2020-04-27
Le mani straniere si allungano sulle aziende in crisi
Fiaccate dallo stop, le nostre imprese fanno gola oltralpe. L'allarme del Copasir che teme scalate ostili, anche con l'aiuto dei servizi segreti esteri. Sotto osservazione le mosse di Pechino, Parigi e Mosca.Bernabò Bocca (Federalberghi): «Molte strutture senza incassi finiranno per svendere I cinesi hanno già cominciato a muoversi» E il Viminale ha allertato i prefetti sul rischio di infiltrazioni della malavita.Lo speciale contiene due articoli.Banche che finanziano soggetti stranieri per acquisire aziende italiane fiaccate dalla crisi, strategie predatorie perseguite entrando nel capitale delle società con quote di minoranza per condizionarne la direzione e poi impadronirsene, servizi segreti esteri che passano al setaccio i migliori brevetti made in Italy affinché le «rapine» siano a colpo sicuro. Il fenomeno dell'Italia in svendita è sotto l'attenzione dell'intelligence che se ne sta occupando da diversi anni. A gennaio il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza) ha avviato delle audizioni, cominciando da banche e assicurazioni, per comprendere il rischio di scalate ostili dall'estero ad aziende strategiche italiane. Tra le manovre indagate c'è anche quella di banche che concedono prestiti a società estere per scalare le nostre imprese. Il Comitato starebbe riflettendo se sentire anche i rappresentanti italiani di Deutsche Bank, oltre ai vertici di Unicredit, Generali, Mediobanca, Ubi, Crédit Agricole Italia, Intesa SanPaolo e Mps. I servizi già nella relazione annuale del 2018 avevano sottolineato il fenomeno dell'incunearsi nei consigli d'amministrazione o tra i dirigenti di soggetti infiltrati da Stati esteri. La relazione non indica le nazioni in ballo ma è noto che alcuni Stati hanno un sistema di intelligence economica molto aggressiva: la Francia, la Cina e la Russia. All'attenzione dell'intelligence è anche l'ipotesi che banche italiane e estere abbiano utilizzato i risparmi italiani per finanziare operazioni di acquisizioni internazionali di dominio globale di soggetti stranieri concorrenti di quelli italiani in settori fondamentali del made in Italy. Le banche e le assicurazioni estere sono zeppe di titoli del debito pubblico italiano, ne possiedono circa un terzo. Secondo il quotidiano tedesco Die Welt, il primo investitore estero nel nostro debito (esclusa la Bce) è la Francia. Banche e assicurazioni d'oltralpe detengono oltre 285 miliardi di euro in titoli di Stato italiani (secondo i dati di Bloomberg e Eba), più del triplo degli istituti tedeschi (58 miliardi) e degli spagnoli (21 miliardi). Le banche francesi hanno acquisito due importanti gruppi italiani (Bnl da parte di Bnp Paribas e CariParma da parte di Credit Agricole). A questo tema si aggiunge quello dei Npl, i crediti deteriorati che le banche italiane hanno ceduto a grossi fondi stranieri, dimezzando la zavorra da 360 miliardi di euro. Questa massa critica rischia di tornare a crescere, come evidenziato dal generale Luciano Carta, in audizione quando era ancora direttore dell'Aise. Non solo. Tali gruppi internazionali potrebbero rivalersi sulle imprese a cui fanno capo gli Npl con condizioni da usura, come conferma Adolfo Urso. Il presidente del Copasir Raffaele Volpi ha detto che intende verificare se nel medio e breve periodo «si intravedono azioni internazionali che con la raccolta dei risparmi degli italiani abbiano direttamente o indirettamente aperto linee di credito ingenti a soggetti fuori dal Paese, ascrivibili forse addirittura a quell'elenco di attori interessati all'aggressione degli asset nazionali». I servizi segreti, nella relazione annuale, avevano evidenziato l'interesse costante da parte di attori esteri nei confronti del comparto produttivo, specialmente delle Pmi. Poi hanno acceso i riflettori su quelle strategie d'investimento estero che, finalizzate al controllo di talune imprese nazionali del settore manifatturiero, si sono tradotte nell'acquisizione di marchi e brevetti e nella delocalizzazione dei siti produttivi trasferendo oltre confine i centri decisionali. Contro le scalate ostili, il decreto liquidità ha esteso la Golden Power a nuovi settori strategici. Ma questo scudo non basta. La vera protezione delle impresa è la liquidità. Le Pmi sono la preda più ambita. Alta tecnologia, pochi dipendenti, prodotti competitivi, grande flessibilità, sono le caratteristiche che le rendono uniche al mondo. Rappresentano circa il 90% del nostro tessuto produttivo. Le più competitive sono raggruppate nei circa 200 distretti manifatturieri e di questi oltre la metà sono impegnati nelle lavorazioni tipiche del Made in Italy, come l'agroalimentare, la moda e l'arredamento. Solo nel Nord Est se ne trovano più di 40, circa il 27% del totale nazionale. I più conosciuti sono quello della scarpa del Brenta, l'orafo vicentino, l'occhialeria di Belluno, il distretto del Prosecco, in provincia di Treviso. In Friuli c'è il distretto della sedia di Manzano, del coltello di Maniago o il famoso agroalimentare di San Daniele. Una particolarità di questa regione, poi, è il distretto delle tecnologie digitali Ditedi che ingloba 800 imprese in provincia di Udine, una piccola Silicon Valley italiana. Hanno un know how altissimo. Solo per gli occhiali si contano tremila marchi. Giovanni Lo Faro, amministratore delegato di Modo Eyewear, fabbrica di montature in Cadore, dice: «Oltre al colosso Luxottica