2020-11-30
Un’altra
task force per tenersi il potere
Siccome a perdere tempo non sono bastati la commissione Colao, gli Stati generali e neppure una cabina di regia guidata dal ministro Enzo Amendola, Giuseppe Conte pretende un'altra task force, questa volta composta da 300 persone. Sì, sono 300, non si sa se giovani e forti, ma di certo non sono destinati ad andare incontro alla morte come gli eroi di Carlo Pisacane. Semmai, l'unico pericolo che corrono è di fare flop, ma siamo certi che si tratta di un rischio calcolato e soprattutto ben remunerato. Già, perché i pretoriani di cui il premier ha intenzione di circondarsi nei prossimi mesi, quando si tratterà di discutere dei progetti da finanziare con il Recovery fund, sono la nuova guardia presidenziale, con cui il capo del governo vuole difendersi dagli agguati della sua stessa maggioranza. Da quando sono iniziate a circolare le voci di un rimpasto, ossia dell'odiata pratica ereditata dai tempi della prima Repubblica con cui si facevano a fette gli avversari, condizionando le leadership, l'avvocato del popolo ha approntato una strategia difensiva che prevede di fare ciò che il presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, subentrato dopo la morte di Jole Santelli, ha definito «annacare il pecoro». Come ha spiegato il Corriere della Sera, in siciliano «annacare» è più o meno l'equivalente del napoletano «facimm'ammuina». Ossia, agitiamoci senza fare niente, spostandoci da poppa a prora senza alcuna utilità se non di mostrare che si sta facendo qualche cosa e non si sta con le mani in mano ad assistere alla situazione. Ecco, sono almeno sette mesi che Conte fa finta di fare qualche cosa. Ad aprile annunciò l'arrivo di centinaia di miliardi a sostegno dell'economia costretta a fermarsi a causa del Covid. E per dare maggiore sostanza alle sue parole si circondò di esperti che avrebbero dovuto sostenere lui e il governo nella manovra di rilancio del Paese. Come sia andata a finire l'ammuina di Giuseppi è noto. A distanza di mesi, molti lavoratori continuano a non avere ricevuto alcun aiuto e numerose aziende boccheggiano a causa della mancanza di liquidità. Invece di provvedere con una robusta iniezione di quattrini, unico modo in grado di curare un'impresa in difficoltà, il sovrano di Volturara Appula intende circondarsi di un'altra corte di consulenti. Non bastano quelle istituite durante il primo periodo del lockdown (all'epoca contammo una folla di 450 presunti esperti riuniti in varie commissioni). Il presidente del Consiglio vuole aggiungere altri tecnici, i quali dovrebbero consentirgli di mantenere il potere senza arretrare nemmeno di un millimetro. Oltre all'ammuina di cui dicevamo, il premier punta a distribuire un po' di incarichi, così da soddisfare gli appetiti della maggioranza che, più passa il tempo e più si accorcia la legislatura, è posseduta da una voracità che non lascia indenne alcun posto della pubblica amministrazione. Conte sa bene che i giallorossi non vedono l'ora di costringerlo a un passo indietro, ormai stanchi di vedere concentrato nelle sue mani tutto il potere. Dunque, nella speranza di rimanere al proprio posto, il premier moltiplica i numeri delle task force, inventando funzioni e ruoli che dovrebbero essere ricoperti dai funzionari dei diversi ministeri, a cominciare da quelli dell'Economia. A che servono infatti 300 presunti esperti quando in via XX settembre, quartier generale di Roberto Gualtieri, se ne contano alcune migliaia? La risposta appare chiara a chiunque conosca i meccanismi del potere. Per non perdere il controllo della situazione e non lasciare che altri lo acquisiscano, il presidente del Consiglio vuole costituire una sua cabina di regia. Come qualsiasi leader timoroso di essere defenestrato, Conte cerca di tenere tutto nelle proprie mani, nella speranza di non essere costretto a cedere le redini. Certo, in un momento in cui sarebbe necessaria la massima condivisione delle scelte, non è tranquillizzante sapere che un manipolo di presunti esperti difenderà non solo la poltrona del presidente per caso che guida l'Italia, ma gestirà gli investimenti per il rilancio del Paese. Che ci siano oppure no i fondi dell'Europa, è evidente che nei prossimi mesi il governo maneggerà molti quattrini e sapere ogni spesa affidata alle mani di una guardia pretoriana non è né garanzia di trasparenza né di efficienza. Abbiamo già visto che cosa è accaduto in questi mesi di emergenza con la gestione concentrata attorno alla figura di Domenico Arcuri, vorremmo evitare di assistere ad altri episodi tipo quelli delle mascherine o dei banchi a rotelle. Di danni ne abbiamo già visti abbastanza. Un'epidemia di Covid è sufficiente, non abbiano bisogno di un'altra di epidemia di consulenti.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)