
Il report ferragostano del Viminale parla chiaro: è in atto una invasione. Ministro rassegnato: «La Tunisia è vicina, difficile fermare i gommoni». Nei giorni scorsi abbiamo raccontato la storia di una cooperativa con sede a Isernia che si chiama Il Geco, la quale si occupa principalmente di gestione dei migranti. Dopo l'uscita dell'articolo, i responsabili della coop si sono molto arrabbiati. Sostengono che abbiamo fatto «becera e volgare propaganda». A nostro modesto parere, i gentili amministratori avrebbero fatto meglio a occuparsi, invece che del nostro servizio, della rumorosa protesta inscenata nel loro centro accoglienza da alcuni tunisini refrattari alla quarantena, ma ognuno ha i suoi gusti. Abbiamo scritto del Geco perché ci sembrava un caso singolare di accoglienza «a gestione famigliare».La direttrice del Geco si chiama Sara Ferri, è stata candidata sindaco di Isernia per La Sinistra nel 2016, poi alle Europee nel 2019. La presidente del consiglio di amministrazione della coop è Barbara Ferri, sorella di Sara. Degli altri due amministratori, uno è Roberto Giammaria, ovvero il marito di Sara Ferri. Sara e Barbara, inoltre, sono le nipoti di Giuseppina Ferri, la quale è viceprefetto e dirigente d'area della Prefettura di Isernia, dove si occupa di «ordine e sicurezza pubblica; protezione civile, difesa civile e coordinamento del soccorso pubblico». Dalla Prefettura di Isernia, nel 2019, il Geco ha ricevuto 932.698,07 euro. Tutto regolarissimo, di sicuro. E allora perché arrabbiarsi con noi che ci siamo limitati a riportare queste informazioni? Forse Sara Ferri si è irritata perché abbiamo scritto che, mentre alcuni stranieri fuggivano dal suo centro di accoglienza, lei era in barca con amici in Sardegna. I gestori della coop - insultandoci un po' - sostengono che «ogni persona, di media intelligenza, comprende che essere impegnati politicamente a sinistra, fare qualche giorno di vacanza a casa di amici e/o essere nipote di una zia che lavora in Prefettura con altre funzioni, non può impedire a due ragazze, da sempre impegnate nel sociale, di far parte di una cooperativa di 12 soci e 25 dipendenti». Certo che non glielo impedisce, e infatti dal 2016 a oggi il Geco ha operato in tranquillità. Come abbiamo scritto, già alla fine del 2017 l'utile di esercizio della cooperativa era di 286.280,71 euro. L'anno dopo un altro bel risultato: 236.184,86 euro. Nel 2019 è andata peggio: al governo c'era la Lega e i denari per l'accoglienza sono stati ridotti. In quell'anno Il Geco ha incassato dallo Stato 1.518.337, 62 euro, versati appunto dalle Prefetture di Isernia e Campobasso. Cifre robuste, che tuttavia non hanno evitato una perdita di 218.669,72, poi ripianata con i denari incassati negli anni precedenti. Ci sembrano notizie interessanti, visto il tipo di gestione e visto l'ammontare dei denari pubblici ricevuti dalla coop. Ma ai responsabili del Geco il nostro articolo proprio non è piaciuto, motivo per cui ci invitano a «contribuire a risolvere i problemi e non solo a cavalcarli strumentalmente». In realtà, di soluzioni al problema dell'immigrazione senza controllo noi ne abbiamo suggerite parecchie. A non avere idee su come gestire l'immigrazione sembra essere piuttosto il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. Presentando il dossier di Ferragosto del Viminale, ha dovuto ammettere la disfatta totale. Gli stranieri sbarcati quest'anno sono 21.618, cioè il 148,7% in più dello stesso periodo dell'anno precedente. Giusto ieri a Lampedusa sono sbarcati altri 180 migranti, di cui 63 tunisini trasferiti poi all'hotspot di contrada Imbriacola, dove il sovraffollamento è ormai una costante (ha spazio per un centinaio di persone, ora ce ne sono 500). Altri sbarchi sono avvenuti nel Sulcis, in Sardegna. A Treviso, invece, nella Caserma Serena ormai divenuta un focolaio di Covid-19, gli ospiti danno in escandescenze da giorni, attaccando perfino i poliziotti con botte e lancio di sassi. Il sindaco Mario Conte è furibondo, grida che «il livello di guardia è superato» ma nessuno sembra ascoltarlo. Caos pure vicino a Udine, a Pontebba, dove è avvenuta un'altra fuga di stranieri in quarantena. Di fronte a tutto ciò, la Lamorgese - a parte impegnarsi a smantellare i decreti sicurezza - che cosa fa? Nulla, perché non sa come agire. «Gli arrivi numerosi», ha detto a Ferragosto, «sono determinati da sbarchi autonomi, quindi è difficile fermarli in mezzo al mare perché si tratta di gommoni. La Tunisia è talmente vicina che una popolazione a cui non viene più pagato lo stipendio decide di avventurarsi in mare verso le nostre coste». Certo: i migranti sono tanti, la Tunisia è vicina, che si potrà mai fare? Il blocco navale, magari? Figurarsi, mica si possono bloccare gli arrivi. Se no poi le coop tipo il Geco come fanno a guadagnare?
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.






