2021-09-12
L’Accademia del Papa regala un’altra carica alla solita Cartabia
Francesco nomina il ministro membro ordinario dell’ente pontificio per le scienze sociali. Un altro passo verso il Colle?Se la sua riforma fosse grande come le sue ambizioni, in Italia avremmo già risolto i problemi della Giustizia. Il Guardasigilli, Marta Cartabia, taglia un altro traguardo nel suo cursus honorum: la nomina, da parte di papa Francesco, a membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze sociali. Non è chiaro se sia entrata in quota cattolica o radicale, visto che la Corte costituzionale, quando lei ne era la vicepresidente, licenziò la famosa sentenza sul caso Cappato, che spianava la strada all’aiuto al suicidio. Pochi mesi dopo, la Cartabia scalò l’ultimo gradino, sfondò il «tetto di cristallo» - come da sua autocelebrazione - e fu eletta a capo della Consulta. Di sicuro, la sorte ci sta mettendo una dose d’ironia: la Pontificia accademia delle scienze sociali è quella che fu presieduta per dieci anni (2004-2014) da Mary Ann Glendon. Parliamo della studiosa di Harvard, poi ambasciatrice Usa presso la Santa Sede, che entrò in rotta con l’abortista Barack Obama e rifiutò di ricevere un premio, pur di non incrociarlo sullo stesso palco. Chissà se, da costituzionalista, apprezza la svolta dell’ex nemica dei «nuovi diritti», oggi convertita alla dottrina per cui le corti dovrebbero svolgere «una funzione dinamizzante dell’ordinamento».Dispute dottrinali a parte, la giurista lombarda, da abile acrobata di palazzo, è maestra nell’anticipare i tempi: prima vicinissima e impegnatissima con Comunione e liberazione, via via più defilata, in opportuno anticipo rispetto al decreto del luglio scorso, con il quale Jorge Mario Bergoglio tagliava la testa ai vertici di movimenti e associazioni laicali.È una nomina pesante, eloquente, quella dell’inquilina di via Arenula. Può darsi sia una semplice coincidenza, però è arrivata giusto 24 ore prima che il Papa, a Budapest, incontrasse Viktor Orbán, il premier magiaro sovranista, contrario all’immigrazione di massa. Mentre i principali media di area vaticana, da Agensir a Vatican news, sottolineavano le credenziali accademiche (e, velatamente, anche ideologiche) europeiste della Cartabia. Non sfugga un dettaglio: è la prima volta che un ministro italiano in carica viene cooptato nell’accademia, fondata da san Giovanni Paolo II nel 1994 e attualmente presieduta dall’economista Stefano Zamagni. In queste settimane, soprattutto, si sta consumando il primo atto di una battaglia decisiva: i radicali hanno lanciato il referendum sull’eutanasia (per la precisione, sulla legalizzazione dell’omicidio del consenziente). E proprio ieri, il Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, ha incontrato Matteo Salvini. Un vertice dal quale il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, ritiene possa emerge una collaborazione «sulle tematiche più scottanti». Ecco, i precedenti del Guardasigilli non contribuiscono esattamente a costruire l’immagine di una monolitica opposizione ecclesiastica alla propaganda per la «dolce morte», quantunque la Santa Sede abbia almeno evitato il paradosso di piazzare la Cartabia alla Pontificia accademia per la vita… Siamo alle solite «bergogliate»? Un colpo al cerchio e uno alla botte? Specialmente quando il colpo al cerchio sembra troppo sbilanciato a destra, come nel caso dell’apparente intesa con Salvini? Oltretevere, è indubbio, nessuna mossa si compie per caso. Dal punto di vista dell’ex presidente della Corte costituzionale, invece, l’ennesimo pubblico tributo d’onore è un’altra stelletta da esibire nella lunga, ma instancabile scalata al Colle. Diciamo, una «benedizione» vaticana per i sogni quirinalizi dell’attuale ministro, invero già noti da anni. Certo, a volte i suoi disegni politici, che, quando La Verità iniziò a parlarne, lei negò piccata, indulgevano in eccessi di confidenza: la professoressa si è vista almeno un paio di volte presidente di un esecutivo di unità nazionale: prima del governo gialloblù e dopo la caduta di Giuseppe Conte. Nel 2018, Sergio Mattarella, che la stima, preferì tuttavia sacrificare l’ingenuo Sergio Cottarelli, pur di sbloccare lo stallo politico prodotto dalle elezioni. A febbraio scorso, vista la gravità della situazione, il presidente della Repubblica, refrattario all’idea di un ritorno alle urne, ha sguinzagliato l’artiglieria pesante, chiamando a Palazzo Chigi Mario Draghi. Ed è palese che l’ex capo della Bce sia il principale concorrente della Cartabia per la successione a Mattarella.Non sarà un caso, insomma, se dopo una lunga striscia di partecipazioni al Meeting di Rimini - nel 2019, addirittura, si fece viva in due panel, in due giorni consecutivi - nel 2020, quando era previsto l’arrivo di Draghi, la Cartabia sia sparita dalla programmazione. Sarebbe stato come far giocare Lionel Messi e Cristiano Ronaldo nella stessa squadra, nello stesso reparto di campo: i due top player si pesterebbero i piedi e si offuscherebbero a vicenda. Con ogni probabilità, è piuttosto lei a patire il peso dell’autorevolezza e del prestigio dell’ex banchiere, che l’ha voluta nel «governo dei migliori», presumibilmente su suggerimento dello stesso Mattarella. Ma se la rincorsa al Colle, come pur spesso accade, non riservasse sprint finali di outsider assoluti; se il presidente della Repubblica non fosse davvero disponibile per un bis; e considerate le pressioni per far logorare Draghi nel Vietnam di Chigi per poi, magari, regalargli un esilio d’oro a Bruxelles; be’, salirebbero sensibilmente le quotazioni quirinalizie della Cartabia. Europeista ma digeribile dalla destra, formalmente cattolica ma accreditata tra i libertari. E comunque «unta» dal Papa della misericordia.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco