2022-05-19
«Le mascherine a scuola sono inutili. I politici dovranno risponderne»
Ragazzi a scuola. Nel riquadro, Luca Scorrano (Imagoeconomica)
Il professore Luca Scorrano: «Nessuna evidenza scientifica sull’efficacia dei dispositivi contro i contagi. L’obbligo è stato imposto senza un’appropriata analisi danni-benefici e interferisce nei rapporti interpersonali dei giovani». «Francamente non se ne capisce il razionale scientifico». Non usa giri di parole il professor Luca Scorrano nel commentare la decisione del governo di togliere le mascherine al chiuso quasi ovunque in Italia tranne a scuola. Scorrano è ordinario di biochimica all’Università di Padova, che lo ha chiamato nel 2013 per chiara fama dall’Università di Ginevra, dove era già ordinario dal 2007. È uno degli scienziati biomedici italiani più noti, h-index 85, membro eletto di prestigiose accademie come Embo e Academia Europaea.Professore, lei ha scritto articoli pubblicati da Lancet e Lancet Regional Health sul contagio a scuola e sulle mascherine: cosa ne pensa della dichiarazione del ministro Speranza, secondo il quale la scelta di non toglierle è scientifica e non politica?«Quando nel 2020 il ministero della salute aveva in piedi un Comitato tecnico scientifico (dissolto quando è finito lo stato di emergenza per il Covid, ndr), lo stesso Cts aveva suggerito al ministro di consentire che la mascherina venisse rimossa quando i bambini erano seduti in posizione statica. Era peraltro una fase pandemica in cui la possibilità di rimuoverle al chiuso non era neanche in discussione. Ora la situazione è evoluta. Circola una variante, Omicron, molto trasmissiva ma molto meno patogena: la Fiaso stima che il quasi il 60% dei ricoverati vada in ospedale per altre patologie. Inoltre, il virus si è enormemente diffuso nella popolazione, per cui l’immunità (naturale e da vaccinazione) è elevatissima. Ci troviamo dunque in una situazione molto diversa, tanto che perfino il governo italiano ha deciso di eliminare la mascherina da gran parte degli ambienti al chiuso. Non si capisce perché a scuola no. Ribadisco: non c’è il razionale scientifico».L’intento del governo è precauzionale.«In medicina, quando si fa un intervento, lo si fa con un obiettivo. La pratica medica, da sempre, è indicata se c’è un potenziale beneficio. Qual è il potenziale beneficio?»Gli studi dicono che la mascherina riduce la diffusione del virus…«Ascolti: ci sono evidenze scientifiche che dimostrano che i bambini che portano la mascherina a scuola si infettano di meno?»Me lo dica lei.«No, non ci sono. Esiste uno studio condotto in Catalogna che ha una particolarità: i bambini dell’asilo e delle elementari condividono completamente l’edificio, la mensa, gli spazi all’aperto. Gli autori hanno dimostrato che i bambini dell’asilo, senza mascherine, non avevano un tasso di infezione più alto di quelli delle elementari, con mascherina. E infatti la Catalogna, con saggezza, ha rimosso l’obbligo a scuola prima, rispetto al resto della Spagna». Sono stati imprudenti, direbbe Speranza…«No, al contrario: hanno applicato il principio di precauzione, ma nel senso giusto. Se una pratica medica non ha un beneficio acclarato e non ne conosco i possibili effetti collaterali, non è il caso di usarla. Le mascherine a scuola sono un unicum tutto italiano: la Ecdc non ha mai raccomandato l’uso generalizzato della mascherina sotto i 12 anni, e infatti gran parte dei paesi europei non l’ha fatta indossare sotto questa età. L’Italia, invece, sì. Nessuno, inoltre, ha mai imposto la Ffp2 ai bambini».E quindi tutti gli studi usciti sull’efficacia delle mascherine al chiuso sono fallaci?«Direi, più semplicemente, che anche le evidenze scientifiche hanno le loro gerarchie». Cioè? Esistono studi di serie A e studi di serie B?