2019-05-02
Con Bolsonaro addio alla sinistra. Il Sudamerica diventa atlantista
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Il Brasile sta cambiando rotta. Entrato in carica lo scorso gennaio, il nuovo presidente, Jair Bolsonaro, sta imprimendo una rapida svolta alla politica estera del Paese. Una svolta, sotto molti profili, in netta controtendenza rispetto alle linee seguite dai suoi predecessori. Brasilia mira infatti a un riposizionamento geopolitico, che le consenta di instaurare un'intesa più forte con l'orbita statunitense. Una strategia che, negli ultimi mesi, l'uomo di Brasilia ha perseguito, intrecciando piani differenti.In primo luogo, il presidente brasiliano ha rinsaldato i rapporti con Israele e - in particolar modo - con il suo premier, Benjamin Netanyahu. Non solo quest'ultimo ha partecipato all'investitura di Bolsonaro dello scorso gennaio (la prima volta che un leader israeliano abbia preso parte a una inaugurazione presidenziale brasiliana) ma lo stesso Bolsonaro ha effettuato un viaggio in Israele il mese scorso. In quell'occasione, è stata non a caso annunciata l'apertura di un ufficio diplomatico brasiliano a Gerusalemme, oltre alla possibilità di siglare una serie di trattati commerciali tra i due Paesi. Inoltre, il neo presidente ha anche criticato duramente il fronte palestinese. Una linea politica netta, insomma, sugellata dalla visita di Bolsonaro al Muro del Pianto. Un comportamento ben diverso da quello dell'ex presidente Lula da Silva, che - quando andò in Israele nel 2010 - si mostrò molto più vicino alla causa palestinese, recandosi in visita alla tomba di Arafat (ma non a quella di Theodor Herzl). È chiaro che, con questa strategia, Bolsonaro stia cercando di allinearsi alle posizioni del presidente americano, Donald Trump. L'apertura dell'ufficio diplomatico dovrebbe infatti preludere al trasferimento dell'ambasciata brasiliana a Gerusalemme: un trasferimento che Netanyahu vorrebbe accelerare ma su cui Bolsonaro appare parzialmente tentennante, temendo il boicottaggio economico anti-brasiliano minacciato dal mondo arabo.Ma Israele non è l'unico scenario in cui Brasilia si sta avvicinando alla Casa Bianca. Anche nella stessa America Latina, si stanno verificando alcune mosse significative. Nella fattispecie, Bolsonaro ha rafforzato i legami con il Cile che - notoriamente - risulta la nazione sudamericana più orientata verso logiche di libero mercato. In occasione di un recente incontro con il presidente cileno, Sebastián Piñera, è stata ribadita un'intesa commerciale tra i due Paesi: un'intesa che deve tuttavia ancora essere ratificata dai rispettivi parlamenti. Inoltre entrambi i presidenti sono stati tra i principali sostenitori di Prosul: un blocco di Stati sudamericani che, nato lo scorso marzo, si prefigge l'obiettivo di diffondere la cultura liberista in America Latina. Un blocco che, dal punto di vista politico, mira - tra le altre cose - ad assumere una posizione tendenzialmente filostatunitense e quindi essenzialmente ostile al Venezuela di Nicolas Maduro. Va da sé che, in questo fronte, Bolsonaro ambisca a diventare una figura chiave. Un vero e proprio punto di riferimento per la destra latinoamericana.Del resto, l'avvicinamento geopolitico tra Brasile e Stati Uniti è stato sancito anche da una visita compiuta da Bolsonaro alla Casa Bianca all'inizio di aprile. In quell'occasione, Donald Trump ha elogiato il proprio omologo brasiliano per il suo impegno nella crisi venezuelana: in particolare, Bolsonaro ha affermato di adoperarsi per seminare dissenso in seno all'esercito di Caracas, dichiarandosi anche aperto alla possibilità di effettuare delle pressioni contro il regime di Maduro. Ma non solo. Perché il leader brasiliano si è detto anche favorevole al muro messicano proposto da Trump. Come contraccambio il presidente americano ha intenzione di sostenere l'ingresso del Brasile sia nell'Ocse sia - soprattutto - nella Nato, in qualità di "partner globale" (uno status leggermente inferiore a quello di membro a pieno titolo). In caso, si tratterebbe del secondo partner latinoamericano dopo la Colombia (entrata nell'Alleanza nel 2017). Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, si è detto possibilista su una simile eventualità: un'eventualità che faciliterebbe, tra l'altro, a Brasilia l'accesso all'acquisto di tecnologia militare statunitense. Più in generale, poi, con questo progressivo avvicinamento a Washington, Bolsonaro sta fungendo anche da argine per contrastare l'influenza russa e - soprattutto - cinese nell'area sudamericana. Non è del resto un mistero che, tra gli obiettivi del neo presidente brasiliano, ci sia quello di allentare i legami commerciali con Pechino e incrementare quelli con lo Zio Sam. Senza poi trascurare che i rapporti tra Brasilia e Mosca si siano relativamente guastati a seguito della crisi venezuelana.Il Brasile sembra insomma puntare a ritagliarsi il ruolo di principale alleato statunitense nella regione sudamericana. Un'ambizione su cui, in Italia, potrebbe puntare la Lega. Soprattutto in seguito alla vicenda del terrorista Cesare Battisti, Matteo Salvini intrattiene rapporti abbastanza cordiali con Bolsonaro. Una relazione che potrebbe produrre non pochi vantaggi nel tentativo leghista di rafforzare i propri legami con Donald Trump. Si tratta di una strategia che difficilmente potrebbe tuttavia estendersi all'intero governo gialloblu, visto che il Movimento 5 stelle si è più volte espresso contro il neo presidente brasiliano (criticato di recente sia da Beppe Grillo che da Alessandro Di Battista). Un fattore di cui Salvini potrebbe approfittare, per costruirsi un rapporto diretto (e maggiormente autonomo) con la Casa Bianca.