2020-08-05
L’aria di regime è sempre più pesante ma Mattarella non ha nulla da dire
Il presidente del Consiglio gioca a fare il dittatore. Gli uomini che sanno tutto di tutti sono dei fedelissimi e adesso dipendono da lui. Una porcheria antidemocratica su cui il silenzio del Quirinale è assordante.Come abbiamo scritto un paio di giorni fa, non ci piace lanciare troppi allarmi. In particolare non amiamo parlare di golpe, perché per noi il colpo di Stato è una cosa seria di cui avere paura, con i carri armati per le strade e gli oppositori in galera. Tuttavia, sebbene non sia nostra intenzione fare paragoni impropri evocando situazioni sudamericane, diciamo che quando abbiamo sostenuto che in Italia tira una certa arietta di regime non ci sbagliavamo e la conferma è arrivata in tempi brevissimi. È di ieri la notizia di una norma approvata nel silenzio generale, del Parlamento ma anche del presidente della Repubblica.Con la scusa di prolungare lo stato d'emergenza per il pericolo di una seconda ondata di contagi da coronavirus, Giuseppe Conte ha prolungato anche la permanenza nel loro incarico dei capi dei servizi segreti. Con una differenza: mentre il periodo di pieni poteri anti virus è stato allungato fino al 15 ottobre, cioè di soli tre mesi, i vertici dei nostri 007 potranno vedersi estendere l'incarico per altri quattro anni, magari «rateizzati» uno alla volta, in modo da tenerli sulla corda. Ovviamente non vi è alcuna ragione per operare in questo modo su poltrone che scottano. La rotazione alla guida di uffici che si occupano di affari riservati come la sicurezza dello Stato è una regola che è sempre stata seguita con un certo scrupolo da tutti i governi, anche per evitare che i servizi segreti diventassero una faccenda quasi privata, nelle mani di poche persone. Gli spioni, come è noto, maneggiano una montagna di informazioni sensibili, sia sulle potenziali minacce al nostro Paese, sia sulle questioni più delicate. Non è un segreto che quotidianamente arrivino sul tavolo dei vertici degli 007 dei rapporti top secret, molti dei quali non riguardano solo i rischi di attentati o le operazioni spericolate di qualche gruppo. Nei dossier ci sono anche un sacco di pettegolezzi e informazioni che non dovrebbero attirare l'attenzione di una spia, ma al massimo di un cronista di Novella 2000. Ma, come si sa, a volte tra le indiscrezioni rosa finiscono pure quelle a luci rosse e dunque chi le ha in mano possiede anche un forte argomento.Guarda caso, molti rapporti dei servizi, persino quelli non proprio pertinenti con la sicurezza dello Stato, arrivano sul tavolo dell'autorità politica che ha la delega sulle agenzie di informazione che difendono il Paese. In genere, questa autorità politica è un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma, a differenza di molti suoi predecessori, Giuseppe Conte ha voluto tenere la prerogativa per sé. In pratica, è lui che giornalmente riceve i rapporti con tutte le informazioni, quelle sensibili per la sicurezza nazionale e quelle sensibili alla sicurezza di qualcuno. Già questo fatto, che cioè a Palazzo Chigi ci sia un signore che gli italiani non hanno eletto ma che degli italiani può sapere tutto, non è una notizia confortante. Soprattutto dopo che, a causa del lockdown, all'avvocato di Volturara Appula è venuta la mania dei poteri speciali e dello stato d'emergenza. Al presidente del Consiglio dev'essere piaciuto il periodo in cui gli italiani erano chiusi in casa, quando governava con i Dpcm, ossia con decreti che non debbono neppure passare dal Parlamento. Sì, l'avvocato del popolo che dalla volontà popolare, cioè dalle elezioni, si mantiene rigorosamente alla larga, deve aver preso gusto a comportarsi da dittatorello. Come ogni dittatorello ha bisogno della sua guardia pretoriana, ossia di un gruppo di fedelissimi. E che cosa c'è di meglio di qualche devoto capo dei servizi segreti? Come è noto Giuseppe Conte, appena arrivato a Palazzo Chigi, ha piazzato a capo del Dis (il dipartimento che coordina le agenzie che si occupano della sicurezza nazionale) un suo fidato conoscente, ovvero Gennaro Vecchione, e successivamente ha messo alla guida dell'Aisi (sicurezza interna) il generale Mario Parente, mentre all'Aise (sicurezza esterna) ha nominato il generale Gianni Caravelli. In pratica, Conte si è circondato di uomini suoi, come poche volte accade a chi governa, perché spesso chi arriva ai vertici del Paese è costretto a tenersi nei posti chiave chi c'è. Un po' quello che succederà al presidente del Consiglio che verrà dopo Conte. Già, con la scusa dell'emergenza Covid, il capo del governo potrà prolungare all'ultimo momento di quattro anni i vertici degli 007, una mossa attuata nel silenzio generale, modificando una norma di legge che regola la durata dell'incarico. Ora si capisce l'urgenza di mantenere lo stato d'emergenza e di conservare i poteri speciali. Con la scusa della pandemia, Conte prova a blindarsi. Nel peggiore dei casi, ovvero di una crisi di governo che lo costringa a fare le valigie, il presidente del Consiglio avrà sempre degli amici nei posti che contano. Nella migliore, cioè una durata alla guida del Paese per il tempo necessario a pianificare la scalata al Quirinale, gli amici potrebbero servire. Sì, non siamo al golpe, ma all'instaurazione di un regime poco ci manca. In quale Paese democratico si nominano i capi dei servizi segreti all'insaputa di tutti, in particolare delle opposizioni e del Comitato che vigila sugli 007? Soprattutto, in quale repubblica delle banane il capo dello Stato firma una porcheria del genere senza battere ciglio?
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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