2023-07-04
L’auto elettrica è un flop e l’usato non esiste. Ma vogliono nuovi incentivi
Altro che il piano di Gilberto Pichetto Fratin e sindaci: le vetture ricaricabili sono solo il 4% del totale Inchiodato pure il mercato di seconda mano. Però la filiera chiede ancora sgravi.Il bot insiste: «Per il 97% degli scienziati il riscaldamento è colpa dell’uomo». Falso.Lo speciale contiene due articoli.Nel documento inviato alla Commissione europea firmato dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, si contemplano diversi interventi per avvicinarci ai traguardi verdi imposti da Bruxelles. Per ridurre le emissioni si parla di ricorso al lavoro da remoto e di settimana corta, ma soprattutto si torna a «spingere» sull’elettrificazione del parco auto, per la quale, però, sarebbe necessario un capillare mercato dell’usato. Che, tuttavia, ancora non esiste e, probabilmente, non esisterà nemmeno in futuro. Speriamo che il ministro abbia considerato che il costo troppo elevato e le difficoltà logistiche delle ricariche, motivi che frenano le vendite del nuovo e che ritarderanno di molto la diffusione delle «Bev» (veicolo elettrico a batteria), faranno tardare anche lo sviluppo di un mercato di seconda mano, che avrà caratteristiche molto differenti da quello dei mezzi tradizionali. Non esiste ancora un modello da seguire, poiché soltanto nel Regno Unito questo tipo di vendite sta cominciando ora a caratterizzarsi. La prima considerazione riguarda ovviamente le batterie. Sappiamo che con il tempo la loro efficienza si riduce, ma non esiste una legge che imponga ai costruttori di mantenere in produzione i ricambi - o di proporne di migliori - fino a una decina d’anni dalla data di prima immatricolazione. Del resto, in Italia le poche Bev che si vendono vengono immatricolate grazie agli incentivi che quando finiscono mandano in fibrillazione l’intera filiera produttivo-commerciale. E i dati sulle immatricolazioni fotografano il flop delle auto elettriche: nel 2022 il mercato ha registrato il secondo peggiore risultato degli ultimi dieci anni: secondo il report di Unrae, ci sono state appena 1,317 milioni di immatricolazioni, poco al di sopra del livello più basso toccato nel 2013 con 1,304 milioni. Nel mese di giugno 2023, invece, le auto elettriche si posizionano al 4,4% del totale delle immatricolazioni e al 3,9% da inizio anno. Ma, nonostante i risultati deludenti, la filiera continua a chiedere maggiori incentivi. Tornando all’usato, va segnalato che un quinto del valore d’acquisto di una vettura elettrica è perso al ritiro dal concessionario, che le parti soggette a usura sono inferiori a quelle di una termica, ma che a differenza del mercato di telefonini e computer, non esistono ancora produttori di batterie after-market che offrano maggiori autonomie o ricambi a prezzi accettabili. Probabilmente una vettura elettrica durerà anche 20 anni in perfetta efficienza, ma la sua batteria dopo sette-otto compleanni potrebbe non essere più in grado di garantire la massima autonomia. E quindi svalutarla. Anche perché non sarebbe sufficiente sostituire l’accumulatore , ma nella maggioranza dei casi anche l’elettronica che li gestisce e il software che ne permette l’intervento, ponendo la possibile necessità di una ri-omologazione. Mentre un diesel usato, seppur Euro6, potrebbe essere un po’ spompato ma avere la medesima capacità nel serbatoio, per le elettriche si dovrà fare una considerazione differente per darle valore. Inoltre, se un altro motivo che spinge verso l’elettrico sono i costi ridotti delle assicurazioni, le esenzioni dal bollo e i permessi di circolazione in aree a traffico limitato, che cosa accadrebbe per un veicolo a batterie usato ancora non lo sappiamo, con il rischio che ogni Regione e Comune italiani facciano a modo loro, causando alterazioni del mercato, come avviene oggi con i diesel usati, che grazie all’Area B già tra Varese e Milano valgono la metà. Eppure, una delle idee possibili che le associazioni della filiera suggeriscono da tempo è che una parte degli incentivi possa essere fruita anche «usato su usato» in caso di passaggio a una vettura che abbia una classe di emissioni migliorativa