2025-02-24
«Le case di automobili tornano a produrre anche i motori termici»
Andrea Levy, l'uomo che ha innovato le esposizioni: «Si apre una nuova era. Ma per i giovani la macchina non è più uno status symbol».Andrea Levy ha 54 anni ed è un grande appassionato d’auto. In Italia può essere considerato «Mr. Salone dell’auto», visto che guida due delle più note esposizioni automobilistiche italiane, il Mimo (Milano-Monza motor air motorshow) e il Salone auto Torino, quest’ultimo presentato proprio nei giorni scorsi. Nessuno meglio di lui, quindi, ha il polso della situazione, versante consumatore, su quanto sta succedendo nel mondo dell’automotive. Mimo e Salone Auto Torino: queste esposizioni all’aperto e dinamiche che promuove in Italia segnano il tramonto dei saloni tradizionali? «Mimo e il Salone Auto Torino rappresentano una nuova era per i saloni automobilistici, caratterizzati da esposizioni all’aperto e un forte dinamismo. I due saloni si distinguono per un format innovativo: lo svolgimento nel cuore delle città e in location iconiche, come l’Autodromo Nazionale di Monza, e la loro gratuità per il pubblico. Questo modello consente di attrarre un’audience più ampia rispetto ai tradizionali saloni fieristici, spesso percepiti come incontri esclusivi per addetti ai lavori, con una prevalenza di partecipanti maschili e meno appeal per le nuove generazioni. Il settore automotive sta attraversando una fase di profonda trasformazione, con la transizione verso l’elettrificazione e l’integrazione di nuove tecnologie. In questo contesto, la comunicazione tra case automobilistiche e pubblico è diventata più complessa e confusionaria: molte aziende hanno limitato le loro partecipazioni a eventi aperti al grande pubblico, preferendo canali digitali o presentazioni ristrette a un target selezionato. Tuttavia, si sta assistendo a un’inversione di tendenza».Cosa cercano, oggi, le persone che si fermano a guardare un’auto? A cosa badano di più: motori, tecnologia, stile, economicità? «Vendere automobili oggi è davvero complesso. Stiamo vivendo un momento di grande incertezza sulle motorizzazioni del futuro e il pubblico è spesso indeciso, persino disinteressato, su quale sia la scelta migliore quando si tratta di acquistare una nuova auto. Le elettriche, per esempio, hanno ancora molte barriere all’acquisto: il prezzo elevato, la mancanza di infrastrutture di ricarica, l’autonomia limitata. E in Italia tutto questo si somma a un forte attaccamento alle tradizioni. Alla fine, il mercato parla chiaro: oggi il 95% delle vendite è ancora dominato dalle motorizzazioni tradizionali. Perché? Perché la gente le percepisce come più sicure, soprattutto in un periodo in cui non si sa bene quali saranno le future restrizioni. E poi, c’è un aspetto fondamentale: il prezzo. Oggi, più che mai, credo che l’economicità sia il fattore determinante per chi deve comprare un’auto».Le giovani generazioni si innamorano ancora delle auto? «No, non credo che i giovani provino ancora lo stesso amore per l’auto che caratterizzava le generazioni degli anni Ottanta e Novanta. Un tempo, l’auto era uno status symbol, un oggetto del desiderio. Oggi, invece, viene percepita più come una fonte di costi e problemi: multe, ritiro della patente, tasse, bollo, assicurazione e così via».Cosa pensa dell’auto elettrica, come tecnologia e come imposizione dall’alto voluta dall’Ue.? «Sono stato tra i primi appassionati e collezionisti ad acquistare un’auto elettrica. Possiedo una Bmw i3 del 2013 e una Tesla del 2015 e devo dire che ne sono sempre stato soddisfatto: hanno costi di manutenzione ridotti, diversi vantaggi e offrono un’esperienza di guida molto piacevole, grazie all’assenza di vibrazioni e all’accelerazione brillante. Tuttavia, va detto che le ho utilizzate principalmente in città e come seconda auto, quindi senza un impiego particolarmente intensivo. Credo che l’elettrico possa essere una buona soluzione per chi si muove in un contesto urbano, con percorrenze giornaliere che non superano i 150 km e la possibilità di parcheggiarle in un box o garage. Oggi si parla molto di neutralità tecnologica e penso che non si debba escludere alcuna opzione. Anche i motori a benzina e diesel, se alimentati con carburanti più sostenibili, possono ridurre le emissioni rispetto ai motori termici di qualche anno fa. Personalmente, immagino un futuro in cui ci sarà un mix di tecnologie – compreso il diesel – con un’elettrificazione più intelligente, che eviti di appesantire inutilmente le auto con batterie troppo grandi e poco efficienti».I numeri del mercato parlano chiaro: perché l’elettrico non piace ai consumatori? «In effetti, tolta la Norvegia che è stata fortemente favorita dagli incentivi statali, il mercato europeo delle auto elettriche fatica a decollare e non supera il 15% delle vendite. In Italia, poi, la quota di mercato si ferma a un modesto 4-5%. Le ragioni di questo “rigetto” sono diverse. Prima di tutto, i costi di acquisto sono ancora molto elevati rispetto alle