi gestiti dalla Mezzaluna Rossa e da altre organizzazioni internazionali. Non avendo dimestichezza con la lingua locale, era solito raccogliere le storie di questi sventurati dalla loro viva voce, attraverso la mediazione di alcuni interpreti. Tuttavia, un giorno, durante un lavoro fotografico al centro commerciale di Nishtiman, adibito a sede di accoglienza, nel cuore di Erbil, è stato avvicinato da due ragazzi che, forse mossi dal desiderio di tenere allenato il loro inglese, lo hanno incuriosito. «Vieni a conoscere il nonno, è una bella storia». E così Emanuele Confortin, 39 anni, e Matti Al Kanun, 74, si sono incontrati, dando avvio a un legame di amicizia esteso, idealmente, all'intera famiglia irachena. Un tè dopo l'altro, dall'incontro con Al Kanun è uscita una storia originale, di quelle che un freelance avrebbe potuto spendersi il giorno stesso, passando subito all'incasso, ma che Emanuele ha deciso di «tenere in tasca» per darle un respiro più ampio, quel valore che meritava. Matti era un insegnante di scuola dell'arte. Una vita vissuta a Baghdad, con una passione profonda per le opere del Rinascimento italiano, ma anche l'Espressionismo francese, per arrivare sino alle provocazioni astratte di Vasilij Kandinsky. Su questa linea Matti, della minoranza cristiano siriaca, si dilettava anche a comporre opere di ispirazione religiosa. Alcune, tra le tante. Dopo una vita passata nella capitale, una volta andato in pensione, nel 2006, Al Kanun è dovuto fuggire una prima volta a causa delle violenze che, all'epoca, avevano reso Baghdad uno dei luoghi più pericolosi al mondo. Con la famiglia composta da quattro figli e svariati nipoti, l'artista siriaco ha preso casa a nord, nella più tranquilla realtà di Bartella, una cittadina di 30.000 abitanti posta 25 chilometri a est di Mosul. Qui, in un quartiere periferico, ha trascorso anni di relativa calma, integrandosi al meglio nel tessuto sociale composto da una maggioranza cristiana e una minoranza di shabak sciiti. Le cose sono degenerate negli ultimi cinque anni, quando il nord del Paese è finito al centro del piano di conquista di Abu Bakr Al Baghdadi. Nel giugno 2014 i jihadisti hanno conquistato Mosul, dando vita al Califfato, estendendo il loro dominio su gran parte della Piana di Ninive, inclusa Bartella, conquistata il 6 agosto 2014. È quello il giorno in cui Matti Al Kanun è fuggito, assieme alla sua famiglia, alla ricerca di un luogo sicuro a Erbil. É stato poco meno di tre anni dopo, quando l'offensiva per la deposizione del califfo e la liberazione dei territori occupati dall'Isis era in corso, che Emanuele e Matti si sono incontrati. L'intesa è stata immediata. Uno ha colto l'importanza di una storia che merita di essere conosciuta, l'altro animato dal solo desiderio di poterla raccontare. Uomo dalle mille risorse, Confortin si attiva da par suo. Coinvolge una filiera virtuosa che, dai campi profughi del Medio Oriente lo porta a Venezia, all'Università di Cà Foscari dove si era laureato in Lingue e civiltà orientali e con la quale aveva sviluppato già altri progetti. Coinvolge dapprima il Center for the humanities and social change, legato all'Università, poi l' Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), Acli, l'associazione di volontari Focsiv, con il suo angelo custode, Jabbar Mustafa, un curdo musulmano laureatosi in architettura al Politecnico di Torino, dove si era ricostruito una vita, ma da anni mobilitato a Erbil gestendo svariati progetti a favore degli sfollati iracheni, in particolare cristiani. Ebbene, dopo il primo incontro nel marzo 2017, nell'agosto successivo, al termine di un lungo lavoro preparatorio, Confortin e Al Kanun riescono a ritornare a Bartella, ormai «libera» da qualche mese. Nell'abitazione fortunosamente scampata ai colpi di artiglieria e usata come base dalle milizie cristiane durante la battaglia contro i jihadisti, l'artista ritrova solo pareti e un vecchio cassettone in legno. Tutto il resto è scomparso. Ogni mobile, ogni suppellettile, tutto inghiottito dallo Stato Islamico durante i suoi tre anni di occupazione. Tutto, salvo 35 tele realizzate negli anni precedenti da Matti Al Kanun, abbandonate alla mercé dei miliziani e del tempo. Tre di queste opere, quelle a tema cristiano, sono state volutamente lacerate dai terroristi in segno di sfregio verso qualsiasi segno identitario diverso dal loro. Qui ha inizio una paziente opera di ricucitura. A partire dai dipinti. Dopo il loro complesso trasferimento in un luogo sicuro a Erbil, un vecchio asilo, l'artista trova le condizioni per riparare le sue tele, in maniera forse molto artigianale, ma efficace, sia nella forma che nella sostanza. Essendo opere dipinte ad olio, Matti, dopo averle girate, le ammorbidisce con degli impacchi bagnati, facendo lo stesso con altre strisce di tela usate come «bende» e fatte aderire agli squarci con della colla vinilica acquistata al mercato di Erbil. Una scelta precisa, la sua, quella di lasciare le righe bianche visibili, tra i frammenti ricomposti, quale segno della violenza subita, ma anche della riconciliazione cui si può arrivare, con la buona volontà. Questo progetto Confortin lo ha voluto chiamare Back to life in Iraq. Arte, distruzione e rinascita, a significare come, con il giusto impegno, si possono ricomporre le ferite di una società, di cui l'arte, in questo caso, è stata eretta a forte valore simbolico. Un racconto in due movimenti, quello che si è voluto offrire al pubblico. Per alcune settimane nell'Oratorio di san Ludovico, in cui sono state esposte le tre opere riparate e portate in Italia direttamente da Confortin, oltre a una galleria di immagini da lui fotografate nelle varie missioni a Mosul e sulla piana di Ninive, con un video a raccontare la storia grazie alla voce coinvolgente di Ottavia Piccolo. E fino al 7 aprile in uno spazio espositivo nell'Isola di San Servolo, oltre al materiale di Confortin, sono state esposte le altre opere nel frattempo giunte in Italia di Matti Al Kanun. Attratto da sempre dalla passione per il nostro Paese (che non aveva mai potuto visitare), i suoi maestri, da Giotto a Raffaello, Michelangelo e un grande desiderio, attraverso il racconto della sua storia, di portare un messaggio di speranza e di rinascita anche in quelle sue martoriate terre irachene.
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