Ci risiamo. Dagli aerei fino ai treni per arrivare alle scuole e ai servizi sanitari, gli italiani che per oggi avevano programmato un routinario venerdì in attesa del meritato fine settimana dovranno vivere con il fiato sospeso. La speranza è di trovare una soluzione last minute per «sistemare» i figli costretti a disertare la scuola o per spostarsi da una parte all’altra della città in assenza di mezzi. Ovviamente: lavoro, visite mediche e «commissioni» varie diventa tutto sub iudice.
È la pseudo-normalità alla quale ci stanno costringendo i sindacati che hanno il cuore che batte a sinistra e che da un po’ di tempo oltre a prenotare quasi tutti i venerdì che intercettano sul calendario hanno iniziato a farsi la guerra per contarsi. E la conta, neanche a dirlo, non tiene minimamente in conto gli interessi dei cittadini.
Oggi tocca agli autonomi, Usb, Cobas ecc che da tempo avevano annunciato per l’intera giornata del 28 novembre uno sciopero generale di tutti i settori privati e pubblici. Motivo? C’è di tutto. Si «lotta contro la finanziaria di guerra del Governo Meloni», «contro i tagli e le politiche del riarmo», «per la fine dei rapporti con lo stato israeliano e del genocidio in Palestina», ma anche a favore «dei salari e delle pensioni». Recita così il comunicato dell’Unione sindacati di base che aggiunge pure gli appuntamenti in decine di piazze italiane da Roma (Piazza Montecitorio) a Genova (stazione di Brignole) e Milano (Porta Venezia) per arrivare fino ad Ancona, Bologna, Cagliari, Cuneo, Firenze, Imperia e chi più ne ha più ne metta.
C’è pure un «after» perché domani, sabato 29, è prevista una manifestazione nazionale a Porta San Paolo, sempre nella Capitale, per ribadire «il no al bellicismo e alle politiche di riarmo, la fine di ogni complicità con Israele e del genocidio in Palestina» e per ricordare «come l’Italia sia tra i principali fornitori di armi allo stato israeliano, mentre il genocidio continua».
Non potevano mancate le «special guest» che per il 29 sono Francesca Albanese (la relatrice speciale Onu per i territori palestinesi) e alcuni degli elementi di spicco tra gli attivisti della Global Sumud Flotilla, Greta Thumberg e Thiago Avila.
Un pot-pourri nel quale gli organizzatori hanno infilato di tutto pur di andare contro il governo delle odiate «destre». Insomma, nulla di nuovo.
Se non fosse che nella suquela di «deliri» e recriminazioni, gli autonomi ci infilano anche un paio di considerazioni di buon senso rivolte agli «nemici» ex «fratelli» della Cgil: «Avremmo voluto», evidenziano i Cobas, «che partecipasse anche la Cgil per ripetere la grande e assai unità produttiva del 3 ottobre scorso, ma i nostri appelli non sono stati ascoltati e la Cgil ha preferito scioperare da sola e fuori tempo massimo, il 12 dicembre quando l’iter della Legge di Bilancio sarà in conclusione». E questa volta tocca concordare con i comitati di base. Ma come? Si sciopera contro una legge di bilancio in fieri e nel menù della protesta ci sono anche temi sentitissimi da Landini & Compagni - dalla Palestina fino al riarmo - eppure il più grande sindacato di sinistra preferisce disertare gli inviti all’adesione pur di ritagliarsi uno spazio autonomo, sempre di venerdì ci mancherebbe, il 12 dicembre. A manovra già scritta e praticamente inemendabile.
Si sarebbero unite le forze - e visti gli insuccessi delle ultime proteste - avrebbe avuto anche un senso. E soprattutto si sarebbe evitato l’ennesimo venerdì di passione agli italiani. Invece niente. Evidentemente per Landini quel che conta e apparire. E smarcarsi da tanti ex «amici» che si sono spostati più a sinistra di lui.
«Da quando siamo nati», evidenziava in una recente intervista il portavoce della dei Cobas Piero Bernocchi, la Cgil ha fatto sistematicamente come se noi non esistessimo, nella migliore tradizione comunista, che di solito nega coloro che si trovano a sinistra. Difficile invertire all’improvviso questa tendenza. Forse servirebbe una forte pressione interna, che non mi pare di individuare». «A rimanere deluse», concludeva, «saranno soprattutto le centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza, che avevano creduto nello sciopero generale unitario dello scorso 3 ottobre». E a restare delusi, aggiungeremmo noi, ci sono anche i milioni di italiani che si ritroveranno davanti a un’altra coppia di scioperi ravvicinati e sempre di venerdì solo perché a sinistra non si accetta che ci sia qualcuno più a sinistra dell’altro. Per la serie: anche basta.






