2024-02-26
Laurent Ozon: «Rimandare a casa i migranti? Si può»
Nel riquadro, Laurent Ozon (Ansa)
Parla il politologo, papà del concetto di «remigrazione» che genera un infuocato dibattito in Germania :«La studio da 10 anni, è fattibile cooperando con le élite del Nordafrica. Afd ci lavora con gente preparata».Qualche settimana fa, in Germania si è assistito a un caso Vannacci, ma ancor più deflagrante: in cima alle classifiche di vendita di Amazon c’era infatti un libro «proibito» sulla remigrazione, cioè sull’inversione dei flussi migratori. E questo negli stessi giorni in cui si discuteva se mettere fuorilegge Alternative für Deutschland dopo aver saputo che aveva tenuto delle riunioni sullo stesso tema. Ma cos’è la remigrazione? È realmente possibile? Lo abbiamo chiesto al francese Laurent Ozon, uno dei pionieri su questo argomento, nonché principale volgarizzatore del termine.Dieci anni fa, lei ha lanciato un Mouvement pour la Remigration. Possiamo considerarla il creatore del concetto di «remigrazione»? Come è andata poi col suo movimento?«Il creatore no, visto che la parola stessa è un anglicismo usato per la prima volta nella seconda metà del XVII secolo. Diciamo che sono quello che senza dubbio ha contribuito di più a renderla un’idea choc efficace. Il mio obiettivo era quello di rendere la prospettiva dell’inversione dei flussi migratori non solo accettabile, ma auspicabile. Abbiamo ritenuto di dover preparare l’opinione pubblica alla prospettiva di una politica di remigrazione presentando un approccio anticonformista, positivo, realistico ed empatico alla questione. Dovevamo allontanarci dal comportamento grottesco e controproducente di chi è evidentemente abbastanza sensibile da apprezzare il tema, ma non abbastanza strutturato per affrontarlo razionalmente. Accanto alle argomentazioni e alle attività di “marketing” di questa organizzazione orientata al “grande pubblico”, il nostro lavoro è stato para-diplomatico. Tramite l’istituto Maison Commune, abbiamo rintracciato le élite politiche dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sensibili a questo tema e disposte a impegnarsi nel dibattito. Abbiamo organizzato incontri pubblici e riservati con personalità politiche in Marocco, Tunisia e Algeria per discutere della questione. Si trattava ovviamente di una scommessa sul futuro. Sappiamo che questi Paesi stanno affrontando, e continueranno ad affrontare, un’ondata di immigrazione dall’Africa subsahariana. Eravamo sicuri che avremmo trovato persone con un senso dello Stato con cui lavorare. Le abbiamo trovate e alcune di loro hanno fatto molta strada... Abbiamo contribuito un po’ a far progredire la questione della remigrazione in Europa occidentale, in Tunisia e in Marocco, credo. Anche se va detto che questo concetto è stato caricaturizzato».Perché, secondo lei, bisogna parlare di remigrazione e non più solo di lotta all’immigrazione clandestina?«Chiunque sia emigrato può emigrare di nuovo. Non capisco perché la migrazione dovrebbe essere buona e auspicabile solo quando costringe le persone a lasciare i loro Paesi per alimentare mafie di trafficanti e contrabbandieri le cui attività sono notoriamente legate (secondo Frontex) al traffico di droga e alla tratta di esseri umani. E perché, invece, la migrazione dovrebbe diventare un male quando consiste in una politica saggia e legale di ritorno organizzato e concertato che contribuisce alla cooperazione e alla pace? La migrazione non è una tettonica, è una politica. I media e alcuni organismi influenti continuano a isterilire il dibattito per impedirci di affrontarlo, al servizio di potenti interessi finanziari e geopolitici. Ma la misura è colma. Per rispondere più direttamente alla sua domanda, la realtà è che l’immigrazione clandestina non esiste più in Europa. I vincoli imposti dall’oligarchia occidentale attraverso il lavoro delle istituzioni nazionali ed europee fanno sì che l’Europa sia uno spazio aperto. La stessa politica viene attualmente applicata negli Stati Uniti dall’amministrazione Biden. È una politica deliberata. Chi persegue questa politica è quindi un inimicus, non un alleato o un partner, e lo è in diversi ambiti».Il libro di Martin Sellner, Remigration: Ein Vorschlag, è stato per diversi giorni in cima alla classifica di Amazon in Germania. Come spiega questo successo?«Un libro chiaro su un argomento vitale per un popolo in ansia, la cui cultura, coesione e prospettive future si stanno sgretolando? Il suo successo è naturale. Il primo in Germania è stato Thilo Sarrazin, economista socialdemocratico tedesco, il cui libro Deutschland schafft sich ab (La Germania sta scomparendo) ha avuto anch’esso un enorme successo. Perché questo successo? Innanzitutto perché Sellner, riprendendo l’essenza del nostro argomento, dimostra che la remigrazione è possibile, politicamente giustificata, moralmente giustificabile e praticamente realizzabile. I tedeschi vogliono capire la ristrutturazione demografica che stanno subendo e vogliono che si fermi. Sellner ha capito che questo tema ipersensibile ma vitale deve essere affrontato con calma, razionalità, realismo ed empatia».Quando è uscita la notizia secondo cui alcuni membri dell’Afd avrebbero tenuto riunioni sulla remigrazione, la stampa tedesca ha evocato la conferenza di Wansee, in cui fu programmato l’Olocausto. Cosa pensa di questo paragone?