
Proposta: tutti i versamenti effettuati negli ultimi 15 mesi dalle aziende ora chiuse potrebbero essere anticipati a tasso simbolico da rimborsare in almeno 20 anni. L'Istat certifica la pressione fiscale al 52%.«Due schiaffi!» è quello che risponderebbe il direttore di banca alla vostra proposta: «Ho 100.000 euro da depositare. Cosa mi date?». Può sembrare uno scherzo ma non lo è. O almeno non troppo. Fineco bank ha inviato, ai sensi di legge, l'aggiornamento delle condizioni contrattuali ai propri clienti perché ne prendano buona nota. Chi di voi ha un conto corrente riceve spesso queste lettere. Niente di anomalo, se non fosse che la banca in questo caso si riserva «il diritto di recedere in qualsiasi momento» qualora sul conto fosse presente una giacenza media, uguale o superiore a 100.000 euro e in assenza di qualsiasi forma di finanziamento da parte della banca e di qualsiasi altro investimento presso di lei da parte del cliente. Avete capito bene. La banca si riserva di non avervi più come clienti se la lasciate sul conto troppi soldi. La liquidità è tossica. Anni ed anni di politica monetaria «accomodante», vale a dire soldi facili immessi dalla Banca centrale, hanno portato a tutto questo. Un paradosso che fa scopa con i numeri Istat di ieri. Aumenta al 15,2% del reddito disponibile la propensione al risparmio delle famiglie. «In aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente». Non è affatto una notizia da salutare con il luogo comune degli italiani «popolo di formichine» oltre che santi, poeti e navigatori. Aumentano i risparmi non perché aumenta il reddito ma perché diminuisce. O meglio, diminuiscono i consumi e quindi anche il Pil; che nel 2020 è infatti crollato di 154 miliardi. Mai così tanto in tempo di pace. Tutto è avvenuto fra febbraio e dicembre; periodo in cui i depositi bancari sono appunto aumentati di 155 miliardi secondo una rielaborazione Abi di alcuni giorni fa sui dati Banca d'Italia. Nemmeno a farlo apposta. O forse sì. Quello che gli italiani non hanno speso nei ristoranti e nei negozi - così facendo crollare il Pil - stagna sui conti correnti delle famiglie. Una brutta notizia pure per le banche non per un motivo ma per due. A fine gennaio avevano depositato in Bce 257 miliardi in più rispetto al minimo dovuto per la riserva obbligatoria. I nostri istituti affogano cioè nella liquidità. A novembre del 2011 - al culmine della crisi della spread - questa cifra era pari ad 88 milioni. Quasi 3.000 volte in meno. E la Bce esige dalle banche lo 0,50% non per prestargli i soldi ma per fare il piacere di tenerli in custodia. Se le banche prestassero ad altri istituti, stessa musica. Devono pagare chi gli fa il piacere di prendere i soldi a prestito. Di titoli di Stato, le banche ne hanno fin troppi e prima di vedere un rendimento positivo devono investire su Btp aventi scadenze oltre i 5 anni anche la liquidità che le famiglie depositano a vista. Accollandosi in caso di disinvestimenti improvvisi, perdite in conto capitale potenzialmente significative visto che la volatilità sui titoli sovrani è tutt'altro che assente. Ecco perché Fineco non si è bevuta il cervello inviando quella lettera ai correntisti. E sarà presto imitata da altre banche. Già vi sento che mi dite che il mestiere delle banche è quello di fare prestiti alla clientela. E perché non lo fanno? E qui si arriva alla seconda brutta notizia per le banche. Come in un gioco dell'oca si ritorna al punto di partenza. Le famiglie non spendono perché i negozi sono chiusi. E nel passivo dello stato patrimoniale delle banche aumentano i depositi. Ma i ristoranti che non lavorano non riescono a pagare i loro debiti verso i fornitori e verso le banche. La qualità del loro credito - già presente all'attivo dello stato patrimoniale sia verso i ristoranti chiusi che i loro fornitori - si deteriora. «Inadempienza probabile» se va bene. «Insolvenza» se va peggio. La frittata è servita. Le banche devono accantonare perdite su crediti che dal 2011 al 2019 hanno falcidiato il loro conto economico per ben 195 miliardi. Tanto per darvi un'idea, in questi nove anni sommando gli utili delle banche si arriva a un risultato cumulato di -45 miliardi. La politica dei soldi facili per stimolare il credito è inefficace. Lo scriviamo da sempre. Chi ci governa lo sa meglio di ogni altro. In uno dei suoi ultimi discorsi da banchiere diceva: «La politica di bilancio deve giocare il suo ruolo stimolando l'economia quando questa è debole e non lasciando alla sola Bce questo compito. Nell'ultimo decennio l'aggiustamento macroeconomico è toccato in modo sproporzionato alla politica monetaria. Ma la politica fiscale è stata in certi casi pro-ciclica andando in direzione contraria allo stimolo monetario». Ne volete una riprova? Sempre l'Istat ieri ci dice che la pressione fiscale nel quarto trimestre del 2020 ha superato il 52%. Un incubo da cui si esce soltanto se tutti i pagamenti effettuati dalle imprese colpite dal lockdown ed effettuati negli ultimi quindici mesi sono rimborsati con un'anticipazione a tasso simbolico loro erogata dalle banche (con garanzia dello stato o direttamente da questo). E da ripagarsi in almeno 20 anni. Non serve un algoritmo complicato. Si prende l'estratto conto e si sommano i movimenti dare, si danno i soldi alle imprese e passa la paura.L'importo dello scostamento di bilancio prossimo venturo dice poco. Non servono soldi che vadano sui depositi. Ma che entrino in cassa alle nostre imprese. Altrimenti «la perdita di reddito a cui va incontro il settore privato - e l'indebitamento necessario per colmare il divario - dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione del debito privato». Lo scriveva Mario Draghi un anno fa. Se n'è scordato?
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