2019-01-19
L’Aifa conferma il pasticcio vaccini. Silenzio di tomba dal ministro Grillo
La replica dell'Agenzia dimostra che le case farmaceutiche hanno potuto aumentare i prezzi. La Verità ha provato a contattare il ministro della Salute, ma dopo aver accennato un'iniziale disponibilità a intervenire sulla vicenda, ha scelto di rimanere in silenzio.Come dimenticare la folle estate di due anni fa, quando migliaia di genitori, terrorizzati dall'idea di non poter iscrivere i propri figli a scuola, si fiondarono negli uffici delle aziende sanitarie locali per mettere in regola il libretto vaccinale della prole? «No vaccini, no scuola», recita infatti uno dei passaggi da sempre più contestati del decreto Lorenzin sui vaccini, approvato definitivamente dal Parlamento nel luglio del 2017. Momenti di vera e propria isteria collettiva, sfociate nel dramma di decine di bimbi allontanati da scuola e separati dai propri compagni perché indietro con la profilassi.Chi ha guadagnato dall'introduzione dell'obbligo vaccinale? Era appunto questa la domanda di partenza della nostra inchiesta, pubblicata in due puntate su queste pagine. La corsa ai vaccini ha avuto un solo vincitore, ovvero quella manciata di case farmaceutiche che tengono in pugno il mercato. Per questo motivo, volendo trovare un titolo a questa vicenda, non abbiamo potuto fare a meno di ribattezzarla «La grande abbuffata dei vaccini». Difficile dare un altro nome all'incremento del 36% della spesa per vaccini sostenuta dal nostro Sistema sanitario nazionale, cioè in ultima analisi da tutti i cittadini che pagano le tasse. La cosa forse più grave, però, è che già nel primo semestre di vita della norma il costo dei vaccini per dose definita giornaliera (l'unità di misura internazionale che permette di confrontare i volumi di spesa dei farmaci, ndr) è aumentato complessivamente del 62%.A seguito della pubblicazione della nostra inchiesta, l'Aifa (lo stesso ente che ci ha fornito i dettagli di spesa per gli anni 2016 e 2017), ha ritenuto opportuno esprimere alla Verità alcuni rilievi. «Sulla spesa 2017», scrive l'ufficio stampa dell'agenzia, «hanno intanto inciso - com'era prevedibile - gli interventi normativi del 2017, quali l'introduzione dei vaccini nei Lea, l'adozione del nuovo Piano nazionale prevenzione vaccinale (Pnpv) 2017-2019 e la legge 119/2017. Quest'ultima ha introdotto l'obbligo di vaccinazione per 10 patogeni, ma anche l'offerta attiva e gratuita di altre 4 vaccinazioni (tra cui anti meningococco B, anti meningococco C e anti pneumococco). Ha previsto inoltre, non solo la vaccinazione delle nuove coorti di nascita, ma anche il recupero di soggetti non vaccinati negli anni precedenti. Di conseguenza, l'aumento delle dosi acquistate e della relativa spesa era atteso». Dunque, ammette la stessa Aifa, nessuna sorpresa. Passi per l'incremento complessivo dei volumi, ma che dire dei costi? Tale aumento sarebbe dovuto, si legge nella nota, non soltanto «all'incremento delle dosi, ma anche alla composizione complessiva dei consumi all'interno di ciascuna classe di vaccini. Nello specifico, nel 2017 gli acquisti hanno interessato vaccini con un costo medio per dose più elevato rispetto a quelli utilizzati nel 2016. Ciò dipende dalla disponibilità di diverse alternative terapeutiche all'interno di ciascuna classe e dalle scelte operate dalle Regioni mediante procedure di gara a evidenza pubblica». Una delucidazione che anche in questo caso suona come un'ammissione. Il nostro pezzo, lamentano poi dall'Aifa, non farebbe la giusta distinzione tra vaccini obbligatori e non, inducendo in confusione il lettore. Salvo poi, più avanti nel comunicato, riconoscere che l'aumento ha riguardato i vaccini anti morbillo (obbligatori, +25%), anti varicella (anche questi obbligatori, +9%) e, aggiungiamo noi, anche gli anti pertosse (obbligatori, +64%). Senza contare poi l'esplosione, anche forse sull'onda della pressione mediatico, degli anti meningococcici (+61%), che obbligatori non sono ma che il decreto annovera tra quelli fortemente raccomandati. Infine, l'Aifa conferma nella nota che, una volta convocate al tavolo, le case farmaceutiche «hanno manifestato una prevalente indisponibilità alla riclassificazione dei vaccini in classe H (quella che prevede la negoziazione dei prezzi in capo all'agenzia)», ma l'ente ha ottenuto dalle aziende «in via generale l'impegno ad applicare nelle gare regionali sconti ulteriori rispetto a quello obbligatorio per legge e, nella maggioranza dei casi, a non aumentare il prezzo al pubblico dei prodotti vaccinali», da qui al 2022. Azioni che, stando ai calcoli dell'Aifa stessa, avranno ricadute positive sulla spesa del 2018. Tuttavia, come ha affermato nel suo intervento in Senato il 29 novembre scorso un imbarazzato Luca Li Bassi, successore di Mario Melazzini nella carica di direttore generale dell'Agenzia, l'impegno assunto dalle case farmaceutiche sarebbe solo verbale e non avrebbe natura vincolante. La Verità ha provato a contattare il ministro della Salute, Giulia Grillo, ma dopo aver accennato un'iniziale disponibilità a intervenire sulla vicenda, ha scelto di rimanere in silenzio. Un'occasione persa fin qui da maggioranza e governo per dire una parola su questa oscura vicenda.