2019-10-10
L’ambientalismo finisce fiocinato dal giudice
Un gruppo di pescatori attacca la foto dei vincitori del campionato 2018 di pesca in apnea con la bella preda. La federazione Fipsas invece di difendersi «cessa le attività agonistiche». Gli appassionati si ribellano, fanno un esposto e il procuratore gli dà ragione.Un luccio e un numero imprecisato di boccaloni. È l'estrema sintesi di una surreale vicenda che solo incidentalmente parla di pesca sportiva e ha visto come prede tutti i componenti del consiglio federale, fiocinati dal procuratore dello Sport e rinviati a giudizio per avere sospeso un'intera tipologia di gare. Dirigenti sensibilizzati, spaventati (o chissà, terrorizzati), dal fanatismo ecologista imperante; irretiti dalla dittatura culturale del politicamente corretto, in nome del quale ai tempi nostri la ragione vacilla. Tutto per colpa d'una fotografia apparentemente innocente, quella che ritrae i vincitori del campionato italiano 2018 di pesca in apnea in acque interne, scattata a Sirmione, lago di Garda, dove la pesca si pratica da duemila anni e nessuno si è mai lamentato. Quell'istantanea mostra un pescatore felice e la sua preda, un luccio di oltre quattro chili. Una posa classica, incorniciata ed esposta con orgoglio in soggiorno. Non c'è vecchio ragazzo che da giovane non abbia avvertito il bisogno di gettare l'amo sotto il pelo dell'acqua per poi arrendersi nel groviglio laoocontico della lenza avvolta fra naso e orecchie. E sono tanti i giovani che, affacciati sugli ottomila chilometri di coste del nostro Paese, non si limitano a guardarle in bermuda ma provano a tuffarsi per conoscerle, magari accompagnati dalla fiocina per praticare il rito primordiale della pesca subacquea in apnea. Chiamiamola sindrome di Moby Dick, attribuiamone la responsabilità a letture hemingwaiane tipo Il vecchio e il mare. Ma la pulsione esiste, è del tutto naturale. Almeno lo era fino al settembre dell'anno scorso quando, alla vista della famigerata foto, alcuni pescatori ambientalisti che praticano il «No kill fishing» (altrettanto nobile specialità della pesca con cattura e immediato rilascio della preda) si sono scandalizzati e hanno deciso di porre ufficialmente il problema in seno alla Fipsas, federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee, il cui striscione campeggiava dietro la molto presunta immagine sanguinaria. «Se non assumete provvedimenti ce ne andiamo in blocco», avrebbero minacciato con il consueto spirito dialettico. A nulla è valso spiegare che la gara era stata perfettamente regolare e aveva rispettato i crismi della disciplina federale; che i lucci consentiti erano in numero di due per partecipante; che il peso e la misura delle prede erano dentro i parametri richiesti. Insomma, che tutto si era svolto dentro binari consentiti e condivisi da sempre, visto che quel campionato italiano ha un albo d'oro il cui primo vincitore risale a 28 anni fa, il Romano Picozzi del Sub club di Brescia. Allora le acque, anche se già percorse da fibrillazioni ecologiste, erano molto più calme.Travolta dalla polemica e forse temendo di avere in un futuro prossimo una Greta Thunberg d'acqua dolce alle calcagna, la federazione ha deciso di sospendere immediatamente queste gare. Lo ha fatto d'imperio e contravvenendo allo statuto che le contempla, come se il quieto vivere fosse il valore supremo da salvaguardare. Lo ha fatto con un comunicato che somiglia a un editto merovingio. «A seguito degli accadimenti verificatisi dopo il recente campionato italiano di pesca in apnea e del gravissimo danno d'immagine alla federazione da essi derivante, e in coerenza con il sempre più accentuato impegno federale dedicato alla salvaguardia delle acque di torrenti, fiumi e laghi e della fauna ittica che li popola, alla lotta al bracconaggio ittico e alle campagne di ripopolamento o di recupero e di messa in sicurezza di pesci soggetti ad asciutte selvagge compiute a loro danno, il Consiglio federale della Fipsas ha deciso di cessare definitivamente tutte le proprie attività agonistiche sia nazionali che territoriali correlate alla pesca in apnea in acque interne».Tralasciando l'apnea insita nella lettura (per arrivare alla fine servirebbero le bombole), la federazione guidata dal presidente Ugo Claudio Matteoli ha messo sotto accusa un'attività da essa stessa regolarmente disciplinata e ha dato l'impressione di vergognarsi di una pratica che fa parte del suo statuto. Sottolineando di voler «salvaguardare la fauna ittica e di combattere il bracconaggio», la Fipsas fa finta di non sapere che altre attività di pesca sportiva prevedono l'uccisione dei pesci. Un grottesco pasticcio che non è sfuggito alle società sportive, agli affiliati, agli amanti della pesca, i quali da un giorno all'altro si sono sentiti traditi dall'istituzione che dovrebbe rappresentarli. Da qui, dopo un tentativo andato a vuoto di dialogare, è nato un esposto al procuratore federale Alfredo Casalini che a sorpresa lo ha accolto. E ha rinviato a giudizio presidente e dieci consiglieri. L'avvocato Luca Ponzoni, in rappresentanza delle società, ha pescato il jolly: «Sono molto soddisfatto perché il rinvio a giudizio è già una riabilitazione pubblica e ufficiale del movimento della pesca in apnea. Ora, più che una sanzione del presidente e del Consiglio, ci interessa che vengano restituite le gare e ribadita la loro piena conformità agli scopi statutari della Fipsas». In attesa di scoprire chi è Big fish, la notizia ha subito messo in subbuglio gli ecologisti da battaglia, scatenati sui social contro i ricorrenti. E decisi, in nome del pacifismo cosmico, a fiocinare i pescatori al posto dei lucci.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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