
Il ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani: «Il dossier Veneto è nelle mani del premier da inizio ottobre. Cinque dicasteri grillini han chiesto tempo per valutare. Ma non ci sarà alcuno stop, la vogliono pure altre Regioni».A che punto siamo con l'autonomia regionale? Per ora non pervenuta. Eppure è uno dei punti scritti nero su bianco nel contratto di governo, ammesso che sia ancora valido, tra Lega e 5 stelle. Abbiamo chiesto lumi al ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani.Appena nominata ha dichiarato che se si affossa l'autonomia, salta il governo. Conferma?«La nostra alleanza si basa su un contratto di governo, rispettarlo è un dovere prima di tutto nei confronti dei cittadini che credono in noi. L'autonomia è tra i punti, quindi sono certa che si farà».Però qualche problema c'è… Aveva promesso in un'intervista con La Verità che il 22 ottobre, anniversario del referendum, sarebbe arrivata l'autonomia. Siamo all'8 di novembre e ancora non è successo nulla.«Le assicuro che non c'è alcun problema. Avevo garantito che ci sarebbe stata la bozza dell'intesa con il Veneto. C'è, è nelle mani del premier Giuseppe Conte dall'inizio di ottobre».Sì ma i ritardi a cosa si devono?«Il punto è che alcuni ministeri hanno chiesto più tempo per una valutazione più approfondita sulle materie di propria competenza richieste dalle Regioni».Quali sono i ministeri?«Sono i ministeri della Sanità, Infrastrutture, Mise e Lavoro, Ambiente e Giustizia».Sarà anche un caso ma sono tutti guidati da pentastellati. Non teme che il Movimento si metta di traverso? Non ha mai appoggiato troppo l'autonomia anche se è nel contratto…«No, non temo nulla. Milioni di cittadini di Lombardia e Veneto hanno espresso la volontà di ottenere maggiore autonomia e molte altre regioni nel rispetto della Costituzione hanno presentato legittima richiesta di gestione di competenze. Stiamo parlando di processi importanti che modificano la gestione della cosa pubblica, ma sono assolutamente legittimi e ribadisco di rango costituzionale». Il Veneto ha chiesto il massimo possibile previsto dalla Costituzione: 23 materie. Saranno concesse tutte? Risulta che anche qui i grillini non siano troppo d'accordo…«La Costituzione individua le materie che possono essere richieste e non pone limiti numerici. È quindi nel diritto delle regioni richiedere quelle competenze che ritengono di saper gestire meglio dello Stato centrale. Possono chiederne una o tutte, non l'ha deciso la Lega, lo consente chiaramente la Costituzione». Oltre al Veneto ci sono anche Lombardia ed Emilia Romagna che hanno deciso per l'autonomia… Come è messo il loro percorso? Quante competenze hanno chiesto?«Sì, l'Emilia Romagna non ha indetto alcun referendum e ha scelto di intraprendere un percorso diverso. Con la Lombardia siamo alle battute finali. Con l'Emilia ci sono in corso i tavoli tecnici trilaterali sulle competenze richieste. La Lombardia ha chiesto 23 materie, l'Emilia Romagna 15».Ci saranno leggi diverse da Regione a Regione?«L'iter, lo strumento normativo sarà il medesimo per tutte le Regioni ma è chiaro che le intese in quanto tali si stipulano tra due parti, lo Stato e la Regione. E le Regioni hanno avanzato tutte diverse richieste, quindi le intese e il vestito normativo che sarà votato dal Parlamento sarà singolo per ogni Regione».Ci sono anche altre Regioni che si sono mosse?«Certo! Ufficialmente dal mio insediamento oltre alle regioni già citate si sono aggiunte la Liguria, il Piemonte, la Toscana, l'Umbria e le Marche». Mi spieghi ancora una volta il meccanismo, sia paziente: cosa succede quando una materia passa di competenza dallo Stato alla Regione?«Una materia può avere svariate declinazioni. Esempio: una Regione può richiedere dell'istruzione la gestione dei plessi scolastici e non la gestione del corpo docenti. Una risposta univoca non c'è quando si tratta di autonomia. Stiamo parlando di un percorso completamente nuovo, un modo inedito di interpretare il rapporto tra lo Stato e le Regioni. L'intesa una volta firmata, sarà sottoposta al Parlamento per l'approvazione a maggioranza assoluta».Che significa che è l'autonomia è a saldo zero?«La legge che attribuirà le competenze alle Regioni non prevede alcun aggravio sulla finanza pubblica: tutto sarà declinato in base al costo storico dello Stato regionalizzato per le materie trasferite».Cioè, traducendo?«Il saldo totale resterà invariato: quando passa la competenza di una materia passano anche le risorse necessarie per farla funzionare».Ma se i soldi sono gli stessi, siamo certi che un governatore regionale faccia funzionare meglio i servizi rispetto al governo centrale?«Più che altro ai governatori conviene visto che non ci sarà più l'attenuante “è competenza di Roma, succede a Roma, decidono a Roma". I cittadini sapranno perfettamente a chi rivolgersi in caso di malfunzionamento o mala gestione di un servizio il che ovviamente ha un riverbero elettorale. In ogni caso c'è sempre l'articolo 120 della Costituzione».Ovvero?«Il governo può commissariare le Regioni se queste non garantiscono i livelli essenziali delle prestazioni che riguardano diritti civili e locali».Secondo lei, con l'autonomia non si rischia di favorire le Regioni più ricche?«Anzi… si innescherà un sistema virtuoso di responsabilizzazione delle Regioni. Il meccanismo finanziario di partenza è il costo storico. Quindi la regione che ha richiesto l'autonomia riceverà dalla Stato quanto oggi spende per quelle date competenze. Contestualmente parte, ed è inserito in legge di Bilancio, il processo di determinazione dei costi standard per tutte le Regioni, non soltanto per quelle che hanno chiesto l'autonomia. Un vantaggio per tutti, un grande risparmio, una vera rivoluzione a Costituzione invariata».E le Regioni a statuto speciale, avranno ancora un senso? Non sarebbe meglio parlare di Regioni autonome e basta?«Le Regioni a statuto speciale sono garantite dalla Costituzione. La loro nascita, il loro status è dovuto a particolari condizioni storiche o conformazioni geografiche».Facciamo un esempio: se la Liguria avesse l'autonomia sarebbe più semplice ricostruire il Ponte Morandi?«Quella del Ponte Morandi è una tragedia che non sarebbe mai dovuta accadere. Non penso che sia un esempio calzante e non mi piace parlare ipoteticamente di chi potrebbe ricostruire meglio o peggio, o ancora contrapporre le istituzioni nelle tragedie. Ci sono famiglie distrutte. Questo governo farà la sua parte».Condivide il braccio di ferro del governo con l'Unione europea?«Con l'Unione europea il governo ha aperto un franco confronto. Abbiamo scelto di difendere e continueremo a farlo gli interessi dei cittadini italiani. Questa scelta di campo è spesso male interpretata da chi non accetta che questo paese abbia alzato la testa. Noi non arretriamo».Come vede lo strano patto tra Lega e M5S? Il governo reggerà cinque anni?«Io ci credo anche perché voglio veder compiuta l'autonomia e non solo al Nord».Un'ultima cosa ministro: ci dà una data per il via libera all'autonomia? Ma questa volta da rispettare… «Vi ho già detto che io sono pronta. La bozza d'intesa con il Veneto è già nelle mani del presidente Conte dall'inizio di ottobre».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.






