2025-10-25
La Ue alza la benzina di 17 cent al litro
In Italia soffrono i settori della plastica riciclata e del riuso tessile. Pure chi ridà vita alla carta da macero è travolto da norme ecologiche pesanti. Nella mobilità elettrica a due ruote le aziende sono finite in crisi.L’Ets 2, il sistema Ue pensato (male) per costringere aziende e famiglie a passare alle rinnovabili, si estende anche all’edilizia residenziale e ai semplici autotrasportatori. Risultato: il prezzo del metano salirà del 35%, carburanti più cari di 17 cent/litro.Lo speciale contiene due articoliDoveva essere la grande occasione per l’industria europea, ma la transizione ecologica rischia di trasformarsi in una corsa a ostacoli che penalizza proprio chi ha deciso di investire nella sostenibilità. Dalla plastica al tessile, dalla carta al settore della mobilità elettrica, le imprese italiane che hanno creduto nel «green deal» europeo denunciano una realtà sempre più difficile: norme rigide, costi energetici insostenibili e concorrenza extraeuropea stanno minando le basi economiche della transizione.Le aziende del riciclo della plastica, per esempio, sono in piena crisi. «Non è una difficoltà improvvisa, ma ormai è esplosa», avverte Walter Regis, presidente di Assorimap parlando al Sole24Ore, che rappresenta il 90% del settore con 350 imprese e 10.000 addetti. Il costo di produzione della plastica riciclata in Italia è triplicato rispetto a Turchia e Cina e cinque volte superiore a quello del Vietnam. Il Pet riciclato si paga oggi tra 1.400 e 1.500 euro a tonnellata, contro gli 800-900 del vergine europeo e i 500 di quello asiatico. «Così non è sostenibile: rischiamo un tappo alla raccolta dei rifiuti», denuncia Regis. In Europa, dal 2023, hanno già chiuso quaranta impianti di riciclo, due dei quali in Italia. Le aziende del comparto, che dal 2022 hanno perso il 30% del fatturato, chiedono incentivi mirati e il riconoscimento dei risparmi energetici e ambientali generati dal riciclato. Ma per ora la risposta resta appesa ai tavoli del Mase.Anche il riutilizzo tessile è in sofferenza. Secondo l’Osservatorio Ipsos per Erion Textiles, ogni italiano ha eliminato in un anno una media di 7,6 capi d’abbigliamento, una montagna di abiti di scarsa qualità che ingolfa i centri di raccolta e non trova sbocco sul mercato. «La filiera è schiacciata da prodotti di poco valore, difficili da rivendere e costosi da smaltire», spiega Andrea Fluttero, presidente di Unirau, l’associazione dei raccoglitori di abiti usati. In attesa dell’introduzione del sistema europeo di responsabilità estesa del produttore (la cosiddetta Epr), che dovrebbe imporre ai brand di contribuire ai costi del riciclo, il comparto sopravvive tra perdite e magazzini pieni. «Senza un sostegno immediato, il rischio è che il riuso diventi antieconomico», avverte Fluttero.A fare eccezione, almeno ufficialmente, è il settore della carta da macero, che continua a distinguersi come una delle eccellenze italiane. Secondo il rapporto Unirima 2024, l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germania, con 6,8 milioni di tonnellate e un tasso di riciclo dell’85,8%, superiore agli obiettivi europei fissati per il 2030. Ma anche qui la stabilità è solo apparente: la volatilità dei prezzi, i costi energetici e le tensioni geopolitiche hanno reso il mercato sempre più incerto. Nel 2025 il valore medio della carta riciclata è crollato da 115 a 50 euro a tonnellata in pochi mesi. Il comparto è dunque virtuoso ma sempre più appesantito. Da cosa? Oltre il 90% delle imprese censite da Unirima ha la percezione che l’onere burocratico sia aumentato «in modo significativo» o «moderato» tra il 2022 e il 2024. Tra le aree più problematiche figurano gli adempimenti ambientali, indicati da oltre la metà degli intervistati, che comprendono modelli unici di dichiarazioni, autorizzazioni e sistemi di gestione per qualità e ambiente. Anche qui, insomma, il green fa male a veri e propri campioni dell’economia circolare.Se andiamo su strada, capitolo mobilità elettrica, le notizie sono ancora più brutte. Crisi profonde hanno interessato marchi made in Italy che hanno scommesso sulle due ruote a batteria. Nel 2024 è fallita Energica Motor Company, pioniera delle moto elettriche ad alte prestazioni, con asset valutati 5,7 milioni di euro e un patrimonio tecnologico di livello tra brevetti, software e know-how industriale. L’azienda modenese però potrebbe rinascere. Sì, ma grazie a investitori di Singapore interessati al marchio. Chi invece sta provando una seconda, difficile, vita è Estrima. Il gruppo della micro-mobilità elettrica noto per il veicolo Birò, in estate ha concluso positivamente il percorso di composizione negoziata della crisi con le banche. L’accordo consentirà all’azienda di concentrarsi sul piano industriale e sul rilancio delle attività e di superare un peggioramento dei numeri: il bilancio 2024 di Estrima si era chiuso con una perdita di 2,1 milioni di euro, un valore della produzione è stato di 31,9 milioni (in calo rispetto ai 44,4 milioni del 2023), principalmente a causa del rallentamento dell’economia tedesca e della congiuntura internazionale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-ue-alza-la-benzina-di-17-al-cent-litro-2674231731.