2022-07-27
L’allarme vaiolo non c’è, l’affare dei vaccini sì
L’Oms ha dichiarato l’allerta massima per il morbo delle scimmie per circa 17.000 casi e 5 decessi nel mondo. Cifre trascurabili rispetto ai contagi e alle vittime di tubercolosi, meningite e morbillo: malattie periferiche nel colossale business delle profilassi.Posto che gli stati di emergenza consentono di attivare poteri straordinari in deroga alle leggi, quali sono oggi gli standard per valutare quando deve scattare un’emergenza sanitaria? Se lo sono chiesto i membri del comitato consultivo dell’Oms, scavalcati sabato scorso dal direttore generale: Tedros Ghebreyesus ha infatti stabilito che il vaiolo delle scimmie (Monkeypox) è «un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale» (Pheic), che - ironia - si pronuncia «fake», nonostante 6 su 9 dei componenti il comitato avessero espresso il proprio diniego sull’opportunità di lanciare l’allarme. Alcuni hanno rivelato a Reuters, sotto anonimato, l’insolita forzatura imposta dal direttore: «In passato, Tedros ha sempre seguito le raccomandazioni della nostra commissione, la decisione è stata presa senza il parere favorevole della maggioranza». Non è tutto: ieri l’Oms ha dichiarato che, siccome «il vaccino da solo non può fermare l’epidemia di vaiolo delle scimmie», bisogna, «per il momento» «adottare misure per ridurre questo rischio». Per esempio - secondo il direttore dell’ufficio europeo Hans Kluge - «vanno limitati i partner sessuali e le interazioni». Con l’inatteso «upgrade» deciso autonomamente da Gebreyesus, il vaiolo delle scimmie si è aggiunto alle altre due (uniche) malattie classificate, nella scala dei rischi dell’Oms, come «emergenze globali», la pandemia Covid (dichiarata tale il 30 gennaio 2020 con 170 morti e 1.370 caso gravi) e la poliomielite. Un invito a nozze per media e virostar: ieri Matteo Bassetti segnalava «1.700 casi in un giorno». Eppure gli ultimi dati Owid rivelano un incremento a livello mondiale di un contagiato in più in tutto il mondo dal 22 al 23 luglio (da 16.922 a 16.923), 15 contagi in più dal 23 al 24 luglio (da 16.923 a 16.938) e 218 contagi in più - in un mondo popolato da circa 8 miliardi di persone - dal 24 al 25 luglio (da 16.938 a 17.956). Numeri al lotto sparati anche da altre testate italiane, come il Corriere della Sera che riferisce «record di contagi» riportando la stessa fake news dei 1.700 casi al giorno e Sanità Informazione che rende noto che «un italiano su tre teme il vaiolo delle scimmie, cresce l’emergenza». E allora, quali sono le evidenze che terrorizzano Gebreyesus, spingendo l’Oms a bypassare il parere degli esperti e a invocare, già ora, misure integrative al vaccino? Cosa fa diventare «emergenza sanitaria globale» una malattia che in tre mesi ha causato cinque morti in tutto il mondo, concentrati solo in Nigeria e Congo, dove la malattia, trattabile, esiste dal 1970? Sembra di rivedere lo stesso film di inizio 2020, e i bollettini giornalieri concentrati più sui contagi che sulle morti. Per l’Oms contano di più i casi o i decessi? Ecco i numeri: 17.156 casi segnalati e 5 decessi in tutto il mondo. «Si tratta di un focolaio che si concentra tra gli uomini che fanno sesso con uomini (Msm, ossia «men who have sex with men»), in particolare quelli con più partner sessuali», ha dichiarato Gebreyesus, circoscrivendo la platea in cui il Monkeypox si diffonde. Le evidenze indicano una minaccia talmente poco temibile che perfino il ministero della Salute l’ha qualificata come non preoccupante: secondo Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione, «In Italia finora sono stati registrati 407 casi (e nessun decesso, ndr) con tendenza alla stabilizzazione. La situazione è sotto costante monitoraggio ma non si ritiene debba destare particolari allarmismi». Numeri sconcertanti per la loro trascurabilità, rispetto ad altre emergenze sanitarie che non sono riuscite a scalare la classifica dei rischi, nonostante abbiano tassi di mortalità più significativi.Prendiamo ad esempio la tubercolosi, definita dall’Oms «tredicesima causa di morte al mondo e secondo killer infettivo dopo il Covid-19» (eppure, mai classificata come «emergenza sanitaria mondiale», misteri dell’epidemiologia): un totale di 1,5 milioni di persone sono morte nel 2020 (dati Oms) per Tbc, una malattia che avrebbe bisogno di 13 miliardi di stanziamenti l’anno per curarla. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione, circa un quarto della popolazione mondiale ha un’infezione da tubercolosi (per usare termini che ci sono noti, sono «positive» alla Tbc), dunque sono infettate ma non (ancora) malate. O ancora, la meningite batterica, «malattia grave» per i Cdc americani: si stimano 1,2 milioni di casi di meningiti batteriche ogni anno nel mondo, con 135.000 decessi l’anno. Pochi? La morte può verificarsi in poche ore e l’infezione può causare disabilità permanenti e danni cerebrali. Secondo i dati epidemiologici dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), la meningite meningococcica provoca il decesso nell’8-14% dei pazienti colpiti. In assenza di cure adeguate, il tasso di mortalità sale addirittura al 50%. Due pesi e due misure anche per la malaria: nel 2018 ci sono stati, secondo i dati Ecdc-OMS, 228 milioni di casi di malaria nel mondo e 405.000 decessi, vale a dire una media di 1.109 morti al giorno, eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha classificato la malaria «emergenza globale», forse perché è una delle prime dieci cause di morte soltanto nei Paesi a basso reddito. E il morbillo? Nel 2018 ci sono stati più di 140.000 decessi per morbillo a livello globale, per lo più tra i bambini di età inferiore ai cinque anni, e soprattutto nei Paesi a basso reddito.L’Italia, per fare un altro esempio, ha un triste primato per le infezioni ospedaliere: circa 50.000 l’anno (il 30% di tutte le morti per sepsi nei Paesi Ue), una strage che passa davanti ai nostri occhi nell’indifferenza, forse perché per risolverla basterebbero investimenti nelle strutture sanitarie. Ma le politiche sanitarie mondiali puntano più alle malattie che ai malati. Sarà forse per questo che l’altro ieri la Commissione europea ha autorizzato la commercializzazione del vaccino Imvanex come protezione contro il vaiolo delle scimmie, raccomandato la scorsa settimana dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema). L’approvazione è arrivata il giorno dopo che l’Oms ha dichiarato il Monkeypox «emergenza sanitaria globale». Tempestivi.
Il segretario agli interni britannico Shabana Mahmood (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 18 novembre 2025. Il nostro Maurizio Caverzan commenta la morte delle gemelle Kessler e ci riporta ai tempi della tv di quegli anni.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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