
Accordo trabocchetto: se le nostre navi militari recupereranno stranieri, dovremo farli sbarcare qui da noi. Se entreranno in gioco gli altri Paesi, prenderemo anche i loro profughi. E se i flussi esplodono, tutto salta.Com'è che dicevano? Con le buone maniere si ottiene tutto, in Europa non si deve alzare la voce o mostrare le zanne, come facevano i perfidi leghisti, bensì trattare, ungere, sorridere. I risultati di questo approccio morbido li abbiamo visti: un bell'accordo fregatura sui migranti. Anzi, un quasi accordo, perché al momento è tutta aria fritta, visto che non v'è nulla di certo, anzi. Bastano però i pochi punti di cui si è discusso al vertice di Malta per capire che da questa trattativa, per l'Italia, è molto difficile che arrivi qualcosa di buono. Cerchiamo di spiegare. Il presunto accordo prevede che vengano spartiti su base volontaria fra i vari Stati Ue i migranti arrivati lungo la rotta del Mediterraneo centrale (quella che interessa noi e i maltesi). Sono esclusi dalla ripartizione gli stranieri che giungono qui con i propri mezzi, cioè con barchini, gommoni eccetera. Insomma, verranno accolti e ridistribuiti in Europa solo gli aspiranti profughi recuperati da Ong e navi militari. Per altro, nel testo dell'accordo, come notava ieri Repubblica, si specifica che i migranti recuperati da navi statali - della Marina o della Guardia costiera - verranno sbarcati nello Stato di bandiera. Quindi, se nel Mediterraneo dovessero esserci molte navi italiane, saremo comunque noi a prenderci un bel numero di migranti. Bell'inizio, no? C'è anche un altro problema: ad oggi, sono più numerosi gli stranieri in arrivo alla spicciolata che quelli caricati dalle Ong. Significa che l'accordo, così com'è, serve davvero a poco. Poi c'è il secondo e più grave inghippo. Allo stato attuale, il patto europeo è stato approvato da Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta. Il 7 e 8 ottobre in Lussemburgo, però, potrebbero aggiungersi altri Paesi. Tra quelli papabili, stando alle indiscrezioni apparse sulla stampa, ci sono Grecia e Spagna. Qualcuno dice: è un bene, perché più nazioni partecipano alla spartizione degli stranieri, più basse sono le quote di cui ciascuno deve farsi carico. In realtà, le cose stanno un po' diversamente. Se Spagna e Grecia entrassero in partita, è chiaro che l'accordo dovrebbe essere modificato. Cioè nella ripartizione dei migranti dovrebbero per forza di cose essere inclusi anche i migranti sbarcati sulle coste iberiche ed elleniche. Piccolo particolare: nell'ultimo anno, da quelle parti sono arrivati molti più aspiranti profughi che da noi. In Italia, nel 2019, sono sbarcate 7.035 persone (dati di ieri del Viminale). In Spagna siamo attorno ai 15.683, mentre in Grecia arriviamo addirittura a 38.598. Avrete già capito dove vogliamo andare a parare. Il rischio è che l'Italia debba accollarsi anche gli stranieri giunti in Spagna e Grecia. Che andrebbero ad aggiungersi a quelli arrivati qui sui barchini. La verità è che un accordo come quello abbozzato nei giorni scorsi ci avrebbe fatto molto comodo nel 2016 e 2017, quando qui l'emergenza era a livelli record e approdavano, portati dalle Ong, centinaia di migliaia di potenziali richiedenti asilo. Nel frattempo, tuttavia, il nostro Paese - trovandosi abbandonato dagli amichetti dell'Ue - ha fatto da solo. Matteo Salvini, prima portando a compimento la svolta di Marco Minniti e poi stringendo il cappio attorno alle Ong, ha ridotto gli arrivi di oltre il 90%. E, nei fatti, ha costretto Malta e gli altri Stati europei a interessarsi della faccenda, tracciando la via che ha condotto alla redistribuzione volontaria. Ora tutto questo lavoro potrebbe essere seriamente compromesso. Le Ong sono di nuovo legittimate. Certo, rimangono per i pirati umanitari alcune regole da rispettare, ma si è capito che le multe previste dal decreto sicurezza (e ancora prima dalla legge sull'immigrazione d'epoca prodiana) non saranno mai applicate. Dunque i cari attivisti riprenderanno almeno in parte l'attività. In ogni caso, la gran parte degli stranieri continuerà a giungere per altre strade. Riepilogando. Se a spartirsi i migranti su base volontaria, a parte noi, saranno Francia, Germania, Finlandia e Malta, continueremmo comunque a tenerci un bel po' di clandestini arrivati alla chetichella, e manderemmo altrove soltanto qualche centinaio di persone (ammesso che accada davvero). Non solo: l'accordo prevede che «in caso di un sostanziale aumento delle persone da ricollocare nei sei mesi previsti (tale è la durata del patto, ndr), l'accordo può essere sospeso in qualsiasi momento e gli Stati membri si riuniranno d'urgenza». Tradotto: se i flussi cresceranno a dismisura, il patto salta, e tanti saluti. A quel punto, con le Ong tornate in pista e i porti spalancati, sarebbero guai serissimi. Se, infine, dovessero entrare in gioco altri Stati, specialmente Grecia e Spagna, probabilmente ci toccherà prendere anche gente che, prima dell'accordo, non avremmo mai accolto. Tutto ciò è la conseguenza dell'elefantiasi e della finta solidarietà europea. Il neo ministro Luciana Lamorgese, non per nulla, mantiene sempre una certa cautela nelle dichiarazioni. Fa bene, ma ci ricorderemo di quando il Pd ripeteva che con le buone maniere si ottiene tutto...
Cibo italiano farlocco
Il market di Bruxelles vende imitazioni delle nostre specialità. Come la carbonara (in vasetto). Il ministro: «Subito verifiche».
Verrebbe da dire: Ursula, spiegaci questa. Perché nei palazzi dell’Ue si spaccia una poltiglia in vasetto definita Carbonara che è a metà strada tra un omogeneizzato e una crema da notte? Va bene che la baronessa von der Leyen pecca per abitudine in fatto di trasparenza - dai messaggini sui sieri anti-Covid con Albert Bourla della Pfizer costati una valanga di miliardi fino alla corrispondenza con i generali tedeschi, senza contare il silenzio sulla corruzione in Ucraina - ma arrivare a vendere nel «suo» supermarket il falso cibo italiano pare troppo. Anche se sappiamo da tempo che l’Ue è tutta chiacchiere e distintivo, in questo caso falso.
Il Parlamento europeo (iStock). nel riquadro, la copertina del libro di Gabriele Guzzi
Alcuni esponenti del centrodestra hanno cambiato registro: parlano come Elsa Fornero.
Eurosuicidio è il titolo di un gran bel libro scritto da Gabriele Guzzi con prefazione di Lucio Caracciolo sull’impatto dell’Unione europea rispetto alle crisi in corso. Un’analisi severa e puntuale, dove i dati reggono le tesi che conducono all’arrivo: l’Europa non è in crisi, è la crisi.
La Commissione rivede al ribasso la crescita dell’Italia nel 2025 (+0,4%) e gli «strilloni» anti-governo ghignano: «Fanalino». Ma le stime dei burocrati sono spesso fallaci. E il nostro Pil pro capite supera quelli della Germania e della Francia del debito.
Tutti a parlare del fatto che le previsioni di crescita per il 2025 relegano l’Italia a fanalino di coda. Ah, le previsioni arrivano dalla Commissione europea. Che quattro volte l’anno ci offre le sue analisi sul passato e le sue previsioni per il futuro. A febbraio sono pubblicate le previsioni invernali. A maggio quelle di primavera. A settembre quelle estive. E a novembre quelle di autunno. E sono queste quelle che molti quotidiani italiani hanno commentato ieri. Il faro era puntato sulla bassa crescita. Che è una realtà indiscutibile.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica per gli Affari del Consiglio Supremo di Difesa, in un colloquio con il Corriere della Sera confessa: «Era una chiacchierata in libertà tra amici» e convinto di «non aver mai fatto dichiarazioni fuori posto, mai esibizioni di protagonismo» aggiunge di aver «letto e riletto Belpietro, senza capire in cosa consisterebbe il complotto».





