2021-07-18
Le analisi sul vero impatto dell’auto elettrica smontano le bugie sulle emissioni zero
Non conta solo la CO2, ma l'inquinamento complessivo legato al ciclo di vita dei veicoli. Bisogna costringere l'Europa a usare questo parametro per stabilire cos'è sostenibileSenatore responsabile dipartimento energia della LegaI veicoli elettrici, gli impianti fotovoltaici e i parchi eolici richiedono molti più minerali per la costruzione rispetto alle controparti basate sui combustibili fossili: rispetto a un'auto convenzionale una tipica auto elettrica richiede sei volte gli input minerali, rispetto a un impianto a gas uno fotovoltaico richiede sette volte più risorse minerali, un impianto eolico onshore nove volte di più e 15 volte di più l'eolico offshore. Questo lo si legge nel rapporto dell'Iea Il ruolo dei minerali critici nelle transizioni energetiche pulite.Il passaggio a quello che viene dipinto come un sistema energetico pulito determina un significativo fabbisogno di rame, litio, nichel, manganese, cobalto, grafite, zinco e terre rare. Inevitabile, dunque, che la transizione ecologica basata sull'elettrificazione spinta mediante rinnovabili cambi la geopolitica mondiale. Purtroppo la richiesta crescente di queste materie prime, monopolio cinese, sta già determinando lo spostamento del baricentro, un fenomeno che la Lega evidenzia da tempo. Ci aspetta un futuro in cui dal primato geopolitico dei petro Stati si passerà a quello degli elettro Stati, con la Cina che già oggi fornisce a livello mondiale il 70% delle batterie a ioni di litio, il 70% dei pannelli solari e quasi la metà delle turbine eoliche. In Europa dovremo realizzare gigafactory per produrre batterie, pannelli fotovoltaici, elettrolizzatori per l'idrogeno e accumulatori elettrochimici, ma comunque ci legheremo mani e piedi al gigante d'Oriente. Quello dei minerali non è però il solo lato oscuro della corsa alla decarbonizzazione. Il Vecchio continente è responsabile del solo 9% di emissioni di CO2 globali e l'accelerazione di Bruxelles per puntare alla neutralità climatica al 2050 rischia di aumentare le già forti asimmetrie del mondo globalizzato. Portare avanti a tappe forzate il Green deal senza che le altre potenze economiche facciano lo stesso espone l'Europa a un forte rischio di catastrofe economica, senza che l'ambiente ne benefici in alcun modo perché il nostro sforzo verrà vanificato. Per Pechino, primo produttore di CO2 con quasi il 30% a livello planetario, che ha «promesso» di raggiungere la neutralità climatica al 2060, oggi la priorità non è decarbonizzare ma costruire centrali a carbone per produrre energia elettrica a basso costo. E l'energia è un importante fattore di produzione.Ecco perché l'Europa deve essere prudente nel fare la prima della classe. Le policy troppo spinte e già assunte verso la decarbonizzazione stanno determinando forti aumenti di prezzo delle quote di CO2, che hanno portato al recente tremendo aumento delle bollette in Italia: +10% della luce e +15% del gas (contenuti grazie al governo che ha stanziato 1,2 miliardi). La corsa al rialzo dei prezzi dell'energia non si fermerà e questo metterà ulteriormente in ginocchio le nostre imprese già fiaccate dall'emergenza Covid, mentre ai cinesi interessa produrre a bassi costi e acquistare sempre più quote di mercato. Potrebbe non bastare come contromisura l'introduzione a livello europeo del Cbam, una sorta di tassa da applicare all'import di merci realizzate in modo inquinante anche per evitare il fenomeno del «carbon leakage»: la delocalizzazione delle attività produttive più inquinanti in Paesi terzi che non si sono posti obiettivi concreti di riduzione della CO2. Senza contare che il percorso di introduzione del Cbam è pieno di insidie visto che il meccanismo non solo registra l'ovvia contrarietà della Cina, ma potrebbe essere annacquato perché in contrasto con le regole del commercio internazionale (Wto).L'Europa, che di fronte a questi enormi rischi dovrebbe dunque puntare a una transizione ecologica graduale, è pervasa da un'ideologia politica ambientalista che sta prendendo sempre più piede, come dimostrato dalla recente proposta della Commissione Ue con il pacchetto Fit for 55. L'estensione dell'Ets ad altri settori porterà ulteriori rincari per tutti, mentre la previsione della messa al bando dal 2035 delle auto a combustione interna è inaccettabile. Abbandonare auto a benzina, a gasolio, a gpl, a metano, anche ibride, in favore solo di quelle elettriche, molto costose, significa fermare gli investimenti in ricerca e sviluppo, uccidere la nostra filiera automotive e soprattutto quella della raffinazione che si sta riconvertendo ai carburanti low carbon. Sul punto è opportuno sfatare il mito delle auto a spina a emissione zero e occorre imporre il Lca (life cycle assessment), cioè la valutazione del ciclo di vita e degli impatti emissivi del processo che porta a produzione, esercizio, manutenzione e smantellamento di un prodotto. Si scoprirebbe allora che anche un'auto elettrica inquina eccome, e non solo perché è alimentata da energia elettrica prodotta in gran parte da fonti fossili.Il governo agisca in sede europea per arginare questi diktat. La decarbonizzazione deve essere portata avanti con pragmatismo, guardando non solo alla sostenibilità ambientale ma anche a quella economica e sociale delle scelte, applicando il principio della neutralità tecnologica, sapendo che non è possibile elettrificare tutto, a partire dai settori economici energivori, hard to abate, come siderurgia, cemento, vetro, carta o ceramica, per i quali nella lunga attesa dell'idrogeno a costi competitivi il gas naturale sarà strategico almeno fino al 2050.
(Ansa)
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