2024-06-21
Le armi americane e le sparate sui social del figlio di Bibi scuotono Israele
Si alza la tensione tra Idf e Netanyahu sul futuro del conflitto. Ucciso un comandante Hamas che guidò l’attacco del 7 ottobre.«Questa faccenda di distruggere Hamas, di far sparire Hamas, è semplicemente gettare sabbia negli occhi del pubblico. Hamas è un’idea, Hamas è un partito. È radicato nel cuore della gente: chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas sbaglia». Come previsto le affermazioni del portavoce dell’Idf, il contrammiraglio Daniel Hagari, stanno facendo discutere e mostrano che tra l’esercito e il governo c’è molta tensione. L’ufficio di Benjamin Netanyahu ha risposto al portavoce dell’Idf: «Il gabinetto di sicurezza ha definito come uno degli obiettivi della guerra la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas e le forze di difesa israeliane sono ovviamente impegnate in questo senso». Successivamente, l’unità del portavoce dell’Idf ha rilasciato una dichiarazione nella quale si afferma che l’esercito era impegnato a raggiungere gli obiettivi di guerra dichiarati dal governo, inclusa la distruzione delle capacità amministrative e militari di Hamas, aggiungendo che Hagari aveva parlato nell’intervista a Channel 13 «di sradicare Hamas come ideologia e idea e qualsiasi affermazione contraria porta a delle osservazioni fuori contesto». Caso chiuso? Forse sì. Tuttavia nelle ultime settimane, e precisamente da quando Binyamin Gantz, ex generale dell’esercito, si è dimesso dal gabinetto di guerra, ci sono stati altri attriti tra l’esercito e Netanyahu. Ad esempio, l’annuncio «delle pause tattiche» nei combattimenti lungo una strada nel Sud di Gaza che Netanyahu ha criticato dicendo di non saperne nulla, mentre l’Idf ha affermato che la mossa «è in linea con le istruzioni del premier di aumentare la quantità di aiuti per entrare nella Striscia». In seguito il primo ministro durante una riunione del gabinetto di guerra ha affermato che «per raggiungere l’obiettivo di distruggere le capacità di Hamas ho dovuto prendere decisioni che non sempre sono state accettate dalla leadership militare». Altro motivo di tensione tra Netanyahu e l’Idf sono le continue sparate sui social network di Yair Netanyahu, figlio del premier, che dalla Florida, dove vive, dallo scoppio della guerra invece che tornare a difendere il suo Paese come fanno migliaia di suoi coetanei, attacca di continuo l’Idf, Mossad, Shin Bet e la magistratura. Ieri c’è stato l’incontro tra Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Ron Dremer, il ministro israeliano per gli Affari strategici, e il consigliere per la Sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. Questo è avvenuto dopo le tensioni causate dalle dichiarazioni di Netanyahu, che domenica scorsa in un video in lingua inglese ha definito «inconcepibile il blocco delle forniture di armi e munizioni a Israele da parte dell’amministrazione Usa negli ultimi mesi». Ma ieri ha gettato acqua sul fuoco: «Accetto gli attacchi personali, ma gli Stati Uniti mandino armi».A proposito di incontri, secondo l’agenzia di stampa saudita Elaph citata dal Times of Israel funzionari israeliani hanno tenuto una riunione segreta in Qatar all’inizio di questa settimana per cercare di colmare il divario tra la bozza di accordo sugli ostaggi e le richieste di modifica di Hamas. Stando a un funzionario vicino ai negoziati, «l’incontro si è concentrato principalmente sulla messa a punto degli aspetti tecnici del piano presentato il mese scorso da Joe Biden». Questo includeva il numero di ostaggi vivi che sarebbero stati rilasciati nella prima fase e la durata di tale fase. Il rapporto indica che il Qatar ha continuato a fare pressione su Hamas affinché accettasse l’accordo nella sua forma originale, dopo che il gruppo aveva risposto con una versione modificata contenente richieste ritenute «non realizzabili» dagli Stati Uniti e da Israele. A proposito degli ostaggi, ieri il Wall Street Journal ha scritto che i mediatori nei colloqui e un funzionario americano che conosce gli ultimi dati dell’intelligence statunitense hanno stimato che il numero degli ostaggi ancora vivi potrebbe essere di soli 50. La valutazione si basa in parte sull’intelligence israeliana e, se fosse vera, significherebbe che 66 degli ostaggi ancora a Gaza potrebbero essere morti: ben 25 in più rispetto ai 41 ostaggi che Israele ha pubblicamente riconosciuto come morti. Per la Verità questo dato purtroppo non è sorprendente, perché già nel febbraio scorso durante il nostro viaggio in Israele avevamo ricevuto questa informazione. La guerra intanto prosegue e ieri uno dei comandanti della squadra d’élite Nukhba di Hamas, Ahmed Hassan Salameh a-Swarkeh, che ha attaccato Israele il 7 ottobre, è stato ucciso in un raid aereo a Beit Hanoun, nel Nord di Gaza. Secondo l’Idf Salameh a-Swarkeh ha comandato i terroristi che fecero irruzione nelle città israeliane il 7 ottobre e successivamente ha orchestrato attacchi di cecchini contro le forze israeliane a Beit Hanoun. «Prima dell’attacco sono state prese misure per evitare danni ai civili e nessuno è stato ferito», ha affermato l’esercito in un comunicato. Stessa sorte è toccata ad Abbas Ibrahim Hamza Hamada, noto come Fadl Ibrahim, responsabile delle operazioni degli Hezbollah nell’area di Jouaiyya, una città vicino a Deir Kifa che è stato eliminato con un attacco aereo mirato. Infine, l’esercito americano ha colpito obiettivi nella zona dello Yemen controllata dagli Huthi. Le forze statunitensi hanno distrutto una stazione di controllo a terra e un nodo di comando e controllo, secondo quanto riferito dal comando centrale dell’esercito americano. Stesso destino per due barche senza pilota Huthi nel Mar Rosso.
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Charlie Kirk (Getty Images)