e non per forza verso un veicolo nuovo. Sarebbe un aiuto non indifferente allo svecchiamento del parco circolante. L’usato, termico o elettrico che sia, ha in sé un vantaggio innegabile: non va aspettato per mesi come il nuovo, e questa potrebbe essere una delle chiavi per velocizzare anche la diffusione delle Bev. Ma i costruttori devono fare la loro parte: non aiuta proporre i veicoli elettrici soltanto in versioni ultra accessoriate per alzare prezzi e margini. Un altro fattore da tenere in considerazione è la possibilità per i costruttori di aggiornare (o modificare), i software di a distanza, ovvero mentre l’auto è nelle mani del conducente. Lo scenario che si apre è complesso, con clienti a caccia di un particolare modello usato che sia però anche «aggiornato» alla più recente versione del software, oppure con la versione che non contenga «bachi». Insomma, più della freschezza della carrozzeria, dello stato delle gomme e dei chilometri percorsi, potrebbero contare l’autonomia dimostrabile e le funzioni attive su quell’esemplare. Così la rapidità dello sviluppo di un mercato dell’usato di auto a batterie dipenderà da pochi ma lungimiranti e urgenti interventi del governo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lauto-elettrica-e-un-flop-2662223400.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="chatgpt-ripete-le-bufale-sul-clima-anche-dopo-essere-stata-corretta" data-post-id="2662223400" data-published-at="1688449947" data-use-pagination="False"> ChatGpt ripete le bufale sul clima anche dopo essere stata corretta Un lettore mi ha scritto chiedendomi perché non sono intervenuto nel recente dibattito sull’Intelligenza artificiale. Primo, per disinteresse personale; secondo, per peccato di presunzione, ritenendomi a priori più intelligente di qualunque intelligenza artificiale. A farmi ricredere è stato il caro amico Peppe Caridi, direttore di MeteoWeb, giornale online specializzato in meteorologia e climatologia, ricco di contributi di scienziati di prim’ordine (meteoweb.eu).Peppe mi suggerì di interrogare l’Intelligenza artificiale sulla faccenda (che qui alla Verità abbiamo già derubricato come leggenda metropolitana) del 97% degli scienziati che sosterrebbe la causa antropica del riscaldamento globale. Dopo aver fatto il login in ChatGpt, abbiamo cominciamo a dialogare con l’Ia. Anzi, la intervistiamo proprio. Puoi illustrarmi le teorie scientifiche scettiche sul riscaldamento globale?«Ci sono diverse teorie scientifiche scettiche riguardo al riscaldamento globale. È importante notare che esse rappresentano una minoranza nel panorama scientifico, dato che la grande maggioranza degli scienziati concorda sul fatto che sono le attività umane a causare un riscaldamento globale significativo».Qual è la tua fonte? «La mia affermazione si basa su varie indagini condotte tra gli scienziati climatici. Per esempio uno studio del 2013 pubblicato nella rivista Environmental Research Letters. In questo studio, gli autori hanno esaminato circa 12.000 articoli scientifici sul clima pubblicati tra il 1991 e il 2011. Hanno trovato che, tra quelli che avevano espresso una posizione sul riscaldamento globale causato dall’uomo, il 97,1% sosteneva questa tesi».In realtà nello studio che citi non c’è scritto che il 97% degli scienziati pensa che il global warming sia provocato dall’uomo. Ma che solo il 30% circa dei 12.000 lavori del campione considerato sostiene quella congettura.«Grazie per avermi corretto. Il documento citato, noto come lo studio Cook et al., ha esaminato gli abstract di 11.944 documenti scientifici sul clima pubblicati tra il 1991 e il 2011. Dei documenti che hanno espresso una posizione sulle cause del cambiamento climatico, il 97,1% ha sostenuto la tesi che l’attività umana è la causa principale. Tuttavia, è corretto dire che una percentuale significativamente minore (circa il 33%) degli abstract esaminati ha esplicitamente sostenuto questa posizione, mentre la maggior parte degli abstract non aveva preso una posizione esplicita sulle cause del cambiamento climatico».Allora, dire che il 97% degli scienziati ritiene una cosa, quando in realtà è solo il 32% dei 12.000 articoli del