2025-02-25
Referendum, la Cgil evoca ancora la rivolta
Maurizio Landini (Getty Images)
Il sindacato lancia la campagna in vista del voto per cambiare le regole su cittadinanza e lavoro, tirando in ballo la rivoluzione già invocata pochi mesi fa da Landini. Il segretario «predica bene» ma poi blocca gli aumenti per i dipendenti di scuola e sanità.La «rivolta» di Maurizio Landini promette di essere il nuovo tormentone della primavera 2025. Uno slogan lanciato impropriamente già lo scorso autunno per infiammare le piazze nonostante la tensione già alle stelle: nel 2024, 260 membri delle Forze dell’ordine sono rimasti feriti durante manifestazioni di sinistra, con un incremento rispetto al 2023 del 195,5%. E un picco proprio dopo le parole del segretario della Cgil.Eppure Landini non si mostra pentito, anzi, lo ribadisce: «Il voto è la nostra rivolta». Fa riferimento al voto del referendum: «La rivolta di tutte le persone che hanno a cuore la democrazia» spiega, aggiungendo: «A partire da una scelta individuale che è quella di andare a votare, si può insieme, raggiungendo il quorum, rivoltare le cose sbagliate di questo Paese e dare un messaggio molto forte di fiducia nel futuro». E ancora: «Credo che sia un obiettivo possibile, perché il referendum permette di ottenere dei risultati molto precisi: dare diritti in più a chi oggi non ce li ha, tutelare la sicurezza, dare la cittadinanza a due milioni e mezzo di persone che vivono, lavorano, pagano le tasse, ma non ce l’hanno». Obiettivo difficile da raggiungere, il suo, perché per ogni referendum bisognerà portare a votare 25 milioni di persone per ottenere il quorum. Numero che a malapena si raggiunge, e neanche sempre, per le elezioni ordinarie. Sono cinque i quesiti referendari che la Corte costituzionale ha ritenuto validi e per cui si potrà andare a votare. Il sesto e più discusso, che puntava ad abrogare la riforma dell’autonomia differenziata, invece non è passato come previsto ampiamente anche su questo giornale. Hanno avuto il via libera invece quello proposto da + Europa per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per gli extracomunitari per ottenere la cittadinanza e altri quattro quesiti proposti appunto dalla Cgil. Nel primo si chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs act. L’obiettivo è quello di cancellare le norme sui licenziamenti che consentono alle imprese di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015. Il secondo quesito ammesso riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In questo caso si voglio innalzare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti eliminando il limite massimo di sei mensilità dell’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Il terzo quesito chiede che vengano abolite alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, mentre l’ultimo riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro. In particolare, si vogliono tagliare le norme che impediscono di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.Per questi referendum ci si attende un Landini di lotta insomma, in coerenza con quanti dimostrato fin qui. Un Landini che ormai ha smesso di fare il sindacalista per vestire i panni del politico e incassare sempre più consenso per un’eventuale, e a questo punto attesa, discesa in campo. Lo dimostra il fatto che, come scritto su queste colonne, il segretario della Cgil continua a dimenticare le battaglie per gli stipendi dei lavoratori che dovrebbe tutelare. Stipendi che in questo momento storico di caro vita insostenibile dovrebbero essere la battaglia più importante per un sindacato. Ma a metà gennaio la Cgil e la Uil hanno rifiutato di firmare l’accordo sul contratto del comparto sanità, facendo così saltare l’aumento di 172 euro al mese nelle buste paga di 581.000 tra infermieri, tecnici, amministrativi e personale sanitario non medico. La trattativa si è arenata perché i rappresentanti dei lavoratori si sono divisi, con la Cgil e la Uil che hanno fatto muro, insieme con un sindacato autonomo. Lo stesso potrebbe accadere anche sulla trattativa per l’aumento degli stipendi degli insegnanti. Vulnus annoso che oggi crea grossissimi problemi all’intero sistema, con città costosissime che cercano docenti che non si possono permettere di vivere con bassi stipendi e studenti che rimangono inevitabilmente colpiti dalla carenza di insegnanti. Bene, ora che le cose potrebbero cambiare, Landini e i suoi, ancora una volta, intendono mettere i bastoni tra le ruote. Per il triennio 2022-2024 lo Stato mette sul piatto un incremento superiore al 6% delle retribuzioni, che vuol dire in media circa 150 euro lordi in più. Cgil e Uil però stoppano l’accordo che per passare deve essere votato dal 50% più uno dei rappresentanti della categoria. Cgil e Uil sono al 40%, Cisl e molto probabilmente la Confsal pareggiano i no, a far da ago della bilancia sarà quindi il voto degli autonomi. Landini giustifica il no con l’inflazione: «Nel periodo 22-24 è arrivata al 17% e noi non possiamo accettare una copertura del 6%».