2018-07-28
La verità che nessuno dice su Marchionne
Falle, omissioni, bugie. La morte del manager è ancora avvolta nel mistero. Con il passare dei giorni affiora una realtà diversa da quella accreditata. Era sofferente da tempo e si sapeva. Ma Fca nega e cerca di incolpare dei silenzi la sua compagna. Perché?Non prendeteci in giro, per favore. È così difficile, o forse imbarazzante per qualcuno, raccontare finalmente la verità su ciò che è accaduto a Sergio Marchionne? Perché si vuole nascondere così ostinatamente la realtà? È possibile che si sia arrivati a questo punto solo con il cinico e prevalente scopo di non creare cadute dei titoli e quindi danni finanziari? O ci sono altre impensabili ragioni? In questo quadro, possibile che non ci sia il minimo rispetto per la persona Marchionne, per i suoi figli, per la sua compagna Manuela? Lo scomparso non merita, tra l'altro, anche parecchia gratitudine da parte di chi ha potuto guadagnare ingenti somme grazie al suo lavoro e al suo ingegno manageriale? Il caso Marchionne, che è stato fatto diventare un giallo proprio dal comportamento dell'apparato di comunicazione Fca, vede aprirsi molti spiragli per una ricostruzione ben diversa da quella che per giorni si è voluta accreditare e che invece si sta rivelando una sgangherata versione piena di falle, bugie e ipocrisia. Il giorno della Waterloo dei pasdaran dell'ufficio stampa di John Elkann si registra giovedì, il giorno più terribile per chi sta occultando la verità. È il giorno successivo alla morte di Marchionne, il trentesimo dall'inizio della sua fine (giovedì 28 giugno, ultimo ricovero a Zurigo). Le prime crepe arrivano da Alpignano, vicino a Torino. Pierluigi Battezzato, il papà di Manuela, dalla sua villetta, rilascia un'intervista piena di notizie inedite e conferma molti sospetti già affiorati. I problemi di salute c'erano da tempo: «Un anno fa aveva smesso di fumare, sembrava che le sue condizioni di salute stessero migliorando. Lui non si è mai fermato. Era chiaro a tutti che non stesse bene. Il suo fisico si era asciugato e lui era affaticato e respirava con molta fatica».Primo dato: tutti sapevano. Secondo punto: ben prima del 28 giugno era noto anche che Marchionne doveva subire un intervento, ma non si sarebbe trattato di nulla di drammatico: «Ho parlato con Sergio poco prima che venisse operato ed era tranquillo. Aveva persino fissato una riunione che avrebbe dovuto tenersi in questi giorni. Poi ci siamo dati appuntamento per le vacanze, c'era un progetto per riunire tutta la famiglia». Poi l'imprevisto e il più inquietante interrogativo: hanno sbagliato i medici? Che cosa è andato male in quell'intervento? Ha detto il papà di Manuela: «Quello di Sergio doveva essere un intervento semplice. Invece è accaduto il peggio. Non lo so, a volte penso che se non fossero andati in Svizzera forse sarebbe stato diverso… se si fosse fatto operare alle Molinette, qui in Italia…». Il silenzio (per certi versi ineccepibile e giustificato) dell'ospedale di Zurigo comincia a vacillare nel momento in cui anche i social svizzeri rilanciano domande come queste: «Medico sbagliato, ospedale sbagliato?». «E se fosse stato un errore medico a far sopraggiungere la complicazione? Non lo sapremo mai». La vicenda rischia di mettere a rischio la reputazione della sanità elvetica. Questo pericolo va stroncato sul nascere, consiglia Patrick Suppiger, presidente dell'Associazione svizzera per la comunicazione e la gestione della crisi. Ed esorta l'ospedale a reagire in qualche modo. Detto fatto, ed ecco a sorpresa un fatto inedito e impensabile per la Svizzera: un comunicato dell'Universitatsspital, l'ospedale universitario dove è custodita la cartella clinica top-secret dell'illustre defunto. Marchionne - dice il comunicato - «da oltre un anno si recava a cadenza regolare presso il nostro ospedale per curare una grave malattia». Smentita l'inadeguatezza delle cure: «Nonostante il ricorso a tutti i trattamenti offerti dalla medicina più all'avanguardia, il signor Marchionne è purtroppo venuto a mancare». Evidentemente non si fa cenno a errori o valutazioni sbagliate, anche se si ammette che «attualmente l'ospedale (Usz) è oggetto di diverse voci tendenziose da parte dei media relativamente alla cura del paziente». Ma si rovescia il problema sottolineando le caratteristiche peculiari per cui anche Marchionne aveva scelto quella struttura: «La fiducia dei-delle pazienti nei confronti del ricorso alle migliori terapie possibili e nella discrezione è cruciale per un ospedale».Dunque Marchionne stava male da tempo, periodicamente entrava in ospedale e le sue condizioni non erano buone . Insomma, giorni e giorni a negare e mentire e ora quel comunicato fa crollare il castello delle menzogne. A cominciare dai contenuti delle lettere di John Elkann ai dipendenti (che parla «del mio grande amico»), alla fretta (programmata da tempo?) con cui sono stati riuniti i cda, alla scelta dei successori di Marchionne (uno dei quali con consorte che ha fatto film porno con Rocco Siffredi), ma soprattutto al fatto che a Torino abbiano sostenuto per giorni e giorni di non saperne nulla. Le repliche al comunicato dell'ospedale zurighese sono incredibili. Il primo flash dice: «Fca: “Non eravamo informati sul suo stato di salute", questa la replica di un portavoce di Fca». Insomma, la reiterazione del refrain con l'aggiunta: «Per motivi di privacy sanitaria la società non aveva conoscenza dei fatti relativi