2022-07-27
Le madri che uccidono i propri figli? Sono tutti casi di aborto post natale
Nel riquadro, Alessia Pifferi (Ansa-IStock)
La morte per stenti della piccola di Milano, dopo essere stata lasciata da sola per giorni, ci conferma un fatto: l’interruzione di gravidanza ha abituato le mamme al concetto che sia giusto sacrificare un bimbo a sé stesse.Philip K. Dick (1928-1982) è stato uno scrittore di fantascienza, un tipo di fantascienza molto distopico, doveva essere uno con lo sguardo molto lungo. È noto soprattutto per aver scritto romanzi e racconti poi diventati film, non sempre fedeli, non sempre riusciti: i più famosi sono Blade Runner e Minority Report e la serie televisiva che immagina come sarebbe stato il mondo se i nazisti avessero vinto la guerra, The man in the high castle, tratto dal libro La svastica sul sole. Nel 1974, Dick ha scritto il suo racconto più duro, Le Pre-persone. Si immagina un mondo dove è consentito ai genitori di decidere se i loro figli sono degni di vivere o no fino al dodicesimo anno di età del bambino. Fino ad allora, un bambino è considerato una pre persona. In qualsiasi momento, i genitori possono sbarazzarsene facendo venire un furgoncino bianco con le sbarre, il furgoncino dell’aborto, che lo carica e lo porta verso una linda e pulita camera gas. Fino al compimento del dodicesimo anno di età i bambini sono, dunque, delle pre-persone.Nel mondo distopico di Dick è considerato una pratica normale, legale, una conquista, un diritto quello che Peter Singer ha definito aborto post natale. Singer è un saggista australiano da molti considerato il maggiore filosofo vivente È ovviamente antispecista: un antispecista ritiene che non debbano esserci distinzioni di specie. Detto in parole povere, Singer ritiene che il suo gatto debba avere la stessa dignità e lo stesso diritto di vivere di vostro figlio, se vostro figlio è sano, e ovviamente se vostro figlio è voluto.Fino a quando non sarà consentito l’aborto post natale, spiega il professore, l’aborto sarà sempre una conquista incompleta. La libertà sessuale della donna non può essere considerata completa se lei non può abortire in qualsiasi momento, perché la sua libertà sessuale, in questa maniera, verrebbe limitata dalla responsabilità della maternità. È evidente che la nascita del bambino non può porre fine a questa libertà. Se un embrione non ha diritti costituzionali ed è legale che un dottore lo uccida, perché altrettanto non si può fare con feto? Se un feto di due mesi non ha diritti costituzionali ed è legale che un dottore lo uccida, perché altrettanto non si può fare con un feto di nove mesi? O per un bambino già nato? Un feto e un bambino sono la stessa persona. Uno è un po’ più piccolo, l’altro è un po’ più grosso. Se è lecito per una una madre sbarazzarsi del proprio bambino semplicemente perché tenere il piccolo limiterebbe la sua libertà gravandola della mostruosa responsabilità di un figlio, perché questa libertà deve scomparire con la nascita del bambino? È illogico, spiega il dottor Singer. La mamma che ha fatto morire la sua bambina di stenti a Milano è semplicemente un caso di aborto post natale. Un caso analogo si è verificato nel 2000 a Bari: la bimba fatta morire di stenti si chiamava Eleonora. In entrambi i casi non era presente il padre. In teoria il bambino avrebbe potuto essere consegnato ai Servizi sociali, ma occorre tener presente l’astio che si forma contro questa persona che limita la cosa più sacra di una donna, la sua scintillante pirotecnica libertà, un astio creato giorno per giorno dalle paladine dell’aborto, da una infinita schiera di influenzanti (artisti, attrici, giornaliste), dall’assoluta mancanza su qualunque libro di testo di un qualsiasi accenno a quanto sia grandiosamente e straordinariamente bello diventare madri. Ogni diritto corrisponde al dovere di qualcun altro. Il diritto alla separazione, al divorzio, a non sposarsi nemmeno, alla sessualità svagata e fluida corrisponde per i bambini al dovere, mai esistito prima nella storia, di vivere in condizioni antifisiologiche e di minor protezione. La fisiologia umana prescrive che per fare un bambino occorrano un padre e una madre, perché per proteggerlo, per la protezione ottimale, sono necessarie entrambe queste figure. Il diritto all’amore pirotecnico, alla sessualità, a cambiare partner quando capita, non era riconosciuto in passato perché questi sono tutti comportamenti che espongono il bambino al genitore unico. Che, stravolto dalla stanchezza, offre quindi una minore