2019-09-12
L’arroganza di chi aspira a essere Dio oggi si misura sui social a colpi di like
Gli influencer hanno fatto del menar vanto un mestiere. Tra i narcisi Napoleone, che si incoronò imperatore, e Donald Trump, che si è definito il miglior presidente della storia. Luciano Pavarotti si riteneva superiore in qualsiasi campo.Scriveva san Gregorio Magno in Moralia che ci sono quattro modi per peccare di superbia, il primo di tutti i vizi: «Quando si pensa che il bene derivi da noi stessi; quando si crede che, se ci viene dato dall'alto, è per i nostri meriti; quando ci si vanta di avere quello che non si ha; quando, disprezzando gli altri, si aspira ad apparire gli unici dotati di determinate qualità». Presunzione e arroganza son costate care a Lucifero che, per essersi ribellato al Signore, da santo finì diavolo. Se poi si tiene conto, come si legge sui Proverbi, che «la superbia precede la rovina, e l'alterezza di spirito precede la caduta» (16:18,33), non si può non pensare all'architetto Nimrod, re di Babele che, preso dalla sua smania di grandezza, s'era messo in testa di costruire una torre così alta da «toccare il cielo». Morì fulminato da Dio. Altro esempio storico di superbia e potere lo offrì Napoleone Bonaparte quando ottenne che papa Pio VII si recasse a Parigi per incoronarlo nella cattedrale di Notre Dame. Com'è noto però, durante la cerimonia Napoleone prese la corona e investì sé stesso dei simboli imperiali, gesto con il quale volle dimostrare di essere superiore a tutti i presenti, compreso il rappresentante di Dio sulla terra. Nel corso dei secoli l'amore smodato per la propria eccellenza si è manifestato nei modi più disparati: dagli sfarzi delle monarchie, alle dittature passando dai politici che pretendono poltrone, ai divi del cinema che esigono d'esser venerati. Se un tempo per sentirsi superiori agli altri si acquistavano auto capaci di raggiungere i 350 chilometri orari (anche se il limite è a 150), più di recente, con i social invasi da autoscatti autocelebrativi, la superbia si misura a suon di like. Senza parlare degli influencer che hanno fatto del menar vanto di sé un mestiere. Spiegavano Carlo Fruttero e Franco Lucentini ne Il cretino in sintesi che«la superbia è un vizio miope, cui sfugge l'alta percentuale di fortuna presente in ogni impresa, successo, conquista, scoperta. Anzi, la fortuna stessa è vista in sostanza dal superbo come un merito personale».Gianni Agnelli (1921-2003) era tanto fiero e orgoglioso del suo operato da dire: «Ciò che è buono per la Fiat è buono per l'Italia». Paolo Isotta (1950), critico e storico della musica, noto per le sue stroncature, dice di non riuscire a provare odio: «Sono così superbo che trovare qualcuno che riconosca all'altezza del mio odio mi riesce di rado. Il disprezzo lo esercito a piene mani». Claretta Petacci (1912-1945), amante di Mussolini, scriveva sul suo diario il 24 novembre 1937: «Mi domanda se amo il suo corpo. Dice: “Mi hanno detto che è uno dei più belli d'Italia". Gli domando chi gliel'ha detto. “Un uomo sulla spiaggia: Mussolini, tu hai il torso più perfetto di tutta la spiaggia". E io superbo: d'Italia. Ma le gambe storte mi rovinano. Quella Margheritaccia (Sarfatti) diceva che erano brutte"».Fred Astair (1899-1987) dopo aver debuttato sulle scene assieme all'amatissima sorella Adele, s'era ripromesso che non avrebbe mai più condiviso IL successo con un'altra donna. Nel 1934 scrisse una lettera infuocata al suo agente Leland Howard: «Che cos'è tutto questo vociare di mettermi in coppia con Ginger Rogers? Non andrò in scena con lei, né con nessun'altra di queste regine del grande schermo a costo di rinunciare al cinema». Fortunatamente ci ripensò. Henry Fonda (1905-1982) era così pieno di sé che il medico di famiglia lo definì «un narciso incapace di vedere gli altri, capace di instaurare solo relazioni di totale assoggettamento». Donald Trump(1946) diviso tra l'autoesaltazione e l'ego forte del commander in chief, si è definito «il miglior presidente della storia». Per gli oppositori altro non è che un narciso, «un pagliaccio che gioca a fare il re». Laurence Olivier (1907-1989) «che si rimirava allo specchio in camerino e colto sul fatto lamentò: «Un vero peccato che non posso scoparmi da me» (Mariarosa Mancuso).Franco Zeffirelli (1923-2019) cedette al fascino e