2021-02-14
Le ha sbagliate tutte eppure Speranza è ancora al suo posto
Dagli spot minimizzanti al libro ritirato: il titolare della Salute ha inanellato solo tragiche gaffe. La sua conferma è un mistero.Ce l'ha messa davvero tutta, l'inconsapevole Robertino, per tirarsi fuori dai giochi. Evidentemente, le sue prodezze non sono bastate. Anche Speranza è stato così riconfermato alla guida del ministero della Salute. Smarrimento generale. Se c'è uno che, Giuseppi a parte, personifica i fallimenti del Conte bis, beh quello è certamente il segretario di Articolo Uno. Non a caso il capo della Lega, Matteo Salvini, ha già messo le mani avanti: la sua nomina è un problema. Che rischia di deflagrare quando, per esempio, il Parlamento si troverà a duellare sui temi etici, come la pillola abortiva. Perché Speranza è stato ben più di un ministro. Piuttosto, un primus inter pares della scombinata compagine giallorossa. Quarant'anni, bersaniano, ex assessore all'Urbanistica nella natia Potenza, diessino, piddino, poi fondatore di Articolo Uno, infine perno del Conte bis. Il suo predecessore, la pentastellata Giulia Grillo, aveva almeno una specializzazione in Medicina legale. Lui no: laurea in Scienze politiche. Cosa aveva assicurato Sergio Mattarella, mentre annunciava la venuta del messia, insomma di Mario Draghi? «Governo di alto profilo». Ecco, Robertino non sembrava un gigante già nell'estate nel 2019, quando venne designato per la prima volta. Figurarsi adesso, dopo aver gestito la più grande emergenza sanitaria di sempre. Con il risultato che la Johns Hopkins University diffonde due mesi fa: l'Italia è il Paese nel mondo con il maggior numero di morti ogni 100.000 abitanti. Un dato che riduce tutte le fanfaronate a tragiche burlette. Eppure, avevamo «i ministri migliori del mondo» esultava Conte. In particolare, Speranza: come avremmo fatto senza di lui? Un impavido condottiero che, fin dall'inizio, indica la rotta ai cittadini. Comincia il 2 febbraio 2020, condannando gli allarmismi di certuna stampa: «Le scelte che stiamo facendo devono rassicurare il nostro Paese, non bisogna avere paura. Siamo pronti anche a scenari che possono avvenire, ma che noi escludiamo totalmente». Di conseguenza, commissiona un imperdibile spot televisivo del ministero: «Non è affatto facile il contagio» ci spiega un incolpevole conduttore del ramo, Michele Mirabella. Pensa agli spot, Speranza, ma non a rinnovare il piano pandemico che, come avremmo saputo poi, era incredibilmente fermo al 2006. E quando la situazione precipita, lui anticipa la linea: «Le misure da assumere contro il coronavirus le decidono gli scienziati e non la politica». Da quel momento ogni scelta, perfino insignificante, passerà dalle sapienti mani del Comitato tecnico scientifico. Speranza chiama accanto a sé Gualtiero Ricciardi, in arte Walter, già nel board dell'Oms. Nomina azzeccatissima. Fin dalle prime dichiarazioni, si capisce che il professore ha stoffa. Mentre critica i tamponi di massa che si riveleranno decisivi, garantisce: «Alle persone sane le mascherine non servono». Il diligente Robertino riferisce ai colleghi: «Considero le mascherine in Parlamento non fondate sul piano scientifico». Del resto, cosa poteva saperne lui? Qualche giorno dopo, nel dubbio, diventa il più rigorista e inflessibile della compagine. Mai uno sgarro. Nemmeno uno spiraglio. Chiudere tutto e tutti, a oltranza. In perfetta sintonia con il postcomunismo del suo partito, statalista e anti imprese. Nel frattempo, medici e ospedali vengono lasciati soli in prima linea a combattere il virus, senza nemmeno le mascherine. E quando, la scorsa estate, il virus rallenta la corsa, il ministro comincia a dedicarsi al capolavoro che, in autunno, sarebbe fugacemente arrivato in libreria: Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute. Un vibrante racconto, scritto in prima persona per Feltrinelli, delle «ore drammatiche della tempesta». Una perla su tutte: «Dopo questa esperienza nessuno di noi potrà dire “non lo sapevo". Non possiamo più permetterci di essere colti disarmati di fronte alla violenza di una eventuale nuova pandemia». Sfortuna vuole che, a fine ottobre, quando viene dato alle stampe il volume, il virus ci abbia sorpreso nuovamente in mutande. Già: nessuno, a partire da Speranza, ha pensato di preparare gli ospedali alla seconda ondata. Mancano persino le terapie intensive. Così, il capolavoro del ministro viene ritirato anzitempo dalle librerie. Non prima però di aver ri-schiarato, almeno per un attimo, l'orizzonte: «Ben presto» assicura in alcune delle pagine maggiormente ispirate «la linea dura dell'Italia non sarà più una scelta discutibile da valutare, ma un modello da seguire». Come poteva un simile watusso non rientrare tra gli «alti profili» voluti dal Quirinale?