
Quota 100, utilizzo del contante, plastic tax, ora anche l'abolizione dello scudo penale per l'Ilva. Il ministro Teresa Bellanova è una specie di dottoressa Jekyll e miss Hyde. Quello che decide al governo disapprova l'indomani parlando sui giornali e in tv.Teresa Bellanova è un caso da studiare, sia dal punto di vista politico che da quello della psiche. Il ministro dell'Agricoltura, infatti, deve essere affetto da un caso di dissociazione della personalità, che lo porta a partecipare al Consiglio dei ministri approvandone i provvedimenti, ma subito dopo, una volta conclusa la riunione, a dimenticare le misure a cui ha detto sì. Infatti, il giorno seguente la vispa Teresa è tra le prime a prendere le distanze da ciò che ha votato, criticando le misure e chiedendone la cancellazione. Segnali di questo disturbo d'identità, la parlamentare di Italia viva li aveva già mostrati durante il varo della manovra economico finanziaria. Dopo una notte trascorsa a trattare e limare la legge, la Bellanova se n'era dissociata, dimenticando di aver votato sì alla valanga di tasse che Conte e compagni avevano scaricato sulle spalle degli italiani. Passata la nuttata la ministra aveva infatti iniziato a cannoneggiare ciò che aveva contribuito a costruire. Il mantenimento di quota 100, ossia della possibilità di anticipare la pensione? Un errore cui rimediare in fretta. «Con quota 100 l'impiegato dell'anagrafe va in pensione e il carpentiere rimane sul ponteggio a 67 anni. Una politica riformista significa scegliere nella scala chi ha una priorità», ha spiegato in tv, forse essendosi dimenticata di dirlo durante la riunione del Consiglio dei ministri.E il limite all'utilizzo del contante che il premier voleva a tutti i costi portare a 1.000 euro? Anche quello alla Bellanova non piace, perché lei, a quanto pare, oltre a essere favorevole alla libera circolazione del pensiero lo è pure per la moneta. Peccato che quando a Palazzo Chigi si è trattato di decidere il tetto da applicare per incentivare le carte di credito, non pare che il ministro abbia fatto le barricate. Lo stesso si può dire della plastic tax e perfino delle altre varie imposte, tipo quella catastale e di registro, ma anche della stangata sulle auto aziendali date in uso ai dipendenti. Tutti provvedimenti che sono finiti nel mirino di Italia viva e di conseguenza anche della sua capo delegazione ministeriale, ossia Teresa Bellanova, la quale è una specie di dottoressa Jekyll e miss Hyde in gonnella. La sera in Consiglio dei ministri approva, la mattina sulle pagine dei giornali e nelle trasmissioni televisive disapprova.L'ultimo caso di sdoppiamento della personalità è il più clamoroso. A tutti è noto che dopo la decisione di togliere l'immunità penale ai manager dell'Ilva, Arcelor Mittal ha rinunciato ad acquistare il gruppo siderurgico, con il rischio che 15.000 dipendenti finiscano sul lastrico e l'Italia si perda un pezzo di Pil, pari all'1,5 per cento del fatturato del Paese. La clausola che doveva proteggere gli amministratori era stata garantita prima che gli indiani sottoscrivessero il patto con il governo e da settimane se ne discuteva, perché era risaputo che il Movimento 5 stelle, per recuperare voti tra i pugliesi che sono contro l'azienda, avrebbe voluto cancellare l'immunità. La faccenda era talmente conosciuta da avere trovato l'approvazione del presidente del Consiglio, che pur di mantenere la poltrona e schivare le grane con gli azionisti di maggioranza dell'esecutivo sarebbe pronto pure a dichiarare Taranto, città dove ha sede l'Ilva, zona «desiderurgizzata». Il caso era così chiaro nella testa di tutti, che la questione era pure finita in Parlamento, dove l'ex ministro Barbara Lezzi, cinquestellina rimasta a bocca asciutta con il nuovo esecutivo e dunque leggermente inferocita, aveva presentato un emendamento proprio per togliere l'immunità penale ai manager dell'industria tarantina. Emendamento che non era stato votato solo dai grillini, ma anche dai piddini e - udite udite - pure da quegli italiani vivi che hanno seguito Matteo Renzi. Insomma, Teresa Bellanova se n'è stata zitta, chinando il capo, quando Conte dava via libera all'abolizione dello scudo penale, poi ha lasciato che il suo partito dicesse sì all'emendamento Lezzi, ma - quando è scoppiato il patatrac e l'azienda indiana ha mandato a quel paese il governo italiano e restituito le chiavi - il ministro delle giravolte più che dell'Agricoltura ha tuonato contro la decisione. «Senza lo scudo penale non si può risanare», ha spiegato in diretta radio. «Qui bisogna recuperare razionalità e senso di responsabilità». Eh sì, Teresa Bellanova, ministro dell'Agricoltura e anche della disinvoltura, ha ragione. Ma Bellanova Teresa, parlamentare di Italia viva e anche di Italia gira, forse non sa che il suo partito non era a favore della razionalità né della responsabilità, perché ha approvato l'emendamento Lezzi. Certo, ora che la frittata è fatta Italia Iva (si è intestata la battaglia contro l'aumento dell'imposta regalando agli italiani un profluvio di altre tasse), ha deciso di raccogliere le firme per il ritorno dello scudo penale dell'Ilva ed è probabile che come testimonial sia scelta proprio lei, la ministra doubleface. Così soprannominata, non per gli abiti che esibisce, ma per la disinvoltura con cui indossa le idee, cambiandole dalla sera alla mattina. Più che Bellanova, Teresa è una che ogni giorno se ne inventa una nuova.
La Meloni convoca i sindacati sulla manovra. Ma la Cgil è preoccupata per la decisione della Consulta che potrebbe aprire le aziende a Usb, Cobas e Orsa. Intanto Stellantis produce meno di mille auto al giorno.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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(IStock)
Il tribunale di Novara riconosce un risarcimento alla vedova per il mancato commiato, negato a causa delle restrizioni nel 2021.
Mario Venditti. Nel riquadro da sinistra: Maurizio Pappalardo, Silvio Sapone e Antonio Scoppetta (Ansa)
Il maggiore Pappalardo, a 44 anni, inizia una storia con una ragazza di 17. Quando viene mollato, chiede aiuto agli amici Scoppetta e Sapone. Che iniziano a sorvegliare la donna, pure con un dispositivo Gps.