
Una delle più celebri pagine dei Promessi sposi è legata a una pianta fondamentale nell'economia contadina. Lo scrittore milanese ne conosceva bene le proprietà grazie alla sua passione per la botanica.Quattro figure magistrali della nostra cultura illuminista e della storia risorgimentale hanno coltivato un rapporto speciale e profondo con la natura, la campagna e le piante. Giuseppe Garibaldi, Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi e Edmondo De Amicis. Oltre la grandezza, i quattro sono uniti da una forte passione per la natura, i boschi e le piante; tutti, tranne il De Amicis, ci hanno lasciato case-museo, circondate da giardini e abbellite da alberi che loro stessi hanno messo a dimora. Li incontreremo uno alla volta. Alessandro Manzoni (1785-1873) era nipote da parte di madre di Cesare Beccaria, l'autore di Dei delitti e delle pene (1764); crebbe in una cascina a Galbiate, nella vasta pianura che circonda Milano. Come spesso accade a chi ha radici in questo limbo agricolo, certe educazioni geometriche restano impresse: qui i campi vengono tutti lavorati, le acque scorrono e si disperdono nei canali e nelle rogge, i confini fra i campi spesso sono segnati da filari di pioppo o di gelso, utilissimi i primi per diversa opera e i secondi per la coltivazione dei bachi, sostentamento diffuso nelle famiglie contadine fin dai tempi di Ludovico Il Moro. Cascinali dispersi nelle nebbie dove coabitavano diverse famiglie insieme, proprio come Ermanno Olmi ha rappresentato nel suo capolavoro, L'albero degli zoccoli (1978), che ovviamente aveva i piedi ben piantati nel mondo concreto descritto dal Manzoni dei Promessi Sposi (1827), nonostante il romanzo fosse ambientato due secoli avanti, negli anni che corrono fra il 1628 ed il 1630. Il giovane Manzoni venne poi spedito in collegio, prima a Merate e poi a Lugano, dove ricevette una severa istruzione, quindi a Milano dai padri barnabiti. Crescendo iniziò a vivere la città, a respirare i moti e gli strali neoilluministi, sappiamo quanto per lui fosse affascinante la figura di Vincenzo Monti, di cui seguiva i corsi di retorica ed eloquenza. Trascorse poi, con la madre Giulia Beccaria, cinque anni a Parigi din cui ampliò idee e frequentazioni. Nelle dinamiche che contraddistinguono l'intensa esistenza di Manzoni (la pubblicazione di opere decisive quali i già citati I Promessi Sposi, Osservazioni sulla morale cattolica, Storia della colonna infame, l'Adelchi, odi quali Il cinque maggio e Marzo 1821, la partecipazione alle discussioni sul destino dell'Italia e il sostegno alle Cinque giornate di Milano, il suo mandato parlamentare - fu senatore del Regno dal 1860 al 1873 - il matrimonio e i dieci figli), il suo particolare amore per la botanica può apparire del tutto irrilevante. Eppure esso ha alimentato la sua vena narrativa.Qualche lettore ricorderà questo passo dalla sua opera maggiore: «S'accorse d'entrare in un bosco. Provava un certo ribrezzo a inoltrarvisi; ma lo vinse, e contro voglia andò avanti; ma più che s'inoltrava, più il ribrezzo cresceva, più ogni cosa gli dava fastidio. Gli alberi che vedeva in lontananza, gli rappresentavan figure strane, deformi, mostruose». Chi è questo uomo in fuga? Ovviamente Renzo che da Gorgonzola cerca di raggiungere il fiume Adda, al tempo confine fra lo Stato di Milano e quello di Venezia. Renzo si avventura in un bosco e la descrizione che il Manzoni ne fa sembra quella di una remota foresta tetra e minacciosa, ma alla fine può soltanto essere un modesto bosco di pianura. Quel sospetto che respiriamo in queste righe ci dice molto dell'idea che al tempo la natura sapeva ancora instillare, il timore, la selva oscura di risonanza dantesca. Se concentriamo la nostra attenzione sul tema «alberi», probabilmente l'episodio manzoniano che meglio il lettore ricorderà sarà la storia del noce, terzo capitolo dei Promessi sposi. Il noce o Juglans regia è un albero diffuso nel paesaggio italiano; è presente in pianura quanto in collina, dove veniva, soprattutto un tempo, coltivato proprio per le qualità del frutto, di cui si usava tutto, dal gheriglio al mallo, quanto il legno, ovviamente, pregiato. Fra Galdino, cercatore laico dei frati cappuccini del convento di Pescarenico (Lecco), arriva a casa di Agnese e Lucia per la «cerca delle noci»: vagando di casa in casa si raccoglievano noci dalle quali si ricavava l'olio, ritenuto salutare per diversi acciacchi del corpo. Il frate racconta la storia del miracolo delle noci. Mai sentito? Ora lo raccontiamo. Padre Macario, un vecchio e saggio uomo di fede che vive in un convento in Romagna, esorta il proprietario di un vecchio noce a non farlo abbattere: è vero, l'albero non produce frutti da anni ma il padre promette che quell'anno l'albero produrrà «più noci che foglie». Il proprietario conoscela fama che accompagna Padre Macario, e lo ascolta. Ovviamente la previsione si rivela esatta, ma il proprietario muore, lasciando in eredità tutto a un figlio che pensa solo a divertirsi e sperperare. Padre Macario si reca in visita al figlio, chiedendogli il permesso di raccogliere l'abbondante raccolto ma il figlio rifiuta, categorico. Un giorno poi, il ragazzo racconta la storia ad alcuni amici e insieme vanno a vedere il mucchio di noci accumulate nel granaio: al posto delle noci trovano un mucchio di foglie secche. Quell'anno la raccolta delle noci è talmente propizia, che un benefattore regala al convento di Padre Macario un asino per il trasporto. Da quelle noci i padri producono tanto olio da poterne regalare ai poveri. Il Manzoni conclude in questo modo: «Perché noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi». Alessandro Manzoni è stato un appassionato botanico, Amava piante e fiori, come testimonia il parco della sua villa di Brusuglio. Lo scrittore vi va a vivere a inizio del XIX secolo e decide di disegnare un giardino, includendo anche rari esemplari poco o per nulla conosciuti in Italia. Fra il 1810 ed il 1820 Manzoni cura personalmente l'impianto di oltre 500 arbusti, fra le quali si annoverano Hydrangea hortensis, Hydrangea macrophylla, Hydrangea quercifolia (varietà di ortensie), Robinia pseudoacacia, Magnolia grandiflora, Liriodendron tulipifera (albero dei tulipani), Liquidambar styraciflua (storace americano), Tilia cordata, Catalpa bignonioides (albero dei sigari), Acer rubrum (acero gapponese), Cedrus deodara (cedro himalaiano), Sassafras albinum (sassafrasso) e Bombax ceiba (albero del cotone). Nelle sue giornate spesso riservate e solitarie, il Manzoni percorreva a piedi i chilometri di distanza fra Brusuglio e la sua abitazione in città, in via Morone, oggi la celebre casa-museo sede del Centro Studi Manzoniani.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