«Bisogna essere degli ingenui o degli idioti per continuare a lasciarsi terrorizzare da questo genere di anatema ridicolo. Un partito politico che non prenda seriamente in considerazione una politica alternativa sulla questione migratoria è incoerente. Questo può essere fatto solo consultando gli attori economici, giuridici e sociali. Dobbiamo lavorare per fare progressi su questi temi. È quello che sta facendo l’Afd, e lo sta facendo con persone competenti. Tutti i partiti che vengono eletti pretendendo di dare risposte a questa sfida vitale dovrebbero fare lo stesso e sostenere questo approccio. Altrimenti, si ritroveranno con politici alla guida del Paese che sono chiassosi, ma incapaci di attuare ciò che i loro elettori si aspettano. Credo che in Italia ne sappiate qualcosa. Possiamo affrontare la questione della migrazione e le sue conseguenze solo se lavoriamo seriamente. Dal punto di vista politico, la prima domanda da porsi è: “Ho i mezzi per condurre una politica che sia nell’interesse del mio popolo?”. Ogni azione politica si basa innanzitutto sulla questione delle risorse e quindi della sovranità. Un Paese che non ha un grado sufficiente di sovranità sulla sicurezza, l’energia, il cibo, la salute e il denaro può solo galleggiare come una zattera alla deriva sulle correnti che lo trasportano. Senza un grado minimo di sovranità, i politici saranno costretti a continuare a perdere tempo prezioso pretendendo di poter fare a livello di una federazione europea di 450 milioni di persone e 28 Paesi quello che non riescono a fare a casa loro. Esistono ovviamente approcci europei e mediterranei a questi temi, ma devono essere un’estensione dell’azione dei governi nazionali».Uno degli aspetti controversi della remigrazione riguarda il carattere «installato» dell’immigrazione in Europa. Possiamo veramente immaginare di mandare fuori dall’Europa, in forme legali e non violente, giovani immigrati di terza generazione, nati e cresciuti qui?«I coloni francesi in Algeria, che hanno vissuto lì per circa 7 generazioni, possono testimoniare che ciò è perfettamente possibile. Quindi sì, possiamo immaginarlo. Ma gli europei dell’inizio del XXI secolo non sono gli algerini guidati dalle élite nazionaliste rivoluzionarie, giovani e brutali dell’Fln del 1962. Una popolazione istruita e anziana è alla ricerca di soluzioni ragionevoli. Non ci sarà una politica di remigrazione semplicistica e generalizzata, ma politiche personalizzate per ogni Paese di origine. Ci saranno leggi sulla doppia nazionalità, sui condannati, sugli incentivi allo sviluppo e alla ricollocazione accompagnata, sui partenariati strategici volti a fare del mare nostrum un’area di scambio e cooperazione che rispetti i nostri interessi reciproci. Anche se non dobbiamo essere angelici e credere che tutto questo avverrà in allegria e buon umore: dobbiamo aspettarci forti tensioni. Non bisogna perdere di vista il fatto che la demografia dei Paesi del Maghreb e della Turchia, e la loro posizione geografica, fanno sì che nei prossimi anni si troveranno ad affrontare problemi migratori catastrofici. Si tratta già di una questione politica nazionale in Marocco, Tunisia, Algeria e Turchia. Questi Paesi hanno bisogno di noi e noi di loro. Ciò che è urgentemente necessario è la stabilizzazione politica e la cooperazione in materia di migrazione con aree demograficamente esplosive. Possiamo trovare soluzioni insieme. L’anti-islamismo o l’approccio iper securitario non risolveranno questi problemi. Per il momento, possiamo ancora risolvere la maggior parte di questi problemi in 30/40 anni. Ma se non agiamo nei prossimi 5/7 anni, ci vorranno secoli per riprenderci, se mai ci riprenderemo del tutto. Il problema principale che dobbiamo affrontare non è il consenso della maggioranza della popolazione: quello c’è così come, naturalmente, ci saranno sempre degli oppositori a questa volontà generale. Il problema sono coloro che incarnano questa “offerta politica” e che stanno portando il popolo alla disperazione con il loro dilettantismo, la loro mancanza di visione e la loro mancanza di carattere».Lei si occupa da tempo anche di ecologia. C’è un legame tra il suo impegno identitario e la sua battaglia ecologica?«Sono in effetti appassionato di questioni ecologiche da molto tempo, ho creato e diretto una rivista di ecologia già 25 anni fa. Le confermo che si tratta di un centro d’interesse costante per me, da lungo tempo. Ho appena terminato di scrivere una radiografia vitale della situazione in Europa. Essa deve molto all’ecologia e in senso generale alle scienze del vivente, ma anche alla neuro-antropologia e alla storia militare. Spero di farla pubblicare anche in Italia da qui all’autunno».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.