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="benzina-e-gas-arriva-la-supertassa-europea" data-post-id="2674231731" data-published-at="1761342795" data-use-pagination="False"> Benzina e gas, arriva la supertassa europea «Il Consiglio europeo prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre misure per facilitare l’entrata in vigore dell’Ets 2 e invita la Commissione a presentare una revisione del quadro di attuazione dell’Ets 2, compresi tutti gli aspetti pertinenti». Così recita il punto 47 delle conclusioni del Consiglio europeo del 23 ottobre. Assieme al punto in cui si invita la Commissione a procedere con la revisione della regolamentazione sulle automobili, è uno dei punti qualificanti del documento seguito alla riunione dei capi di Stato e di governo europei a Bruxelles. Ets 2 è un acronimo che sta a significare Emission Trading System, ovvero il sistema con cui si obbligano le aziende che utilizzano gas e carbone a pagare una tassa sulle emissioni di anidride carbonica (CO2). Le aziende se ne approvvigionano comprandole alle aste periodiche. Su questo sistema si è montato anche un mercato finanziario con i futures quotati sul mercato Ice. Tipicamente, le aziende obbligate all’Ets sono i grandi consumatori di energia, dagli acciaieri ai produttori di energia elettrica termoelettrici.L’Ets 2 è però qualcosa di nuovo e che riguarda non più solo le aziende, ma dal 2027 anche le famiglie e tutte le imprese, anche quelle medie e piccole. Infatti, dal 1° gennaio 2027 la tassa sulla CO2 si pagherà anche per i consumi di carburanti per autotrazione e per il riscaldamento di casa. In realtà, non è esattamente una novità: già dall’anno scorso è partito il monitoraggio delle quantità vendute al dettaglio dai fornitori di gas, benzina e diesel, con le aziende che sono tenute a comunicare le quantità vendute ad un registro centrale. Ne abbiamo parlato dalle colonne di questo giornale diverse volte. Ma dal gennaio 2027 si comincerà effettivamente a pagare, o meglio, i grossisti di idrocarburi dovranno pagare per le quote di CO2 e trasferiranno, ovviamente, tali costi a valle sui consumatori finali.Secondo alcune stime, le emissioni legate a riscaldamento delle case civili e automobili ammontano in Unione europea a circa 1,2 miliardi di tonnellate di CO2. Si tratta di sostenere dunque un extracosto visibile legato al fatto che utilizzando quei combustibili si genera CO2. Per la prima volta, dunque, si colpisce in maniera diretta ed esplicita il consumo di idrocarburi anche di chi li usa per scaldare la casa o viaggiare con l’auto. Con un prezzo della CO2 attorno ai valori di oggi, circa 80 euro a tonnellata, il prezzo del gas subirebbe un aumento di 16 centesimi di euro a megawattora, che rappresenta il 50% del prezzo all’ingrosso attuale (32 €/MWh). Considerando che il prezzo finale del gas al consumatore è più alto, immaginandolo ad esempio a 45€/MWh, l’aumento sarà del 35% (cui va aggiunto il maggiore esborso per l’Iva).L’aumento sul prezzo della benzina sarebbe di circa 17 centesimi al litro, pari a circa il 10% del prezzo finale. Per l’Italia il conto sarebbe di circa 150 miliardi in sei anni. Ci sarà un contributo del Fondo sociale europeo per il clima di 7 miliardi, più circa 2 miliardi dal governo. Davvero poca cosa. L’aumento del costo di benzina e riscaldamento avrebbe un unico effetto, cioè quello di gravare di una nuova tassa e raccogliere denaro. La logica dell’Ets dovrebbe essere diversa, cioè incentivare a cambiare tecnologia per passare ad auto elettrica e riscaldamenti elettrici. Ma il problema è che un prezzo della CO2 a questi livelli non incentiva a cambiare tecnologia, perché l’investimento necessario per cambiare tecnologia è comunque troppo alto. Il risultato di disincentivare le emissioni non sarebbe quindi raggiunto, mentre si raccoglierebbero soltanto miliardi di euro, che sarebbero destinati ai sussidi alle energie verdi. Secondo alcune stime, per incentivare davvero a cambiare auto, le quote di emissione di CO2 dovrebbero costare diverse centinaia di euro a tonnellata, in modo da raddoppiare il costo della benzina. A quel punto, reso proibitivo il costo della benzina, sarebbe conveniente cambiare mezzi di trasporto e andare sull’elettrico. Sempre se nel frattempo l’energia elettrica costerà di meno! La revisione dell’Ets 2 prospettata dalla Commissione ed apprezzata dal Consiglio del 23 ottobre potrebbe contenere il prezzo delle quote di CO2 a 45 - 50 euro a tonnellata. Ma a questi livelli, l’unico effetto è di aumentare il costo dei combustibili senza avere forza sufficiente per spingere a cambiare tecnologia. Sarebbe solo una mossa che serve a raccogliere denaro e provocare inflazione. Gli autotrasportatori, ad esempio, riverseranno i maggiori costi sul prezzo del loro servizio, e così via fino al consumatore finale, che pagherebbe tutte le emissioni, in ultima istanza.Il Paese che più di tutti subirà le conseguenze di questo sistema cervellotico sarà l’Italia, perché in Francia, Germania, Svezia e Norvegia, per esempio, esso è già in vigore in forme diverse. Per questi Paesi l’eventuale aumento dei costi per CO2 sarebbe molto piccolo. Per l’Italia invece l’aumento è secco. Da notare che nonostante Ets 2 sia già in vigore in questi Paesi, le emissioni da trasporto non siano calate. A conferma che si tratta di una pura tassa. Gli ingegneri sociali Ue insistono con gli esperimenti sulla pelle dei cittadini.
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
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