alla grandezza di Luchino Visconti: «Di lui ero innamorato alla greca. Un amore viscerale e profondo. Mi impregnavo della sua superbia e in cambio, lui mi offriva affetto. Era colto, altero, rabbioso, complesso. Mi affidò la scenografia di Un Tram chiamato desiderio, trascorremmo insieme anni meravigliosi. Tra noi c'era una comunicazione profonda». Luciano Pavarotti(1935-2007), noto per i suoi concerti di beneficenza, pare che in privato fosse egocentrico, infedele e vanitoso. Ricorda il suo agente Herbert Breslin nel libro The King and I scritto a quattro mani con la giornalista Anne Midgette: «L'atteggiamento da despota quando era seduto sul suo trono dietro le quinte dei teatri, i capelli evidentemente tinti di quel nero innaturale, lo schiocco delle dite per farsi portare la consueta minestrina prima dell'esibizione». E poi: «Le sue amanti diventavano lavapiatti, lavandaie e cuoche, erano lì solo per servirlo. Viaggiava in prima classe mentre la sua donna era costretta in classe economica, ed era nota la sua presunzione nel sapere tutto non solo di musica ma anche di dentisti, farmacologia e prostata».Immanuel Kant (1724-1804) nella sua Antropologia pragmatica: «Una volta un negoziante molto giudizioso e onesto mi chiese perché la superbia sia sempre anche servile. Aveva infatti conosciuto un tale che con la sua ricchezza si era imposto come un grande competente commerciale, finché, andato in rovina, non aveva nessuna difficoltà a strisciare. La mia risposta fu che siccome la superbia pretende che gli altri disprezzino sé stessi al confronto con lui, e siccome a nessuno può venire un tal pensiero se non a chi si sente già disposto a prostituirsi, forse la superbia è già un segno precursore, non fallace, della bassezza di gente simile».Sandro Pertini(1896-1990) il 23 febbraio del 1933 rifiutò la grazia che la madre chiese per lui: «Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda […]. Forse ho peccato di orgoglio, quando andavo superbo di te, che con fiera rassegnazione sopportavi il dolore di sapermi in carcere. E ne parlavo con orgoglio ai miei compagni. E adesso non posso più pensarti, come sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre». Michel de Montaigne(1533-1592) tanto superbo da mettere sé stesso al centro della scrittura: «Il mondo guarda sempre avanti. Quanto a me, io concentro lo sguardo all'interno, e lo tengo fisso, impegnato… Non mi interesso che di me stesso; mi osservo senza sosta, rifletto su di me, mi assaporo… mi rotolo su me stesso».Giannambrogio Biffi da Mezzago(1730-?) nel suo La superbia nazionale sposta nella sua nudità a' filosofi italiani(1791) descriveva come ogni popolo si sentiva superiore agli altri: «Gli abitanti della isola Marianna portano opinione che il loro linguaggio sia l'unico al mondo, di che tengono gli altri popoli della terra per mutoli. Una piccola nazione stanziante lunghesso la così denominata Bella fiumana, scorre nell'America posta tra L'Occidente e la Tramontana, porta i capelli molto lunghi, indi è, che crede, tutte le nazioni che hanno i capelli corti siano stiave […]. L'orgogliosa Inghilterra ranchetta dalla stessa parte. Cotesti isolani paghi di loro medesimi tengono i loro statuti provinciali, ovvero lo jus comune, che è l'unica, e immediata norma a' regi supremi giudicjciò tribunali per tanto modello di perfezione, che il Cancelliere Fortescue nella sua opera dell'elogio di tal corpo di giure data alla luce nel 1469 dichiarò, che peccheré chi soltanto ardisse di dubitarne […]. Ma il più bello si è che, quantunque, che la Inghilterra nordisca di un vantaggio di quaranta mila giuristi, tuttavia in nissun luogo, siccome quivi, regna sì crassa ignorantaggine delle leggi, che è scurità a vedere. Conciosiaché, per arrivare a una giudiziale cognizione dello jus britannico già tre secoli fa vi voleano presso a vent'anni, e più». Benedetto XVI (1927) che commentando la Via Crucis dell'ultima Pasqua al posto di Giovanni Paolo II malato, notò «quanta sporcizia c'è nella Chiesa e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a Lui. Quanta superbia! Quanta autosufficienza!».«Un giorno Dio inventò la superbia. Ma chi c'è più superbo di lui che si è fatto chiamare Dio? Metti caso che si fosse chiamato Guido, insomma, fosse stato un po' più umile, sarebbe andata diversamente» (Roberto Benigni).