2019-03-24
L’africano resta in galera: «Voleva colpire il governo e ci potrebbe riprovare»
Convalidato l'arresto dell'autista che ha tentato la strage. Il gip: «Non è pentito e la prigione è l'unico modo per fermarlo. Il suo intento era piegare l'esecutivo». Durante l'interrogatorio la fidanzata ripete, in lacrime, che Ousseynou Sy è un uomo buono. Non si capacita del fatto che abbia sequestrato e tentato di bruciare vivi 51 bambini di una scuola media di Crema.Di parere ben diverso è il gip di Milano, Tommaso Perna, che ha convalidato l'arresto del senegalese con cittadinanza italiana. Resterà rinchiuso a doppia mandata a San Vittore perché potrebbe rifarlo. E restano in piedi tutte le accuse, mosse dai pm Alberto Nobili e Luca Poniz: strage, sequestro di persona, lesioni e resistenza, aggravati dalla finalità di terrorismo. Secondo il giudice, l'uomo ha raccontato agli inquirenti un sacco di bugie: non è vero che la sua voleva essere solo un'azione dimostrativa a favore dei migranti e tanto meno che non avrebbe mai fatto male ai ragazzini. Si legge nel provvedimento: «La determinazione delittuosa dell'indagato, inaccettabile e riprovevole per la società civile in cui viviamo, è tale che deve ritenersi senza ombra di dubbio che, ove lasciato libero, egli commetterebbe certamente ulteriori reati della stessa indole». L'autista di 47 anni, che lavorava per l'azienda Autoguidovie, «mostra una totale assenza di considerazione rispetto alle regole di convivenza» e ciò «non consente di formulare una positiva prognosi sul suo comportamento futuro, laddove non venisse applicata alcuna misura». Il gip accoglie l'intero impianto accusatorio: «L'unica misura adeguata a contenere la fortissima spinta criminale dell'indagato, è quella della custodia cautelare in carcere».Nella convalida si smonta anche la linea della difesa, che ha tentato la carta del delirio per provare a rendere credibile l'infermità mentale, sostenendo che Ousseynou Sy avrebbe agito sotto l'impulso delle voci dei bimbi morti nel Mediterraneo che gli rimbombavano in testa. Altre bugie, secondo il magistrato: «La rappresentazione dei fatti che ha dato in sede di convalida non può che ritenersi il frutto di una posticcia e maldestra opera di rivisitazione della realtà, ciò al non troppo velato fine di poter contare sui benefici conseguenti ad una eventuale, ed improbabile, dichiarazione di incapacità di intendere e di volere».Nel documento si nega anche che non volesse far male a nessuno. Al contrario, cercava una strage di bambini: «Del tutto inverosimile è la versione offerta dall'indagato secondo cui non era sua intenzione quella di mettere in pericolo la vita degli ostaggi», rimarca il gip, «dovendosi invece ritenere che soltanto per una combinazione di fattori indipendenti dalla sua volontà non si sono verificate conseguenze ben più gravi». Per il giudice i fatti e le dichiarazioni raccolte dimostrano come «la potenzialità offensiva della condotta fosse elevatissima e concretamente idonea raggiungere lo scopo terroristico prefissato». In questo senso «inverosimili appaiono le dichiarazioni secondo cui egli avrebbe consentito ai passeggeri di scendere dall'autobus». Nel provvedimento di 24 pagine si sottolinea ancora come «la liberazione degli ostaggi non è in alcun modo dipesa dalle scelte del fuggitivo». La strage non si è dunque verificata «soltanto per la presenza di spirito di alcuni studenti, i quali sono riusciti a evocare i soccorsi, per la lucidità di alcuni insegnanti, e delle forze dell'ordine, che sono intervenute tempestivamente, bloccando abilmente la corsa del pullman e facendo uscire i passeggeri mentre l'indagato innescava l'incendio». L'intento di Sy «era, dichiaratamente, quello di compiere un'azione dimostrativa sull'onda dell'ira in lui generata dall'episodio del mancato sbarco di 49 persone», scrive il magistrato, riferendosi alla vicenda della nave Mare Jonio, con a bordo i migranti poi accolti a Lampedusa. «Appare evidente che lo scopo sotteso all'azione», prosegue, «era quello di costringere, o comunque condizionare, le politiche migratorie attualmente adottate dal governo in carica». Proprio questo intento implica l'aggravante di terrorismo. E ancora: «Deve altresì ritenersi che l'effetto intimidatorio nei confronti della popolazione, colpita nella sua primaria essenza vitale, ovvero i suoi figli, sia stato massimo». A dimostrarlo «depongono anche le modalità della condotta posta in essere dall'indagato il quale, per raggiungere lo scopo che si era prefissato, ovvero quello di condizionare le scelte migratorie del governo, ha evocato immagini di una violenza inaudita, di fatto minacciando di dare alle fiamme la scolaresca imprigionata all'interno del pullman, con i polsi legati». Le reali finalità dell'autista dello scuolabus, con precedenti per guida in stato d'ubriachezza e abusi su minore, emergono anche da altri particolari: «Ha minacciato i passeggeri utilizzando un coltello e una pistola e li ha privati della libertà, legando i loro polsi con fascette di plastica. La prova della condotta dell'indagato si trae, innanzitutto, dalle dichiarazioni rese dalle persone sentite come testimoni». Inoltre resta convinto di aver agito giustamente: «Non si è pentito dell'azione posta in essere», continua Perna, «probabilmente confondendo la liceità del fine ideologico prefigurato (salvare delle vite) con i mezzi adoperati per lo scopo (che hanno invece messo a repentaglio altre vite), nonché il rilievo che egli è rimasto totalmente indifferente rispetto ai rischi mortali ai quali ha esposto una moltitudine di individui che nulla avevano a che vedere con l'ideologia che lo ha spinto ad agire».
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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