2020-09-07
Hanno indebitato le aziende solo per incassare le tasse
Roberto Gualtieri prevede rimbalzi del Pil. Considera un indicatore positivo l'aumento delle entrate tributarie: ma è la conseguenza della mancata moratoria fiscale. In pratica, i prestiti garantiti dallo Stato consentono a molte pmi di vivere solo per saziare l'erario. Poi?Il ministro Roberto Gualtieri, intervenendo al Forum Ambrosetti, ha scelto di spargere ottimismo a piene mani. Intendiamoci: per molti versi è fisiologico che un ministro dell'Economia cerchi di giocare anche una carta psicologica, infondendo positività. Ma la sensazione è che il titolare del Mef si sia spinto molto oltre: «Sulla base di un set ampio e coerente di indicatori, valutiamo un rimbalzo nel terzo trimestre maggiore rispetto a quanto indicato nel Def ad aprile e ciò significa una caduta media annuale del Pil non lontana da quanto previsto ad aprile», e cioè un meno 8%. «Non posso darvi la cifra esatta», ha proseguito Gualtieri, ma «è ben inferiore a quanto stimato dai previsori e non è a due cifre». Altra convinzione del ministro: nella nota di aggiornamento al Def ci sarà «un meccanismo di discesa del rapporto debito/Pil solido e sostenibile». E qui, inevitabile, è arrivato il passaggio eurolirico, sia pro Mes («La mia posizione è nota da tempo») sia di celebrazione del Recovery fund («Per l'Italia è un'occasione unica e irripetibile, per coglierla dobbiamo lavorare tutti insieme in modo corale e collettivo»). Sul come fare, il ministro è però rimasto sul vago: «Bisogna utilizzare al meglio le risorse Ue e non disperderle in mille rivoli, in microprogetti, ma in progetti con impatto significativo coordinati e coerenti». E via ammonendo e raccomandando, come se tutto questo lavoro dipendesse da altri. Gran finale sulla riforma fiscale, con il palpabile rischio che tutto si risolva in una partita di giro, anzi di raggiro, con un taglietto finanziato dall'eliminazione di qualche detrazione. Il solito gioco, ti levo una tassa e te ne aumento un'altra: la riforma fiscale «strutturalmente si finanzierà con il contrasto all'evasione fiscale e con una riforma del sistema delle detrazioni e della tassazione ambientale». Ma non perdiamo il filo, e restiamo sul punto principale del ragionamento di Gualtieri, e cioè il suo messaggio di ottimismo, che non è stato uno sparo domenicale isolato, ma corrisponde a una linea: una settimana fa, il titolare del Mef aveva usato quasi le stesse parole: «I dati sulle entrate tributarie si aggiungono ad altre evidenze che ci consentono di auspicare un forte rimbalzo del Pil nel terzo trimestre, dopo la caduta del secondo trimestre confermata dai dati odierni dell'Istat che apportano alla precedente stima una revisione molto contenuta».Attenzione, perché si tratta di una frase rivelatoria: l'ottimismo del ministro nasce in particolare dall'andamento migliore del previsto delle entrate fiscali, cioè dal fatto che gli italiani stiano pagando più tasse di quanto si potesse immaginare, vista la crisi innescata dal lockdown. E qui sorge il dubbio sul reale approccio mentale del governo. Parliamoci chiaro: in termini di risorse a fondo perduto alle imprese, l'esecutivo ha stanziato pochissimo (grosso modo, appena 6 dei 100 miliardi impegnati da marzo a oggi); l'anno bianco fiscale chiesto dalle opposizioni non è stato concesso; gli stessi rinvii fiscali sono stati contenuti e limitati rispetto a quanto sarebbe stato necessario. A ben vedere, se riflettiamo sulla vita concreta delle imprese, l'unico strumento messo in campo dal governo (pur pieno di limiti, e non a caso evitato da molti) è stato il famoso prestito di 25.000 euro garantito dallo Stato. Molte imprese non sono riuscite ad averlo, avendo alle spalle qualche «cicatrice» precedente; molte altre non l'hanno nemmeno richiesto, trattandosi di un ulteriore indebitamento. E proprio questa è l'ipotesi di fondo forse formulata dal governo: ti faccio indebitare in misura «capiente» rispetto ai tuoi obblighi fiscali, così le mie entrate tributarie non scendono, e per il resto cavatela tu, caro imprenditore. Tutto ciò è a maggior ragione inquietante se si considera che, periodicamente, ogni impresa deve tra l'altro rivedere i propri affidamenti bancari, e non è difficile immaginare che, dopo mesi di scarsissimi incassi, i colloqui con i direttori di banca non saranno dei più facili, d'ora in avanti.Sullo sfondo, restano due scuole di pensiero tra gli osservatori economici. Alcuni sono convinti che il disastro economico rischi di materializzarsi già nel prossimo trimestre: lo preannunciano le serrande dei negozi ancora abbassate in mote città (e senza il cartello «chiuso per ferie», prefigurando una chiusura pressoché definitiva di moltissime attività), il disastro del settore turistico e dell'accoglienza (che si è minimamente difeso solo ad agosto, ma veniva da mesi terrificanti, e sconta da adesso a Natale prenotazioni quasi azzerate), e il collasso del comparto delle fiere e degli eventi. Altri osservatori, pur condividendo il giudizio negativo complessivo, sono però convinti che (in particolare a causa del blocco dei licenziamenti, fermati fino al periodo compreso tra fine novembre e fine dicembre) un po' di «metadone» sia ancora in circolazione, e che il vero disastro si avrà da dicembre/gennaio in poi, facendo scattare in quel momento uno tsunami di licenziamenti e fallimenti. Come si vede, nell'uno o nell'altro caso differisce solo la tempistica, ma non l'allarme. Allarme che invece Gualtieri respinge e rovescia. La sensazione è che, fedele alla sua scuola di provenienza (la tradizione Pci-Pds-Ds-Pd) e interessato essenzialmente alla constituency elettorale di riferimento dei giallorossi, il ministro si preoccupi per un verso dei conti pubblici, e per altro verso che dipendenti pubblici e pensionati siano minimamente al riparo dai guai maggiori. Tutti gli altri (autonomi, partite Iva, imprese, lavoratori nel e del privato) si arrangino da soli.