2021-08-31
Laghi vola via dal crac di Alitalia. Rinviati a giudizio otto manager
A processo l'ex ad e il consigliere Roberto Colaninno. Tra gli archiviati Luca Cordero di Montezemolo e Antonella MansiTanti archiviati eccellenti e qualche rinvio a giudizio. Non finisce con un nulla di fatto l'inchiesta sul crac di Alitalia durante la gestione Etihad. L'opposizione da parte dell'azienda alla richiesta di archiviazione - formulata nel gennaio scorso tramite l'avvocato Roberto Borgogno - è servita a qualcosa. Venerdì scorso, 27 agosto, il giudice per le indagini preliminari della Procura di Civitavecchia, Giuseppe Coniglio, ha disposto l'archiviazione del procedimento per buona parte degli indagati, ma ne ha rinviati a giudizio altrettanti. Le posizioni di Luca Cordero di Montezemolo, Marc Cramer Ball, Duncan Naysmith, Jean Pierre Mustier, Antonella Mansi ed Enrico Laghi vengono archiviate «per non aver commesso il fatto». Ma allo stesso tempo viene però chiesto il rinvio a giudizio per James Rigney, Giovanni Bisignani, Corrado Gatti, Claudio Di Cicco, Silvano Cassano, Roberto Colaninno e Alessandro Cortesi. In sostanza, come si commentava ieri in ambito legale, si tratta di un colpo al cerchio e uno alla botte. La responsabilità penale, falso in bilancio e bancarotta fraudolenta, secondo Coniglio, sarebbe circostanziata solo in capo ad alcuni manager, tra cui l'ex presidente del collegio sindacale Gatti o l'ex ad Cassano. Il commissario Laghi e l'ex presidente Montezemolo invece escono dal procedimento. E questo nonostante la società sia finita in default con una perdita nel solo 2020 di almeno 100 milioni di euro al mese. Da più di dieci anni Alitalia finisce in perdita, ma è sempre complesso individuare i responsabili. Vale la pena ricordare la gestione disastrosa dei cosiddetti «capitani coraggiosi» (quasi 2 miliardi di debiti) e quella appunto della compagnia di bandiera emiratina Etihad (rosso di 199,1 milioni nel 2015, altro buco 492 milioni nel 2016 fino a 200 nei primi due mesi del 2017). Caso vuole che l'archiviazione arrivi proprio nei giorni in cui decolla la nuova Alitalia, Ita.Appare in ogni caso alquanto singolare la decisione del tribunale di Civitavecchia di rinviare a processo solo alcuni indagati. Per il processo Eni-Nigeria di Milano, finito con l'assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste, i giudici milanesi avevano disposto lo stesso il rinvio a giudizio anche se poi fu provata la carenza di prove e persino tentativi di inquinamento probatorio ora sotto indagine da parte della Procura di Brescia. In questo caso, invece, nonostante la relazione tecnica di Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo «completa, esaustiva e ben motivata» (come si legge nel dispositivo di archiviazione), il tribunale ha preferito archiviare diverse posizioni, evitando «richieste di integrazione istruttoria», anche perché l'avvio di ulteriori «indagini […] appare essere inutilmente gravosa nell'ambito di un procedimento già estremamente complesso e articolato nella fase di istruttoria dibattimentale». In sostanza, solo alcuni manager che gestirono le operazioni intorno ad Alitalia Sai, quando nel 2015 la compagnia aerea emiratina Etihad entrò nel capitale sociale con il 49%, lasciando la maggioranza alla Cai-Midco - gruppo di cui facevano parte banche (Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Intesa San Paolo) e Atlantia (holding della famiglia Benetton) -, avrebbero commesso irregolarità. Scelte che hanno portato la nostra compagnia di bandiera a un buco da quasi 1 miliardo di euro, che è stato ripagato con il solito intervento dello Stato, cioè con i contributi dei cittadini italiani. Secondo il gip, in pratica, la gestione fallimentare dell'azienda, avviata dal governo di Matteo Renzi , «risulta essere uno dei rari tentativi della compagnia di risolvere la decennale crisi della società con un piano industriale che prevedeva l'ingresso di un socio privato forte, quale Etihad, che ha versato circa 1 miliardo di euro nella breve vita della società e che ha visto ridimensionare e fallire il proprio intervento anche per la bocciatura ricevuta dagli stessi dipendenti Alitalia con il loro referendum, così come accaduto pochi anni prima per il piano avanzato da Klm e Air France, che prevedeva un forte ridimensionamento della forza lavoro».