2020-05-07
Le mascherine in saldo restano un miraggio
Passano i giorni ma le chirurgiche a 50 centesimi rimangono introvabili. La promessa di Domenico Arcuri è lettera morta: il 65% delle farmacie nelle grandi città è sguarnita. Per il momento non è stata neanche eliminata l'Iva al 22%. E intanto il commissario straordinario tace.Un fantasma si aggira per la penisola: è la mascherina a 50 centesimi, più ricercata di John Dillinger nella Chicago degli anni Trenta, più sfuggente dell'evaso Papillon, più introvabile del mitico Gronchi rosa, il tesoro proibito della filatelia italica. Tutti vogliono questa mascherina ma nessuno se la piglia. Domenico Arcuri, il manager al quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affidato il compito di rifornire il Paese di protezioni sanitarie per i mesi a venire, aveva solennemente annunciato un taglio all'esborso imposto ai cittadini. Era sabato scorso, 2 maggio, il giorno della grande promessa poi non mantenuta: mascherine calmierate a prezzo politico, 50 centesimi che poi sono immediatamente saliti a 61 perché Arcuri aveva detto sottovoce che bisognava aggiungere l'Iva.Molti principi del foro dubitano se la facoltà di imporre un tetto al costo per il pubblico rientri tra i poteri «straordinari» concessi dal governo. Anche se fosse, l'impossibilità di trovarle è un dato di fatto prima che di diritto. Le farmacie ne sono sprovviste e così pure i dispensari e le parafarmacie degli ipermercati. Magari le hanno in magazzino, ma avendole pagate di più ai loro fornitori non vogliono venderle in perdita: i soldi sono loro, mica del commissario per l'emergenza. Le ditte che avevano riconvertito i macchinari per produrre i presidi chirurgici anziché tessuti o pezzi meccanici hanno fermato le nuove apparecchiature: lavorerebbero in perdita. E al danno di non poter proseguire l'attività tradizionale si aggiungerebbe la beffa di doverci rimettere altro denaro per le promesse irrealizzabili di Palazzo Chigi.Le mascherine da mezzo euro dovevano arrivare lunedì almeno nei centri commerciali, quelli che per settimane sono stati dipinti dal governo come tra i peggiori focolai potenziali di contagio. Il giorno dopo il nostro direttore Maurizio Belpietro ha raccontato la vana peregrinazione nelle farmacie del centro di Milano, denunciando lo scandalo. Ieri la grande stampa gli è andata dietro. Ma il risultato è lo stesso: scaffali vergognosamente vuoti. Repubblica riferisce che le mascherine di Arcuri a Genova non si trovano in farmacia ma alla Coop sì: «Vendiamo le rimanenze ma in perdita, il prezzo d'acquisto era 1,25 euro; lavoriamo per procurarcele ma senza certezze», dice Giuseppe Castello, presidente dell'ordine dei farmacisti del capoluogo ligure. Ma qui la Regione almeno ha iniziato a distribuire gratis le sue mascherine. Penuria anche nel resto d'Italia, da Torino a Bari. Per contro, Il Messaggero ci informa che in Corea del Sud le scuole sono già state sanificate e il governo ha messo a disposizione (gratis) degli studenti 14 milioni di mascherine, senza contare che ogni classe ha un termoscanner e gel igienizzante.La Stampa cita un dossier di Cittadinanzattiva, dal quale risulta che il 65% delle farmacie di Roma, Milano, Torino, Genova e Napoli ha finito le mascherine anche a prezzo normale, e che spuntano i venditori clandestini. Sulle ragioni del caos domina il consueto scaricabarile all'italiana tra Arcuri, produttori, grossisti, distributori, farmacisti. «Qualcuno non ce la sta raccontando giusta», protesta il segretario dell'associazione di tutela dei consumatori, Antonio Gaudioso. Che aggiunge: «In un contesto del genere il rimpallo di responsabilità non è corretto. E il commissario deve spiegare dove la catena di distribuzione si inceppa e intervenire senza pietà su chi specula». La catena è fatta da un'infinità di maglie che lo stesso Arcuri aveva elencato: dalle associazioni dei farmacisti a Confcommercio, dalla grande distribuzione ai tabaccai, dai rappresentanti farmaceutici alle Regioni che dovrebbero intervenire per «ristorare» quanti avevano fatto scorte a prezzi stellari, fino agli industriali che avrebbero cominciato la produzione «con le macchine che abbiamo contribuito a realizzare». Ma né Confcommercio né Confindustria avevano creduto a quelle parole che tentavano di mostrare che l'operazione si sarebbe sviluppata in scioltezza.Il commissario, prigioniero dell'imbarazzo, dopo le sparate tace per evitare di dovere chiedere scusa agli italiani. Domenica sera si era esibito nella tribuna del politicamente correttissimo, ovvero la trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, e aveva annunciato: «Da domani se una mamma si reca in farmacia con 1 euro potrà ritirare 2 mascherine, una per sé e una per suo figlio». Della serie: le ultime parole famose. Lo Stato che ci costringe a circolare a volto coperto non è in grado di garantire il prezzo che lo Stato medesimo ha promesso. Domenico Arcuri ha messo la faccia sull'operazione e l'ha persa. E comunque, anche se le farmacie ne fossero dotate, alla povera mamma non basterebbe l'euro sbandierato dal commissario, perché con l'Iva dovrebbe sborsare 1 euro e 22 centesimi. Con i quali, al momento, non se ne compra nemmeno una perché a meno di 1,50 non le vende nessuno. Arcuri aveva fatto intendere che probabilmente l'Iva sarebbe stata tolta, ma anche questo fa parte dell'armamentario propagandistico del governo. Se ne parlerà, forse, nel decreto che doveva vedere la luce ad aprile e invece è già diventato il «decreto maggio». Sempre che l'esecutivo riesca a vararlo.