2019-05-30
L’addetto antiriciclaggio vaticano dentro uno scandalo per fondi neri
Bloccati i conti di René Brülhart, giunto Oltretevere grazie al cardinale George Pell. Il suo nome figura in un'enorme inchiesta internazionale su malversazioni per oltre 1,8 miliardi di dollari.Di nuovo il denaro e il Vaticano. Di nuovo ombre di scandali finanziari che rimbalzano Oltretevere. Raccontano che nei Sacri palazzi, stavolta, l'obiettivo principale sia tenere coperta la faccenda il più possibile. In Italia non ne parla nessuno, all'estero, invece, l'ultima notizia, che sta creando più di un imbarazzo ai porporati, sta circolando anche in ambienti della Chiesa. La questione riguarda lo svizzero René Brülhart, il numero uno dell'Antiriciclaggio della Santa sede. Il suo nome è entrato nello scandalo del fondo 1Malaysia Development Bhd (1Mdb) ovvero quello che nel 2015 ha investito il governo della Malesia, con l'ex primo ministro, Najib Razak, accusato, con altri soggetti, di aver dirottato e sperperato 1,8 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2012. Una massiccia cospirazione internazionale, secondo la ricostruzione delle autorità internazionali, che indagano tra altro anche su varie ipotesi di corruzione. Sta di fatto che i conti in Svizzera di Brülhart - che in Vaticano è entrato grazie al cardinale australiano Geroge Pell - sono stati recentemente bloccati dalla procura. In ballo ci sono 2,5 milioni di euro, la cifra che Petrosaudi (un'azienda formalmente araba, ma con la testa a Ginevra, coinvolta nell'affaire malese) ha pagato ad alcune società svizzere di cui è azionista il presidente dell'Autorità di informazione finanziaria del Vaticano. C'è altro: probabilmente siamo di fronte a una recidiva. Per Brülhart, come riportato dalla Tribune de Geneve, un quotidiano svizzero, «non è la prima volta che il nome» dello sceriffo delle finanze vaticane «compare nei file relativi alle indagini finanziarie. È stato citato in diverse occasioni in documenti di indagine tedeschi, austriaci e svizzeri relativi a funzionari corrotti». Pur non essendo sospettato, il suo nome figura nei fascicoli della Procura elvetica, in particolare come partner commerciale di una degli imputati: la detective privata Christina Wilkening, ex spia della Germania Est. Brülhart ha cercato di smontare il caso, sostenendo che la misura decisa dal ministero pubblico della Confederazione elvetica sarebbe una sorta di prassi nell'ambito di inchieste finanziarie di questo tipo. Il sequestro di un conto bancario, tuttavia, non può essere considerato ordinaria amministrazione per nessuno, ancor di più per chi, ricoprendo un ruolo così delicato - come quello di controllore delle finanze, peraltro della «Banca di Dio» - dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto. Sospetti che a fatica si smontano con le dichiarazioni di rito, rilasciate dallo stesso presidente dell'Aif alla stampa svizzera: «Nel mio lavoro applico i requisiti più severi in termini di conformità alle disposizioni legali e alle norme etiche». I contorni della vicenda sono opachi e i confini globali. Si va dalla Malesia agli Stati Uniti col gigante Goldman Sachs preso di mira da un fondo di Abu Dhabi, proprio per corruzione nell'ambito delle manovre finanziarie di 1Mdb. Il fondo arabo avrebbe garantito miliardi di dollari di obbligazioni confezionate dal gigante americano per conto della scatola finanziaria malese. Il bandolo della matassa è assai difficile da trovare. Quanto a Brülhart, non ha mai rivelato quanto guadagna per il suo incarico in Vaticano né ha mai fatto completa chiarezza sui conflitti d'interesse proprio per i suoi affari lontano da Roma precedenti l'ingresso nei Sacri palazzi. Così come poco o nulla ha spiegato sul suo passato all'antiriciclaggio del Liechtenstein (un paradiso fiscale). E c'è da chiedersi come mai - nonostante lavori Oltretevere da oltre 6 anni - continui a intrattenere affari in Svizzera. Peraltro, continuando a prestare attività di consulenza a una società, Petrosaudi, che forse è una scatola vuota poiché in Arabia Saudita ha solo un numero di telefono e a Ginevra un solo lavoratore non dipendente. Le eventuali responsabilità penali di Brülhart andranno accertate. C'è da scommettere, tuttavia, che Jorge Bergoglio avanzerà qualche dubbio sulla scelta del cane da guardia piazzato a vigilare la Banca del Papa.
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