
La nave della Ong francese, ora battente bandiera panamense, lascia Marsiglia per riprendere il suo ruolo di taxi del mare. L'Eliseo cerca di riguadagnare consensi con l'accoglienza, scaricando i migranti in Italia.Aquarius 2. Il ritorno. Nuovo nome, stessa mission: raccattare migranti in mezzo al mare e portarli in Italia. Ovviamente con l'assenso di Emmanuel Macron e la sponda di qualche politico del Pd, come Pippo Civati, che qualche giorno fa ha depositato un esposto in Procura a Roma sperando di innescare lo stesso meccanismo che in Sicilia ha prodotto l'inchiesta contro il ministro dell'Interno Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti. Unica novità per la Aquarius: sul ponte della nave usata dall'Organizzazione non governativa Sos Mediterranée e da Medici senza frontiere verrà issata la bandiera di Panama. Da quando Gibilterra ha privato la nave Aquarius del suo vessillo, le Ong si sono dovute rivolgere alla nazione che più di ogni altra offre l'opportunità di sfruttare il sistema delle bandiere di comodo. Dopo poco più di due settimane di sosta forzata, in attesa della nuova immatricolazione ufficiale, dopo la decisione di Gibilterra di ritirare la propria bandiera, l'Aquarius ha lasciato il porto di Marsiglia. La destinazione, come era facile prevedere, è il Mediterraneo centrale. Qui riprenderà le operazioni di soccorso degli immigrati che partono dal Nord Africa. Direzione Italia? I porti resteranno chiusi. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini lo ha ricordato proprio ieri: «La nave Ong Aquarius in navigazione a Sud della Sardegna, verso il Canale di Sicilia ha cambiato nome (aggiungendo un 2) e bandiera, ma non cambierà destinazione finale: non in Italia». La strategia dei porti chiusi ora trova sostegno anche in Forza Italia. È il senatore Francesco Giro a dare man forte al leader del Carroccio: «Basta con queste navi Ong di imbroglioni patentati, Aquarius 1, 2, 3... basta! Scaricano gli immigrati clandestini sulle coste siciliane e scappano. E chi li paga per far questo?».Tra gli sponsor economici di Sos Mediterranée ci sono sicuramente alcuni deputati ex socialisti francesi e del Parti radical de gauche da sempre vicini a Emmanuel Macron. Médicins sans frontières, invece, è stata fondata dal socialista Bernard Kouchner, più volte ministro in passato e tra i sostenitori della candidatura dell'attuale presidente.Al momento la cosa certa è che Macron, ai minimi storici, cercherà di recuperare consensi sostenendo l'arrivo della Aquarius 2 in Italia. Secondo Le Monde sono diversi i deputati di En Marche (il partito di Macron) che non hanno apprezzato la linea portata avanti dall'esecutivo. Macron quindi correrà ai ripari nel modo più semplice: prendendosela con l'Italia. Ieri sera, però, mentre la nave di Sos Mediterranée lasciava il porto di Marsiglia, diretta verso le acque della Libia, Marine Le Pen, leader del partito di destra Rassemblement national, ha detto in un discorso a Frejus che, in caso di vittoria alla prossima tornata elettorale la Ong «non si avvicinerà più alle coste francesi».E di certo, a sentire Salvini, che per la linea dura adottata sull'immigrazione si ritrova un'accusa di sequestro di persona, anche quelli italiani le sono preclusi. Nel frattempo davanti al Tribunale dei ministri stanno venendo fuori tutti i limiti dell'inchiesta giudiziaria di Agrigento.Nessun ordine formale venne impartito per il blocco della nave Diciotti e per lo sbarco, dopo dieci giorni, dei migranti soccorsi ad agosto nelle acque di Malta. È il secondo punto critico, dopo quello della competenza territoriale, che affiora nell'inchiesta su Salvini. La ricostruzione fatta dagli investigatori degli ordini impartiti della catena di comando si sta confrontando con il problema dell'omissione: nessuno avrebbe fermato con disposizioni chiaramente formulate la nave militare.E nessuno avrebbe indicato il porto di Catania come luogo di sbarco. Questo non vuol dire, secondo l'orientamento del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che non sia possibile risalire alle responsabilità anche gerarchiche di un ordine illegittimo per quanto non impartito nelle forme dovute oppure soltanto adombrate.Per questo il pm ha giocato la carta dell'integrazione investigativa, chiedendo al Tribunale dei ministri «di sentire tutti i soggetti riconducibili alla catena di comando», a partire dal comandante della Diciotti, il capitano di fregata Massimo Kothmeir. Nella lista figurano anche il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi (peraltro già ascoltato senza difensore e poi indagato). Ora la Procura di Agrigento lo qualifica come indagato mentre per quella di Palermo è un testimone. Completano la lista i comandanti delle capitanerie di porto di Porto Empedocle e di Catania, il responsabile dell'ufficio circondariale marittimo di Lampedusa, il capo del Dipartimento delle libertà civili, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda. Tra la Diciotti, i comandi della Guardia costiera e il ministero dell'Interno ci sarebbero stati solo scambi di informazioni generiche. Si tratta ora di stabilire quando e dove sono state prese le decisioni. Ma soprattutto resta da capire chi le ha prese.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






