
Corriere e Repubblica pubblicano carte segretate: le indiscrezioni colpiscono soprattutto Magistratura indipendente. Ieri il cartello di sinistra Area ha preso l'Anm con la scelta di Luca Poniz come nuovo presidente.È saltato anche il segretario di Magistratura indipendente Antonello Racanelli, dopo i consiglieri del Csm Antonio Lepre, Corrado Cartoni (entrambi di Mi), Pierluigi Morlini e Luigi Spina (di Unicost). Completa l'elenco dei caduti il presidente dimissionario dell'Associazione nazionale magistrati Pasquale Grasso (Mi). Ieri i cecchini di Repubblica e del Corriere della Sera hanno impallinato Racanelli per un presunto colloquio che avrebbe avuto con Luca Palamara, pm romano, nonché untore di magistrati a causa di un trojan infetto che i colleghi di Perugia gli hanno sparato nel cellulare per un'accusa di corruzione ancora tutta da confermare. Il peccato mortale in questo caso è quello di aver parlato di un esposto presentato da un sostituto procuratore al Csm contro altri due magistrati: l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo. Ormai quell'esposto nella vulgata corrente è diventato un frutto velenoso che al solo toccarlo ti uccide. Ma il contenuto non è ancora stato valutato da nessuno e ancora nessuno, a quanto ci risulti, ha contestato all'autore, il pm Stefano Rocco Fava, l'accusa di calunnia.Fava non conosceva Luca Lotti e Cosimo Ferri, ma solo il conterraneo Palamara e a non avrebbe mai partecipato alle riunioni di gruppo in cui si parlava di nomine. Ha avuta la pessima idea di affacciarsi nell'ufficio di Palamara per cercare sostegno nella sua battaglia solitaria contro i due colleghi che riteneva colpevoli di conflitto d'interessi e che, a suo dire, si erano opposti all'arresto del faccendiere Piero Amara, per una presunta tangente da 25 milioni di euro dell'Eni. E che Fava non facesse parte di alcuna camarilla sembra confermato dalle intercettazioni, come quella in cui Palamara dice a Lotti: «Quindi la fortuna che cosa ha voluto? Ha voluto che uscisse fuori Stefano…».Lotti: «Sì sì, con la sua pazzia...». Palamara: «Però lui è un matto che ti dice […] non mi frega un cazzo di nessuno, vado fino in fondo». Insomma una scheggia impazzita che Palamara & Co. provavano a deviare sui propri bersagli. Dunque, forse, il complotto va cercato altrove. Da tre settimane una manina sta passando a tre soli quotidiani notizie coperte da segreto che stanno avendo come effetto una sorta di pulizia etnica nei confronti di Magistratura indipendente e, in parte, di Unicost.Curiosamente i primi scoop sono usciti contestualmente alla pubblicazione della notizia dell'esposto sulla Verità e sul Fatto Quotidiano. Quasi una contraerea che ha avuto l'effetto di sotterrare le contestazioni contenute nell'esposto. Da allora uno stillicidio di notizie non ostensibili ha abbattuto, uno a uno, sei bersagli, otto considerando Palamara (dimissionario dall'Anm) e il candidato procuratore Marcello Viola (di Mi), ormai bruciato. Ieri contro Racanelli sono arrivati colpi a sangue freddo senza che le carte che lo accusavano del reato di inimicizia fossero note alla vittima. Ecco la frase che ha spezzato le ginocchia a Racanelli: «Concluso il colloquio con Fava, Palamara informa Antonello Racanelli dell'operazione che, contestualmente alla nomina di Marcello Viola a Roma, prevede che il Csm istruisca rapidamente la pratica dell'esposto di Fava contro Ielo. E da Racanelli ottiene semaforo verde».In risposta l'ex segretario di Mi ha diffuso questa nota: «Le mie dimissioni prescindono da quanto avvenuto anche perché ero in scadenza di mandato e avevo già preannunciato in più sedi la mia volontà di lasciare. Sul merito della vicenda posso soltanto dire che parlerò dopo aver letto le carte che, pur segretate, sono nella disponibilità di alcuni giornali. Sulla vicenda posso affermare con certezza che non ho mai parlato con Fava dell'esposto e che ne ho parlato con Palamara come con altri colleghi dell'ufficio ed anche con lo stesso procuratore Pignatone». Con La Verità Racanelli ha aggiunto: «Non ho mai letto l'esposto di Fava e ne conoscevo vagamente il contenuto sulla base delle notizie che circolavano in Procura». Quindi ha concluso: «Auspico che sia fatta piena luce sulle numerose vicende che sembrano emergere dalle intercettazioni e che riguardano altri colleghi».Tra questi anche alcuni del cartello di sinistra di Area, per ora esclusa dagli attacchi dei quotidiani. Al punto di poter raccogliere i frutti del baccano di questi giorni. Ieri al comitato direttivo centrale dell'Anm, il sindacato delle toghe, c'è stato un ribaltone: Mi ha dovuto lasciare la presidenza ad Area e uscire dalla giunta. Il presidente dimissionario Grasso, che sperava di restare in sella dopo aver lasciato la sua corrente, si è congedato, sferzando i colleghi: «Vi rispetto più di quanto abbiate dimostrato di rispettare me». Il successore, il pm milanese Luca Poniz, dopo aver denunciato «carrierismo» e «brama di incarichi» e di «potere» ha rivolto «un pensiero di gratitudine ai colleghi di Perugia» per l'indagine sulle toghe sporche e pure a quelli di Roma «per i segnali sinistri che hanno subito». Ma non ha ricordato che l'autore dell'esposto, Fava, è un suo compagno di Md (confluita in Area).Dentro la maggioranza dell'Anm, al fianco delle toghe di sinistra, è rimasta la corrente centrista di Palamara, Unicost (che esprime il segretario Giuliano Caputo) ed è entrata Autonomia e indipendenza di Piercamillo Davigo. Un magistrato d'area moderata commenta: «L'Anm torna indietro allo schema Palamara-Cascini, con Mi all'opposizione». Cioè ai tempi in cui Palamara era presidente e Giuseppe Cascini, di Area, segretario generale.L'untore con le sue parole in libertà potrebbe aver infettato pure quest'ultimo e altri colleghi di sinistra. Palamara con i colleghi sosteneva di parlare con Dino Petralia e Valerio Fracassi, ex consiglieri del Csm in quota Area. E, come hanno raccontato i giornali, nelle intercettazioni di Perugia è citato a più riprese Cascini, attuale membro del parlamentino delle toghe, nominato procuratore aggiunto di Roma anche con i voti di Palamara. «Io mi sono sempre battuto per Cascini» ha ammesso il magistrato indagato. Che riguardo alle fughe di notizie ha aggiunto: «Perché nessuno si pone il problema della legittimità di quanto viene pubblicato? Che dicono i vertici istituzionali?». Per ora tacciono. In futuro chissà.
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