allo stato di salute del dottor Marchionne». Si ha subito la sensazione che si cerchi di rovesciare ogni responsabilità, ogni colpa per questo «silenzio» addirittura su Manuela Battezzato. Scrive Fca: «Venerdì 20 luglio la società è stata informata dalla famiglia del dottor Marchionne - senza alcun dettaglio del serio deterioramento - delle sue condizioni e che di conseguenza egli non sarebbe stato in grado di tornare al lavoro. La società ha quindi prontamente assunto e annunciato le necessarie iniziative il giorno seguente». In sostanza si cerca di rovesciare ogni colpa sulla «famiglia» di Marchionne per salvare John Elkann, che aveva subito parlato di «improvviso peggioramento», di «situazione impensabile» fino a poche ore prima, e aveva detto che per lui quelle «condizioni irreversibili» erano state una sorpresa assoluta. Ma allora come funziona il sistema Fca se una notizia del genere non filtra e non viene «scoperta» nel corso di un lungo anno? Possibile che non ci sia stato, tra coloro che avevano contatti ravvicinati con Marchionne, un autista, una segretaria, un addetto stampa, un collaboratore, un membro della security, che si sia accorto di nulla? Possibile che nessuno abbia segnalato ai superiori che «il Dottore» non si sentiva bene e con frequenza andava in ospedale a Zurigo? Ma che strane queste «security» Fca! Spariscono misteriosamente quando c'è bisogno di loro, visto che devono garantire, in tutti i sensi, «l'incolumità» dei massimi vertici aziendali. Non ci sono quando c'è da «sorvegliare» Lapo per tenerlo lontano dai rischi di certe frequentazioni. Non ci sono quando Edoardo Agnelli per quattro giorni esce di casa da solo e si mette al volante, per poi andare a morire sotto un viadotto dell'autostrada. Misteri di Fca. Il più sincero di tutti, colui che per primo ha violato il «silenzio stampa» imposto, è stato Franzo Grande Stevens. Dall'alto dei suoi 93 anni si è permesso di scrivere (attenzione: «lettera aperta» e non, com'era logico, un'intervista, quasi che in via Solferino non volessero «sporcarsi le mani» andando contro la versione ufficiale): «Quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che egli era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Tuttavia, quando seppi che era soltanto un «intervento alla spalla», sperai. Invece, come temevo, da Zurigo ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine». Grande Stevens aveva osato scoperchiare i sepolcri imbiancati con 48 ore di anticipo. Ma lo avevano subito rampognato, così come ci risulta lo sia stato il direttore del Corriere. Ora, noi speriamo caldamente che a essere rampognata non sia la povera Manuela Battezzato. Avete visto che già le attribuiscono la «colpa» di non aver detto nulla sulle condizioni di Sergio. Avete visto, ma forse non sapete, che venerdì sera, nella corsa a turare le falle dopo il comunicato dell'ospedale, Manuela è stata forse «costretta» a scrivere una email all'agenzia americana Bloomberg. Afferma il Corriere della Sera: «La famiglia di Marchionne», scrive l'agenzia Bloomberg sul suo sito, «ci ha fatto sapere con una email che Fca non era a conoscenza delle gravi condizioni di salute di Sergio». L'email all'agenzia è firmata da Manuela Battezzato, la compagna di Marchionne». E qui affiora un altro inquietante scenario, delineato (spontaneamente?) dal Corriere: «Se Marchionne era consapevole di rischiare la vita, non si capisce per quale motivo avrebbe nascosto all'azienda le sue reali condizioni. Da manager esperto, tra l'altro, era ben consapevole di quale fosse la linea di confine fra il suo diritto alla privacy e il suo dovere di informare il Gruppo che, a sua volta, ha degli obblighi legali verso le Borse nelle quali è quotato, verso i soci americani e verso gli enti di controllo come la Consob.Ecco perché temiamo che qualcuno abbia fatto scrivere a Manuela l'email a Bloomberg: per far credere che sia vera la versione secondo cui Torino non sapeva, e la famiglia Marchionne è colpevole di aver taciuto…. Ora, noi temiamo - e speriamo tanto di sbagliarci - che possano «prendersela» in qualche modo con Manuela Battezzato, la quale tra l'altro, è una dipendente del settore comunicazione di Fca. E quindi temiamo che qualcuno le possa imputare ciò che stranamente scrive il Corriere a cadavere ancora caldo: «ll suo ruolo è stato doppio, ammesso che sapesse tutto fin dall'inizio della malattia e della sua gravità. Per lei c'era da una parte l'azienda, alla quale in quel caso avrebbe nascosto l'informazione, dall'altra l'uomo della sua vita, che amava e accanto al quale è rimasta fino all'ultimo istante». Capito il messaggio? Dato che Fca dovrà ovviamente trattare con i due figli di Marchionne e anche con Manuela la liquidazione, le stock-option e tutti gli altri ingenti aspetti economico-finanziari legati alla famiglia e agli eredi del defunto, non vorremmo che venissero adottate verso la sua famiglia pressioni senza stile e rispetto per un uomo che ha reso più ricchi tanti di coloro che oggi o domani potrebbero dimenticare tutto…. Ne avremo la prima prova tra un mese, al momento della messa di trigesima che John vuole al Santuario della Consolata, a Torino. Manuela ha rifiutato la «parata» dei resti del suo uomo al Lingotto. Ma riuscirà a resistere a ulteriori pressioni? Se tra un mese la vedremo accanto a John, capiremo qualcosa di più. Forse.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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