Anche nel Comitato che ha deciso delle nostre vite per due anni c’erano tensioni e lotte tra bande. Nell’aprile del 2020, durante una riunione, Giovanni Rezza e Silvio Brusaferro confabulano e descrivono l’organo come una cricca: «Falli scannare tra loro. Chissenefrega».A noi poveri profani lo presentavano come una sorta di ministero della Verità Sanitaria: un organo infallibile le cui esternazioni coincidevano perfettamente con i dogmi supremi de «La Scienza». Facendosi scudo con il Comitato tecnico scientifico ben due governi hanno imposto agli italiani restrizioni folli e dannose, discriminazioni feroci e comportamenti virologicamente corretti. Eppure, scorrendo le carte dell’indagine di Bergamo sulla gestione della pandemia emerge con cristallina chiarezza quanto la presunta scienza fosse in realtà una maschera della politica. E si scopre che cosa pensassero del Cts gli stessi esperti che ne facevano parte.Per Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, il Comitato tecnico scientifico che durante il lockdown dispensava pareri da cui dipendevano le libertà degli italiani era «una mafia». È lo stesso Rezza che lo mette nero su bianco, in un messaggio Whatsapp indirizzato a Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e portavoce del Cts. È il 4 aprile del 2020, siamo nel pieno delle restrizioni imposte dal governo Conte 2 agli italiani. Quel giorno si è tenuta una riunione del Comitato (iniziata alle 12:00 e terminata alle 13:50) alla quale i due dirigenti, secondo il verbale, prendono parte in teleconferenza. Sono le 12:46 quando Rezza suggerisce a Brusaferro: «Falli scannare fra di loro...». I messaggi successivi fanno capire come all’interno del Cts ci siano lotte di potere, e non piccole. Brusaferro infatti fornisce una risposta un po’ criptica, ma che nella sua apparente oscurità mostra quali fossero le logiche interne: «Ok ma ricostruiamo bene per rispondere anche formalmente. Se ce lo fa per oggi sarebbe ideale. A questo punto quello di Stefanelli dobbiamo decidere come giocarlo e con quali warning. Qual è l’istituzione diversa cui si riferisce? Grazie».Ed è qui che arriva il momento più imbarazzante dell’intera vicenda. Per l’esattezza quando Giovanni Rezza decide di esternare la sua valutazione sull’organismo che aveva in mano il destino dell’Italia: «È un presuntuoso e non vuole Iss di mezzo. Il Cts è una mafia... anzi più mafie! Contenti loro (chissenefrega)». L’alto senso delle istituzioni che emerge dalla parentesi finale trova conferma nella replica di Brusaferro: «Condivido e stiamo alla porta. Come hai visto dal mio intervento. A meno che non vogliamo entrare e prendere in mano il tutto. Ma mi sembra difficile». Rezza chiosa: «Già. Ce ne faremo quick and dirty (veloce e sporco, ndr) con un po' di Asl e regioni». Poi raccomanda al suo interlocutore: «Silvio su questo non ci facciamo fregare però».I dettagli della conversazione magari sfuggono - e in fondo non è nemmeno così rilevante ricostruire l’intero discorso - ma il senso è chiaro: all’interno del Comitato c’è una sorta di guerra per bande, uno scontro politico continuo. Tanto che un alto dirigente del ministero arriva a definire il Cts «una mafia».Due giorni dopo, il 6 aprile, nuova seduta del Cts e nuovo giro di giostra. Brusaferro e Rezza, che sono sempre connessi da remoto, continuano a confabulare sull’andamento della riunione via Whatsapp. Alle 15:54, a poco più di mezz’ora dall’inizio, Brusaferro scrive: «Adesso siamo al dibattito su mascherine per tutto il mondo». Aggiungendo poi: «Che dici mi sembra una follia! Ho parlato a lungo con Draisci e Marcoaldi ma non è’ proprio semplice...». La discussione va per le lunghe e a un certo punto, alle 17:20 Brusaferro lascia la riunione e raccomanda al suo interlocutore di rimanere « perché qui il terreno va presidiato». Rezza sembra aver eseguito, tanto che alle 22:52 suggerisce a Brusaferro una soluzione che non trova però riscontro negli atti della seduta: « Ho un’idea per il verbale. Iss coordina ma i test di validazione vanno fatti da San Matteo e Spallanzani che hanno le macchine e i lab in qualità. Noi raccogliamo i risultati e li valutiamo. Iss non credo possa mettere il bollino su test di specifiche ditte almeno oggi».Il 7 aprile un nuovo capitolo. Alle 13 ha inizio la riunione quotidiana del Cts e dopo un minuto esatto Brusaferro suggerisce a Rezza una strategia: «Forse è’ opportuno che Cts dia mandato ad un gruppo. E lo gestisca il gruppo». Dopo circa venti minuti arriva il commento di Rezza: « Certo! Così è una sottomafietta». E certo: se il Comitato è una mafia, il sottocomitato non può che essere una mafietta.Nella chat tra i due dirigenti depositata dalla Procura di Bergamo agli atti dell’inchiesta c’è spazio anche per la diatriba sul ruolo di Walter Ricciardi all’Oms. Il 19 aprile è Rezza che, definendo il livello «sconcertante», manda a Brusaferro il testo di un articolo di giornale relativo alla figuraccia rimediata da Ricciardi riguardo ai rapporti con l’Organizzazione mondiale della sanità: « Covid 19, Ranieri Guerra chiarisce il ruolo di Ricciardi: «Non ha niente a che fare con l’Oms». La replica: «Sono il rappresentante italiano nel comitato esecutivo». Brusaferro commenta laconico: «Già!». Tra una malalingua e l’altra, c’è tempo anche per lamentarsi delle faccende quotidiane. Il 21 aprile Rezza - parlando di una riunione prevista per la mattina - si lamenta del luogo in cui è stata organizzata, forse la sede della Protezione civile (la stessa definita «un distributore di morte» dall’ex commissario al Covid Domenico Arcuri): « Quel posto è incredibilmente pericoloso. Si stava così bene quando ci si riuniva al ministero con Speranza dalle 9 alle 10...».Intendiamoci: è anche piuttosto normale che in un luogo di lavoro ci siano tensioni, incomprensioni e pettegolezzi. Ma in questo caso non sono le piccolezze a interessarci, quanto il quadro generale. Come dice Rezza a un certo punto, il livello appare «sconcertante», e l’idea che gli stessi gestori dell’emergenza definissero il Cts una mafia fa rabbrividire. Perché quella «mafia» ha gestito la nostra vita per oltre due anni.
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella: «Il rapporto delle Nazioni unite sulla surrogata conferma che si tratta di una violenza contro le donne e che va combattuta ovunque. Proprio come ha deciso di fare il governo, punendo i connazionali che ne fanno ricorso all’estero».