2020-10-23
La veloce marcia verso il lockdown. Primo passo: isolare le Regioni
In discussione la soglia per la nuova serrata: a 30.000 positivi al giorno (ieri erano 16.000) o a 2.300 ricoverati in terapia intensiva (ieri erano 992). Controproposta di Luca Zaia: «Spostamenti permessi e neolaureati in corsia».La fine è nota, benché tutti continuino a negare recisamente l'intenzione di giungere a un lockdown nazionale. Il percorso per arrivarci, invece, non lo è ancora, per quanto la tattica furbesca del governo sia ormai chiara: lasciare che le cose accadano, un giorno perché a stringere è una Regione e il giorno dopo perché a farlo sono alcuni tra i Comuni maggiori. Risultato: nell'ormai tradizionale appuntamento televisivo del weekend (questo oppure il prossimo), Giuseppe Conte potrà presentarsi come un mero notaio che prende atto dell'inevitabile, scaricando i costi di impopolarità che le misure sempre più restrittive determineranno su un sistema produttivo già in ginocchio. Ieri alla Camera il premier si è preparato il terreno: «Siamo pronti a intervenire nuovamente se necessario».Inutile girarci intorno: i dati resi noti ieri pomeriggio rappresentano un altro passo verso questo esito che appare ormai scontato quanto pericoloso per l'economia. Nelle ultime 24 ore, sono stati effettuati 170.392 tamponi (circa 7.500 in meno di quelli del giorno prima), con 16.079 casi di positività, circa 1.000 in più del giorno precedente (9,4%, contro l'8,5% del giorno prima). I morti sono stati 136 (ma si ignora il quadro clinico dettagliato delle persone decedute). I ricoverati in terapia intensiva sono stati 66 in più, per un totale di 992. Andrebbe sottolineato che, nei momenti peggiori di marzo e aprile, le persone in terapia intensiva furono 3.900/4.000, ma gran parte dei media omette sistematicamente questo richiamo. Un po' di Regioni - anche alcune governate dal centrodestra - si sono ritrovate a essere parte della sceneggiatura gradita a Palazzo Chigi e alla sua strategia dello scaricabarile. Lombardia, Lazio e Campania sono state le prime a proclamare il «coprifuoco»; il Piemonte e la Liguria hanno un ventaglio di restrizioni più variegato; e ieri si è aggiunta la Sardegna, dove si sta valutando o l'alternativa più dura di un lockdown di 15 giorni (con eliminazione dei collegamenti aerei e via mare, stop agli spostamenti tra Comuni, chiusura delle attività) o l'opzione meno devastante di un coprifuoco notturno accompagnato dalla chiusura dei centri commerciali nel fine settimana. Ed è sempre più insistente l'ipotesi di zone rosse anche nelle città maggiori, da Nord a Sud. In questa atmosfera caotica e ansiogena, fonti anonime della maggioranza si avventurano nella ricerca del «numero magico» oltre il quale dovrebbe scattare il lockdown. Secondo una prima scuola di pensiero, l'asticella insuperabile sarebbe quella dei 30.000 positivi al giorno; secondo un'altra versione, la soglia invalicabile sarebbe quella dei 2.300 ricoverati in terapia intensiva. Ed è qui che casca l'asino: quest'ultimo dato testimonia che il vero punto debole della situazione sta negli intollerabili ritardi nell'allestimento di nuovi posti di terapia intensiva. Non si comprende perché, dopo un'estate in cui tutti sapevano del rischio di una seconda ondata, si sia atteso ottobre per il relativo bando. Le stesse fonti di governo e maggioranza, a microfoni spenti, avanzano un'altra ipotesi intermedia, sempre nell'obiettivo (dichiarato) di non arrivare al lockdown totale, e cioè la chiusura dei confini regionali. Ma ciascuno comprende che, a quel punto, l'effetto lockdown sarebbe già nei fatti.Una delle poche voci in parziale controtendenza, ieri, e anche una delle poche a provare a disegnare una controstrategia, è stata quella del governatore del Veneto, Luca Zaia, che, pur descrivendo una situazione delicatissima in termini di contagi, si è dichiarato fermo oppositore del blocco dei passaggi tra regione e regione: «Pensare di fermare i passaggi tra regioni vuol dire fare il lockdown. Meglio la mascherina per i cittadini, anziché pensare ai confini delle regioni o ai mini lockdown. Se fermo i passaggi tra regioni devo bloccare tutto. Come posso accettare che mi arrivi un cittadino da Francia o Germania e mettere una barriera sulla Lombardia o sulla Campania?». Zaia ha anche avanzato una proposta forte per affrontare il problema della carenza dei medici: «L'unico sistema è quello di mandare i neolaureati in corsia. Tutto ciò è dovuto ad una mancata programmazione negli anni passati, al numero ristretto di ingressi nelle specializzazioni. Io non ho nulla contro le specializzazioni, ma dico che i medici, una volta laureati, devono entrare in corsia, come avviene negli altri paesi».Cauto rispetto agli eccessi di drammatizzazione anche Matteo Salvini, ai microfoni di Radio Radio: «Con 38,2 di febbre ti mandano in ospedale, ma non ci sono solo i malati di Covid: infarti, malattie cardiovascolari, trapianti, diabete, non sono andati in ferie. Stanno facendo terrorismo, una corsa all'ospedale senza necessità scientifica e si toglie spazio agli altri malati. In Italia al giorno muoiono 1.800 persone, se oggi sono 136 quelle morte di Covid, ce ne sono più di 1.660 morte di altro. Sarebbe interessante verificare quanti di questi morti di Covid avessero altre patologie: se io ho tre tumori e muoio anche di Covid...».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)