c'è un mondo di migliaia di piccole aziende con mezzo milione di fatturato ma super specializzate e molto competitive. Quando un'azienda vive investendo gran parte del fatturato in innovazione e all'improvviso si trova bloccata e senza liquidità diventa facile preda. E se ha alta tecnologia è più appetibile».Agnese Lunardelli, imprenditrice di Venezia con un'azienda di serramenti e arredamento, dice che nella sua regione l'avanzata cinese è strisciante e sistematica. «Basta guardarsi attorno: commercio e ristorazione sono nelle loro mani. Procedono in silenzio, magari iniziando con partnership e poi si impossessano dell'azienda. Oppure mettono un socio. La crisi che seguirà al Covid rischia di accelerare questo processo». L'unica salvezza è dare liquidità, afferma Lunardelli, «ma non nella formula del prestito garantito che comunque è un debito. Chi ha l'acqua alla gola non pensa a indebitarsi». Paolo Bastianello è un imprenditore veneto nel settore moda. «Le nostre aziende sono le più esposte. Stiamo perdendo quote di mercato. Facciamo gola soprattutto a cinesi e giapponesi. Talvolta ai gruppi esteri basta il marchio, poter scrivere made in Italy». Nel Nord Ovest altri 40 distretti anche qui di piccole realtà come nel settore florovivaistico, nella cosmesi oltre all'indotto Fiat. Nel sud sono più di 10.000 le Pmi con 140.000 occupati. Se è in atto un'azione di intelligence straniera volta a individuare i migliori brevetti italiani per poi procedere con strategie di acquisto, il mirino è puntato sui distretti. Lì la pesca di qualità è sicura. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-mani-straniere-si-allungano-sulle-aziende-in-crisi-2645848486.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-manovre-dei-fondi-speculativi-per-impadronirsi-degli-hotel-italiani" data-post-id="2645848486" data-published-at="1587923965" data-use-pagination="False"> Le manovre dei fondi speculativi per impadronirsi degli hotel italiani I fondi speculativi internazionali si sono già fatti avanti. Stanno fiutando quali sono gli affari migliori, le prede più deboli, i ribassi che possono spuntare. Non hanno fretta. Sanno che tra un paio di mesi, quando la crisi comincerà a mordere davvero, potranno passare con la rete a strascico. Nomi non ne vuole fare il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ma dice che le grandi manovre per accaparrarsi i più prestigiosi asset alberghieri sono cominciate. Gli avvoltoi del Covid non hanno perso tempo. «Fino a due mesi fa era l'albergatore a fare il prezzo, ora sfiancato dall'azzeramento del fatturato, con i costi che continuano a correre, senza sapere quando e come riaprirà, potrebbe essere costretto a vendere alle condizioni del compratore. E, mi creda, liquidità in giro ce n'è tanta. La Cina è stata la prima a uscire dall'emergenza Covid, la sua economia ha ripreso a marciare e non ha mai nascosto l'interesse per i nostri gioielli turistici. Fino a gennaio c'era più domanda che offerta, figurarsi ora». I grandi brand internazionali hanno avviato da tempo una strategia di espansione nelle principali città italiane. Molti hanno puntato sul franchising per la difficoltà di acquisire asset. Ora il gioco potrebbe essere più facile. «I fondi speculativi sanno che passata la tempesta, il settore si riprenderà. Noi già sappiamo che faremo un buon 2021. Il problema è il 2020. Quindi acquistare oggi, a prezzi bassi con tassi bancari ai minimi, consente di realizzare, dal prossimo anno, grosse plusvalenze. I fondi non investono comprando Btp. Mi aspetto il passaggio di mano anche di grandi proprietà immobiliari da trasformare in alberghi di lusso» ci spiega Bernabò Bocca. L'unico scudo, sostiene Federalberghi, è dare liquidità alle aziende. «Ma non tramite il Decreto liquidità perché rappresenta un ulteriore indebitamento, i soldi arrivano in ritardo e sei anni di finanziamento e tre di preammortamento in una situazione in cui il 2020 è bruciato, è una strada senza uscita». Le offerte più sfacciate si registrano sulla costiera romagnola. Gli albergatori ne stanno ricevendo in continuazione talvolta con toni da stalking usuraio. «Ora ti offriamo tot milioni, se aspetti tre mesi te ne diamo due terzi e se ci pensi ancora ti prendi la metà». Così il proprietario dell'albergo, con la cassa a secco che ha investito nell'ammodernamento della struttura facendo con un mutuo, se fino a due mesi fa avrebbe messo alla porta l'acquirente, anche in malo modo, ora fa fatica a non prendere in considerazione l'offerta. Tanto più che oltre ai soldi cash, spesso il passaggio di proprietà prevede il trasferimento dei debiti. Simone Battistoni, proprietario di uno stabilimento a Cesenatico e presidente del sindacato balneari dell'Emilia-Romagna, ci riferisce che la Guardia di Finanza sta facendo girare un questionario per verificare se sono state vendute quote di aziende. «Io penso però che se qualcuno vuole fare l'affare e speculare sulle nostre difficoltà, aspetta la fine dell'estate quando ci saremo fatti male davvero. Chi ora è con l'acqua alla gola, tra un paio di mesi è affogato» dice Battistoni. Queste situazioni sono arrivate all'attenzione delle istituzioni. Dietro agli acquirenti stranieri potrebbe anche nascondersi un giro di denaro sporco, riconducibile alla malavita. Non a caso il Viminale ha diramato una circolare a tutti i prefetti lanciando l'allarme sul rischio di infiltrazioni mafiose in settori resi vulnerabili dalla crisi.