2018-12-05
L’attualità di Escrivà, un innovatore che seppe santificare la vita quotidiana
Il fondatore dell'Opus Dei è stato spesso messo in cattiva luce Invece ha concepito un modo rivoluzionario di essere cristiano.Sono tante le leggende nere che intorpidiscono in qualche modo i libri di storia. Si pensi alle immarcescibili narrazioni manualistiche sulle crociate, il medioevo, l'inquisizione o la caccia alle streghe. Moltissimi saggi ormai hanno fatto luce su questi ed altri periodi storici, ma le leggende come noto sono dure a morire. Esistono poi delle nuove leggende nere. Nuove sia nel senso che sono sorte da poco, anche se riguardano fatti storici piuttosto datati, come il caso di Cristoforo Colombo, declassato da eroico navigatore italico a criminale e colonialista. Sia nel senso che toccano episodi e personaggi della storia recente, la cosiddetta storia contemporanea.Tra questi spicca il caso, davvero emblematico, di Josemarìa Escrivá de Balaguer (1902-1975), un santo che per molti storici e intellettuali avrebbe avuto chissà quali scheletri nell'armadio, e soprattutto avrebbe la colpa di aver fondato un ordine segreto e potente, tanto potente quanto ramificato e ombroso: l'Opus Dei. Due ricordi personali. Il giorno precedente alla canonizzazione del sacerdote da parte di Giovanni Paolo II (6 ottobre 2002), ero in facoltà per sostenere un importante esame di accesso al dottorato di ricerca. Eravamo una trentina di candidati e uno di essi, con in mano Il Manifesto, inizia a parlare della prossima cerimonia di canonizzazione. Ne era scandalizzato e arrabbiato, e disse platealmente così: «Canonizzano uno che diceva che le donne non hanno l'anima!». Sono quegli episodi che uno ricorda finché campa, purtroppo. Il secondo ricordo è forse più triste del primo. Ero in una facoltà teologica romana, illustre e prestigiosa. Il sacerdote che ci parlava indossava l'abito di Tommaso d'Aquino e illustrava il valore del laicato. Citò una frase del santo spagnolo sul ruolo di seconda fila che i laici occupano nella Chiesa, dopo la gerarchia, per squalificarne l'opera davanti ai nostri occhi.in seminario a 16 anniMa chi fu davvero Escrivá? Nato a Barbastro nel 1902 in una famiglia borghese e fervente, entrò in seminario già a 16 anni, fu ordinato sacerdote nel 1925 e fu incardinato nella diocesi di Saragozza. Il 2 ottobre del 1928, ad appena 30 anni, fondò l'Opus Dei. Una nuova istituzione della Chiesa cattolica, approvata dai vescovi spagnoli e nel 1950 da Pio XII (decreto Primum inter). La caratteristica peculiare del nuovo istituto, che assumerà la forma giuridica della Prelatura personale solo con Giovanni Paolo II nel 1982, è quella di essere aperta ai fedeli laici di entrambi i sessi, i quali sono chiamati a santificare sé stessi e la società, attraverso il lavoro, lo studio e l'attività professionale.Questa dimensione attiva e laicale dell'Opera fu, se non rivoluzionaria, almeno una profonda novità nella Chiesa del tempo in cui, per i fedeli che volevano una vita più pia e zelante, c'erano quasi esclusivamente le tradizionali confraternite e i terz'ordini (domenicani, francescani, eccetera).clero e laicato Quindi, sotto questo profilo, Escrivá de Balaguer fu un innovatore e un profeta, non un passatista o un tradizionalista. Solo successivamente papa Pacelli approverà gli Istituti secolari, che sono simili all'Opus Dei in quanto i loro membri restano con gli abiti civili ed esercitano una qualunque attività nella società.Il fondatore aveva in mente una forma nuova e inedita di stretta collaborazione tra clero e laicato e così il vescovo di Madrid, nel 1944, ordinò i prima tre sacerdoti della Società della Santa Croce, il ramo sacerdotale dell'Opera. Dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965) si ebbero nella Chiesa del mondo intero delle tendenze sabotatrici, eversive e autodistruttive. Paolo VI dirà nel 1972 che il fumo di Satana era filtrato nella casa di Dio. Benedetto XVI, da fine teologo, ne fece una questione di ermeneutica teologica e descrisse, in un celeberrimo discorso alla Curia romana del 2005, due tendenze del cattolicesimo post-conciliare, assolutamente antitetiche su tutta la linea. Quella prevalente, fece capire Ratzinger, era proprio quella sbandata, la quale «ha causato confusione». Quella minoritaria invece, ancorata nella tradizione bimillenaria del cattolicesimo storico, «ha portato e porta frutti».Gli istituti religiosi cattolici più diffusi, come la Compagnia di Gesù, in questo mezzo secolo post Vaticano II, hanno registrato delle fughe in avanti e degli abbandoni cospicui di presbiteri, suore e teologi in via di ribellione e sperimentalismo. Altri istituti, come l'Opus Dei e i nuovi gruppi carismatici o neo-tradizionalisti, hanno invece aumentato gli effettivi e hanno intensificato la loro attività nel mondo intero. Basti pensare che quando il fondatore morì a Roma nel 1975, i membri dell'Opera erano 60.000 nel mondo. Ma oggi, a 90 anni esatti dalla fondazione, ammontano a quasi 100.000 (di cui solo 2.100 sono sacerdoti).sedi in tutto il mondoE l'Opus Dei è andata avanti aprendo sedi ovunque nel mondo e non solo nel quartiere romano (piuttosto chic) dei Parioli, dove riposa il corpo di don Escrivá. In Perù, in Messico, nelle Filippine e nel Congo, sono stati aperti centri di formazione universitaria e scuole professionali di alto livello. Per non parlare delle istituzioni d'avanguardia come il Campus bio medico a Roma o la Clinica universitaria di Pamplona.Ma allora perché le polemiche mai sopite e mondialmente rilanciate da opere letterarie (e pseudo-storiche) come Il Codice da Vinci, scritto nel lontano 2003 dallo scrittore (divenuto milionario) Dan Brown? Per il fatto che l'anticlericalismo ha un bisogno continuo di nuovi mostri (per secoli furono i gesuiti) e spesso attacca la Chiesa proprio dove essa pare più solida e compatta. Si potrebbe anche aggiungere che monsignor Escrivá de Balaguer ebbe uno spirito segnato dall'hispanidad della Spagna degli anni Venti e Trenta del secolo scorso e la sua teologia ha spunti che magari non si ritrovano identici in figure similari del XX secolo.proselitismo direttoPer esempio il sacerdote spagnolo unì la dimensione spirituale del cristiano a quella apostolica e «politico-sociale», insegnando ai suoi discepoli a fare proselitismo diretto ed esplicito nelle piazze e nelle officine, e la cosa era ed è poco gradita sia ai «cattolici adulti» che ai laicisti duri e puri. Scrive Escrivá: «Essere cattolico è amare la Patria senza lasciarsi superare da nessuno in questo amore» (Cammino, numero 525) ed è proprio questa componente culturale della sua missione a renderlo assolutamente attuale e profetico, nell'epoca della globalizzazione e del dominio delle élite liquide e transnazionali. Diceva ai suoi ragazzi: «Virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un capo. Non vedi come agiscono le maledette società segrete? Nei loro antri formano uomini-demoni che si danno da fare e sobillano le masse rendendole pazze». E questo lo renderà sempre un nemico e un antidoto del pensiero debole, oggi inculcato paradossalmente proprio dai «poteri forti».