protezione. Il matrimonio indissolubile tra coniugi li costringeva a concentrarsi sul benessere dei figli. Adesso un genitore può essere distratto dalla ricerca di un partner. La legge sull’aborto ha abituato le madri al concetto che sia giusto sacrificare bambino a se stesse. Dato che l’aborto è gratuito, questo diritto è percepito come assoluto. Dovrebbe essere evidente che questo diritto termina con la nascita del bambino, ma non tutte le madri sono abbastanza accorte da rendersene conto. In effetti lo stesso dottor Singer afferma che non c’è differenza. Ci sono innumerevoli donne che influenzano altre donne dichiarando orgogliosamente di aver abortito. Marina Abramovich è un’artista la cui arte consiste nel farsi torturare dal pubblico senza cambiare espressione: è ritenuta la maggiore artista del mondo esattamente dagli stessi tizi che ritengono Singer il maggiore filosofo mondiale. Lei dichiara orgogliosamente tre aborti. Innumerevoli attrici e attricette, giornaliste o supposte tali dichiarano orgogliosamente di aver abortito. Hanno sacrificato il bambino alla loro vita, perché è giusto così per loro. Le loro frasi sul dovere di una donna di pensare sempre solo a se stessa hanno evidentemente spinto la madre di una bambina già nata a pretendere la stessa libertà. Adesso ci si scandalizza, esattamente come mezzo secolo fa le persone erano scandalizzate e sconvolte all’idea che una donna avesse l’assoluto diritto di fare smembrare il suo bambino nel suo ventre a spese dello Stato. Ci dice Singer che dobbiamo semplicemente abituarci all’idea. Ci spiegheranno che un gran numero di donne è costretto, per poter riconquistare le proprie libertà, a uccidere i propri bambini in maniera dolorosa e squallida, esattamente come squallido era un aborto clandestino. Il male minore è il furgoncino bianco con le sbarre alle finestre. L’aborto post natale esiste già in Olanda e Svezia per bambini malati. Ricordo con assoluta certezza, dall’esame di medicina legale, che c’era un reato che si chiamava istigazione a delinquere. L’assassinio di un bambino con una sindrome di Down, con l’emofilia o semplicemente non voluto nel nostro sicuramente arcaico codice penale, è considerato un reato. Perché nessuno arresta il dottor Singer?Per evitare altri casi di aborto post natale fai-da-te occorre immediatamente levare la gratuità all’aborto. L’aborto non può essere finanziato dallo Stato. L’aborto è una scelta, una scelta che può essere rimpianta, e quando il rimpianto arriva è terribile. L’aborto è un suicidio differito. Il sistema sanitario nazionale paga solamente le necessità, non deve pagare le scelte. L’aborto, inoltre, è un peccato gravissimo nel cristianesimo, è il più grave dei peccati in quanto viene uccisa una creatura innocente mentre si trova nel posto che dovrebbe essere quello più sicuro al mondo. I credenti non possono essere obbligati a finanziare con le loro tasse quello che per la loro religione è un peccato gravissimo, perché altrimenti si ha una violazione della libertà religiosa garantita dalla Costituzione. Si tratta di un peccato talmente grave da portare alla scomunica. Questa scomunica riguarda la donna, ma anche gli operatori. Ai medici è concesso il diritto all’obiezione di coscienza, che non è concesso agli infermieri. Un infermiere, quindi, per non perdere lo stipendio, è costretto a collaborare. Nessuno deve essere costretto a fare un lavoro eticamente sconvolgente. Qualcuno obietta che le donne non sono in grado di pagarsi l’aborto da sole. Le donne sono considerate delle minorenni croniche, incapaci di gestire da sole la spesa dell’aborto, circa 3.000 euro. La stragrande maggioranza di loro è assolutamente in grado di farlo. Per quelle che non potranno, il partito radicale e i suoi fan organizzeranno collette. Questo diminuirebbe enormemente il numero degli aborti, favorirebbe la formazione di una rete di medicina privata che si occupi della cosa, perché non è corretto che quello che è considerato un peccato dalla maggioranza della popolazione venga eseguito in ospedali pubblici costruiti col denaro pubblico. Questo porterebbe inoltre a un risparmio fondamentale che permetterebbe di investire negli ospedali così da evitare che alla prossima epidemia ci sia di nuovo una crisi di mancanza di posti letto. Il denaro pubblico non può essere usato per scopi divisivi, incluso quello di collaborare allo sterminio dei futuri cittadini dello Stato.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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