
Oltre 60 istituti non statali al ministro: «Anche la nostra è scuola pubblica. Chiediamo aiuti alle famiglie, non privilegi». Istruzione a rischio per quasi un milione di studenti.Quel fossato mai colmato, anzi allargato in nome dell'ideologia di turno, oggi potrebbe diventare un problema serio e invalicabile. Per tutti. Le scuole paritarie rischiano di morire a causa del Covid-19 e la cosa interessa innanzitutto 866.805 alunni di queste scuole e le loro famiglie, molti già dal prossimo settembre potrebbero trovare la scuola chiusa.Per questo direttori, presidi e rettori di oltre 60 istituti scolastici paritari hanno scritto al ministro Lucia Azzolina per dirle che credono sia «venuto il momento, in questo momento, di superare divisioni che non hanno (più) ragion d'essere, e finalmente di considerare pubblica ogni esperienza formativa che, nel rispetto delle norme democratiche, cerca di rispondere al bisogno educativo delle giovani generazioni». La pongono come domanda retorica, ma è chiaro che questa crisi sanitaria e poi economica fa già sentire i suoi effetti collaterali su questa fondamentale esperienza educativa. E lo farà ancor di più con il passare dei mesi.Contrariamente alla vulgata ostile alle scuole paritarie, perlopiù cattoliche, non si tratta di istituti elitari e rivolt ai «ricchi», ma spesso sono famiglie che fanno questa scelta di libertà educativa per una convinzione personale, anche con fatica economica. La retta scolastica, scrivono gli oltre 60 responsabili firmatari, non è un simbolo di esclusività, ma è una barriera «che è di grave pregiudizio alla libera scelta educativa» e con la pandemia molti membri di queste famiglie «sono già oggi in Cassa integrazione all'80% dello stipendio, altri sono costretti a chiudere le loro piccole imprese, altri ancora hanno perso o perderanno il lavoro di regolari dipendenti».La lettera alla Azzolina è stata estesa da Luca Montecchi, rettore dell'istituto scolastico don Carlo Gnocchi di Carate Brianza, per ricordare appunto che occorre «un intervento del governo che provveda aiuti economici a quelle famiglie perché possano ancora sostenere i costi delle scuole e non le abbandonino». Non chiacchiere, non briciole, come i 2 milioni di euro erogati finora per sostenere la didattica digitale delle paritarie, ma un riconoscimento vero di un'attività educativa e formativa che ha valenza pubblica. Sono anni che in Italia si discute di allineare la nostra libertà educativa a quella di altri Paesi, come i laicissimi Paesi nordici dove l'accesso alle scuole gestite dallo Stato e a quelle gestite da privati è ugualmente garantito dal punto di vista del finanziamento per singolo studente. La pandemia mostra ancora una volta la miopia ideologica che ha guidato il settore delle scuole pubbliche nel dibattito politico e oggi presenta un conto salatissimo. C'è chi sostiene che il 50% della scuole paritarie a settembre rischia di non riaprire con gravi danni al bilancio pubblico (i ragazzi dovranno essere accolti nelle scuole statali, già in crisi), sociali e di lavoro (insegnanti a spasso e senza stipendio). L'intervento economico evocato dai firmatari quindi non è «in favore della conservazione di un privilegio esclusivo (questo sarebbe proprio di scuole “private", “d'élite"), bensì a materiale sostegno di cittadini italiani a pieno titolo. Un tale intervento consentirebbe d'incentivare, o non deprimere, realtà creative che esistono da decenni, che rispondono a esigenze sociali e territoriali effettive, che fanno cultura: come le scuole statali». È una questione di libertà, una fondamentale libertà, quella educativa, tutelata anche dalla Costituzione. Ma parlare di libertà ai tempi del Covid-19 rischia di essere come la voce di quel tale che gridava nel deserto.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.