auto tradizionali. Inoltre, i tempi di ricarica sono ancora piuttosto lunghi e l’infrastruttura non è sufficientemente sviluppata per garantire la stessa praticità dei motori termici».In Italia il settore auto è in affanno, con la crisi del gruppo Stellantis. Possiamo ancora tornare ad essere un Paese di auto? «Io direi di sì. Sono ottimista a riguardo perché l’Italia ha un know-how straordinario nel settore. Nonostante le difficoltà, Stellantis è riuscita a ottimizzare la gamma di modelli, adottando un approccio che rappresenta un buon esempio di neutralità tecnologica. Inoltre, il nostro know-how non è solo un vantaggio per noi, ma è anche ricercato da altre realtà, comprese le aziende cinesi. L’expertise italiana è un valore riconosciuto a livello internazionale, sia nella meccanica che nel design, dagli esterni agli interni delle vetture. Vediamo infatti sempre più nuove aziende aprire in Italia, sia nel settore della produzione che nei centri stile. Questo dimostra che il nostro Paese ha ancora molto da offrire all’industria automobilistica». La presentazione del prossimo Salone Auto Torino, appena avvenuta, è stata anche l’occasione per ribadire che la città e Regione Piemonte rappresentano la storia, il passato ma anche il presente dell’automotive italiano. Sarà così anche in futuro? «Il Salone Auto Torino, in programma dal 26 al 28 settembre, sarà un’importante opportunità di incontro tra le case automobilistiche, gli addetti ai lavori, i media e il pubblico. Come organizzatori, siamo determinati a mettere in risalto il know-how e l’expertise del nostro territorio, puntando sulla valorizzazione della sua straordinaria tradizione automobilistica. Ci saranno dai capolavori del design alle microcar, fino all’eccellenza delle forniture per il motorsport, grazie alla presenza di tre grandi player globali che operano nel nostro territorio: Recaro (recentemente acquisita da un’azienda piemontese), Sparco e Sabelt. Questi protagonisti del settore rappresentano l’orgoglio piemontese».Anche nei saloni, la presenza cinese da esposizione folcloristica è diventata quasi predominante. È la Cina il nuovo campione mondiale dell’auto?«Sicuramente, in termini di volumi, la Cina è oggi un mercato molto più grande rispetto a quello italiano, con una popolazione di circa 1,5 miliardi di abitanti. Il mercato interno cinese è estremamente dinamico, ricco e all’avanguardia nello sviluppo di tecnologie, grazie anche al fatto che può contare su numeri di vendita molto elevati. Attualmente, la Cina sta emergendo come un grande sviluppatore di know-how, proprio come lo è stata l’Italia in passato, e si prevede che presto esporti le proprie innovazioni in altri Paesi».Uno dei primi ordini esecutivi di Trump è stato quello relativo a, diciamo così, un ritorno alle auto a motore tradizionale. L’elettrico, negli Stati Uniti, non è più un dogma. Cosa pensa di questa scelta? «Anche l’Europa dovrà fare le sue valutazioni, tra le quali anche la possibilità di aprirsi ad altre motorizzazioni, includendo l’uso di biocarburanti per completare l’offerta. Oggi, nella ricerca della neutralità tecnologica, le case automobilistiche stanno reintroducendo motori termici, combinandoli con tecnologie mid-hybrid e full-hybrid, utilizzando nuove soluzioni e denominazioni. Si sta aprendo una nuova era, in cui il ruolo degli ingegneri e dei reparti di ricerca e sviluppo sarà cruciale. Tuttavia, sarà altrettanto fondamentale il lavoro dei reparti di comunicazione e marketing, che dovranno guidare e informare il pubblico, comunicando efficacemente le nuove strategie e tecnologie. In un contesto di grande incertezza e confusione, il loro compito sarà rendere il mondo automotive più chiaro e comprensibile».Come vede il settore automotive da qui a 10 anni? «Negli ultimi anni, il settore è stato colpito da quella che potremmo definire una “tempesta perfetta”, con rallentamenti causati dalle politiche europee e da scelte estremiste adottate da alcuni governi locali. Tuttavia, sono fiducioso che, a partire dal 2026, la situazione possa solo migliorare, sia grazie alle soluzioni proposte dalla politica, sia per l’impegno delle case automobilistiche. Mi aspetto che, nei prossimi anni, ci sarà una maggiore varietà di offerte, una riduzione dei prezzi e una maggiore accettazione delle nuove tecnologie. Questo porterà a un aumento della fiducia da parte dei consumatori».Hamilton in Ferrari: un’opportunità per il Cavallino o un problema? «Da appassionato della F1, la vedo come un’opportunità per il team italiano per acquisire quella metodologia, approccio e cura del veicolo che hanno sempre caratterizzato Hamilton e che potranno essere di grande aiuto anche a Leclerc. Hamilton è sempre stato protagonista nello sviluppo della sua macchina oltre che nello sviluppo delle strategie di gara. E lui ha vinto dei Mondiali anche grazie a delle ottime strategie dietro, fattore che è un po’ mancato negli ultimi anni nel team della Ferrari».
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)