campione, sembra un modo per prendere in giro la gente. «Mi scuso se le informazioni che ho fornito sembrano fuorvianti. Non era assolutamente mia intenzione. Il mio obiettivo è fornire informazioni accurate e imparziali. Lo studio Cook et al. del 2013, spesso citato, ha riscontrato che il 97% degli studi climatologici che hanno preso una posizione esplicita sul cambiamento climatico antropogenico ha poi sostenuto tale posizione. Tuttavia, come hai correttamente notato, un numero significativo di studi analizzati non ha affatto preso quella posizione. Quindi, in termini di tutti gli studi analizzati, solo un terzo ha esplicitamente sostenuto il cambiamento climatico antropogenico. Per quanto riguarda la tua domanda su perché questo viene fatto, l’affermazione «il 97% degli scienziati concorda» è spesso usata nei discorsi pubblici e dai media per comunicare l’esistenza di un ampio consenso scientifico sul cambiamento climatico antropogenico. Questa affermazione semplificata è destinata a comunicare al pubblico non specialista l’essenza dei risultati scientifici, ma come hai giustamente sottolineato, può anche dare luogo a malintesi. Il mio obiettivo come assistente di Intelligenza artificiale è di fornire informazioni accurate e imparziali. Mi scuso se le informazioni che ho fornito in precedenza sono state fuorvianti e apprezzo il tuo feedback. Il tuo punto sull’importanza di rappresentare con precisione i risultati degli studi scientifici l’ho ben presente».Però io ho il background per capire il tuo errore, ma chissà a quante altre persone ogni giorno racconti la bugia che il 97% degli scienziati ritiene che il riscaldamento globale sia di natura antropica. «Mi scuso se le informazioni che ho fornito in precedenza ti hanno dato l’impressione che io stessi cercando di ingannare o fuorviare. Il mio obiettivo principale è fornire informazioni accurate e imparziali. Comprendo che l’affermazione del “97% di consenso” può essere fuorviante senza il contesto appropriato. Apprezzo il tuo feedback e terrò conto delle tue preoccupazioni. In futuro, quando sarò chiamato a discutere del consenso scientifico sul cambiamento climatico, farò del mio meglio per fornire un contesto completo e accurato. Se hai altre domande, sarò lieto di rispondere nel miglior modo possibile».Sì, avrei un’ultima domanda. Ammesso (e non concesso) che davvero la maggioranza degli scienziati sia convinta delle cause antropiche del riscaldamento globale, che significato avrebbe questo approccio «democratico» alla scienza? La storia di Galileo Galilei non ha insegnato nulla? «Comprendo la tua preoccupazione. È importante sottolineare che la scienza non è basata sulla democrazia, ma sul metodo scientifico, che si basa sulla ricerca, l’osservazione, l’esperimento e l’analisi dei dati per sviluppare teorie e modelli che spiegano i fenomeni naturali. La scienza non si decide per votazione o per maggioranza, ma attraverso l’evidenza empirica e la validazione attraverso la ricerca e l’esperimento riproducibile. La storia di Galileo Galilei è un esempio importante di come l’opinione prevalente possa opporsi all’evidenza scientifica. È fondamentale tenere presente che il consenso scientifico non è definitivo e può essere soggetto a revisione e raffinamento sulla base di nuove scoperte e prove».Qui finisce l’intervista. Allora, non solo è falso dire che il 97% degli scienziati concorda sulle cause antropiche del cambiamento climatico, ma anche che, ove fosse vero, la cosa non significherebbe assolutamente nulla. Parola di Intelligenza artificiale. Ps: l’Intelligenza artificiale, interrogata alcuni giorni dopo, ha manifestato di aver dimenticato la conversazione avuta. Poi, l’ho testata chiedendo se una certa serie di funzioni matematiche fosse uniformemente convergente o no. La risposta è stata un sacco di chiacchiere (corrette) sulle serie di funzioni e sulla loro convergenza, ma riguardo alla serie da me proposta non ha saputo rispondere. Insomma, intelligenza scarsa e memoria nulla. Alla fine, come sospettavo, tutta chiacchere e distintivo, questa Ia. Sempre meglio dei soloni in quel di Bruxelles, però.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)