«Gli studi più forti sono i trial clinici randomizzati. Sulle mascherine al chiuso è stato fatto uno studio randomizzato, Danmask, che ha dimostrato che l’uso delle mascherine in comunità non era associato ad alcuna differenza di infezione da Sars Cov-2 e altri virus respiratori. Poi è stato condotto uno studio “cluster control” (un po’ meno potente del randomizzato) molto ampio in Bangladesh. In questo studio, le chirurgiche usate da più di 170.000 persone per 8 settimane portavano ad una riduzione di 20 casi. Insomma, è difficile trovare un beneficio tale da raccomandare le mascherine, specialmente in età pediatrica».Eppure il governo ha imposto l’obbligo, ancora adesso a scuola, sostenendo che è stata una decisione «scientifica». Può spiegare perché questi studi non sono attendibili?«Perché contengono molti fattori confondenti. Ha presente il famoso studio pubblicato sulla rivista del Cdc americano e mostrato in tv dal collega Roberto Burioni per dimostrare che le mascherine servivano? È uno studio “test negative caso-controllo»” e ha una serie di limitazioni chiaramente espresse dagli stessi autori. Non è uno studio randomizzato, ed è stato condotto sulla base di interviste telefoniche, in cui veniva chiesto alle persone con test positivo o negativo di riferire quanto spesso avessero usato le mascherine. Capito? E comunque anche il Cdc ha revocato l’obbligo delle mascherine al chiuso. È stato revocato ovunque e dappertutto. Non le dico in America, dove mi trovo adesso».E negli ospedali?«È stata fatta una metanalisi (analisi e comparazione di più studi insieme, ndr) in ambito ospedaliero. La trasmissione delle malattie respiratorie acute è un processo complesso che può essere difficilmente replicato in laboratorio. In ospedale, viene sempre raccomandata una procedura che si chiama Fit Test: richiede circa 45 minuti e prevede, per esempio, che l’operatore sia perfettamente sbarbato prima di mettere la Ffp2, condizione non sempre effettiva. Anche muovere la mascherina per il fastidio può portare a una contaminazione, non percepita, della faccia, eliminando quindi ogni beneficio. Insomma: l’efficacia è soggetta a molte condizioni che non coesistono quasi mai».Dunque le evidenze scientifiche dimostrano la scarsa utilità delle mascherine?«Guardi, c’è stata una pandemia influenzale nel 2009, ma nessuno se n’è accorto. Nei manuali pandemici l’uso della mascherina non era mai incluso, perché le evidenze andavano tutte nella stessa direzione: l’uso della mascherina in comunità non ha alcun effetto misurabile sulla diffusione del virus».Quindi, più che «non servono», non è stato dimostrato che siano efficaci. Un confine sottile…«No, cerchiamo di essere chiari: le evidenze non ci dicono che c’è un beneficio apprezzabile dall’utilizzo delle mascherine in comunità. È proprio così. E quando un trattamento non è efficace, e c’è consolidata letteratura che dimostra che non hanno efficacia, non si può obbligare a usare qualcosa che non ha efficacia. Se vogliamo usare una metafora, le mascherine sono come l’omeopatia: nessuna efficacia reale. Ma a differenza dell’omeopatia, che non fa male, interferiscono negativamente nei rapporti interpersonali, soprattutto di bambini e ragazzi».Saranno loro a pagarne le conseguenze?«Questi ragazzini hanno passato quasi tre anni della loro giovane vita con le mascherine come conseguenza di un obbligo generalizzato. Nei prossimi anni emergeranno studi che valuteranno l’effetto della medicalizzazione della scuola e della società sui giovani. Temo che non saranno clementi con chi ha deliberato queste imposizioni senza un’appropriata analisi costi-benefici. Da un lato capisco chi, impaurito da una costante comunicazione dai toni allarmati, tema per la salute dei propri cari. Dall’altro queste persone vanno rassicurate sulla relativa benignità dell’infezione nello scenario attuale». Cosa può fare la scienza per evitare queste conseguenze sui più giovani?«No, guardi, gli obblighi non li mettono gli scienziati: la responsabilità la hanno i decisori politici, non la scienza. La Scienza con la S maiuscola non esiste, non è una religione: esistono gli scienziati, che devono studiare e rendere note le evidenze. I politici invece devono agire sulla base del principio di accountability e rispondere del proprio operato agli elettori. E magari non dimenticarsi degli oltre 8 milioni di studenti».
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