2019-03-09
La triptorelina in Gran Bretagna c’è. Ma sono già pentiti «Aumento di suicidi»
Londra è più avanti nell'uso del farmaco, tuttavia molti medici lanciano l'allarme: «Calo del benessere fisico e danni emotivi».Il presidente Marvel Victoria Alonso: «Il mondo è pronto» per il primo omosessuale con dei poteri.Lo speciale contiene due articoli.Mentre in Italia si apre al medicinale per il cambio di sesso degli adolescenti, in Gran Bretagna, dove lo usano da anni, si chiude. Eppure sarebbe buona regola, nonché sintomo d'intelligenza, imparare dagli errori altrui. Sono gli stessi medici inglesi a sollevare dubbi sugli effetti della triptorelina, che di fatto congela la pubertà in attesa che il minorenne possa scegliere in seguito la sua identità sessuale. Con l'assunzione di questo farmaco viene infatti inibita la secrezione di gonadotropine con la conseguenza di sopprimere le funzioni testicolari e ovarica, ritardando lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Che cosa possa provocare nell'organismo un simile bombardamento ormonale a lungo termina? Non si sa. Di certo non si tratta di prendere un'aspirina, anche se in Inghilterra il ricorso a questa terapia farmacologica è diventato quasi di prassi. E qui sta il problema: da mesi si sta discutendo sui pericoli e l'opportunità di sottoporre dei ragazzini, ancora confusi nelle loro scelte, a cure le cui conseguenze sono pericolose. Ci si chiede anche come mai ci siano così tanti minorenni decisi a intraprendere il percorso della transizione sessuale. E se ad alimentare il fenomeno spingano le potenti associazioni che lottano per i diritti dei transessuali. Sono le cifre in crescita esponenziale a destare sospetti e interrogativi. Dal 2014 il numero di richieste pervenute al Gender identity development service (Gids) di Londra, l'unico centro del Regno Unito a occuparsi dei bambini e ragazzi che vogliono cambiare sesso, è aumentato del 400%, passando da 468 a 2.519 pazienti all'anno. Stiamo parlando di minorenni, come ha raccontato sulla Verità Francesco Borgonovo, che agiscono con il consenso dei genitori. L'ultima denuncia in ordine di tempo piove da Michael Biggs, non un opinionista da talk show ma stimato professore di sociologia a Oxford, che accusa il Gids di aver occultato i risultati negativi della cura sugli adolescenti transgender, continuando nel frattempo a riempirli di ormoni. La ricerca svolta da Biggs rivela che dopo un anno di trattamento i pazienti tendono all'autolesionismo «cercando deliberatamente di ferirsi o di uccidersi». Inoltre i genitori hanno anche riferito «un significativo aumento dei problemi comportamentali ed emotivi» e una «significativa diminuzione del benessere fisico». Insomma, il trattamento che dovrebbe risolvere un problema d'identità non avrebbe alcun effetto positivo, neppure da un punto di vista psicologico. Anzi il disagio aumenta, tanto che le famiglie denunciano in tutti i casi un intensificarsi dei «problemi comportamentali». Secondo Biggs «i farmaci bloccanti della pubertà hanno esacerbato e non risolto la disforia di genere», ma nonostante questo centinaia di giovanissimi con età inferiore ai 16 anni continuano a essere trattatati con quella che lui definisce «droga». In definitiva il risultato sarebbe l'opposto del voluto: anziché permettere ai ragazzi di riflettere con più calma sulla scelta futura e, al contempo, mitigare l'impatto psicologico, si crea nel paziente ancora più confusione. Compreso l'insorgere di pulsioni suicide. Ricordiamo che mentre Oltre Manica si moltiplicano gli allarmi, in Italia l'Aifa ha appena stabilito «l'estensione della prescrivibilità e rimborsabilità» di questo farmaco. Come sottolinea un altro professore dell'Università di Oxford, Carl Heneghan, prima di usare tali ormoni sono necessarie ricerche «rigorose» e «approfondite» sugli effetti delle «droghe» somministrate ai giovani transgender. Ricerche che non sono state fatte con il dovuto scrupolo e quindi «genitori e figli non sono messi in grado di prendere una decisione informata e basata sulle prove». Ma perché tanta fretta? Che qualcosa al Gender identity development service, che dipende dal servizio sanitario nazionale, non funzionasse lo si è scoperto dopo la denuncia di David Bell, ex presidente della Società psicanalitica britannica e capo del personale clinico del Gids. Ha sbattuto la porta dopo aver scritto un report che ha fatto scoppiare lo scandalo, sostenendo che il servizio per il cambio di sesso dei minorenni non è in grado di valutare adeguatamente i suoi giovanissimi pazienti. E ha anche denunciato che il Gids riceve parecchie pressioni, in particolare da parte dii gruppi di potere legati agli attivisti transessuali. Sollecitazioni che sono state ammesse pubblicamente anche da Polly Carmichael, direttrice del centro. A ulteriore conferma di uno scenario inquietante sono arrivate anche le dimissioni di Marcus Evans, stimato terapeuta che sedeva ai vertici della fondazione che guida il Gids. Il motivo lo spiega lo stesso professore in un lungo articolo sul Daily Mail: «Questi trattamenti hanno conseguenze di vasta portata e sconosciute e, senza una sufficiente esplorazione dei sentimenti e delle motivazioni del bambino, possono avere effetti devastanti sulla sua vita, la sua identità e il suo sviluppo». Secondo il luminare, i medici che si occupano del cambio di sesso dei minorenni subiscono troppe pressioni, e prendono decisioni precipitose: «C'è pressione da parte del bambino che si trova in stato di angoscia», spiega Evans, «c'è pressione da parte della famiglia e degli amici, c'è pressione da parte delle lobby pro trans. E tutto questo mette sotto pressione il medico, che vorrebbe aiutare il paziente a risolvere il suo stato d'angoscia fornendo una soluzione rapida».Concludendo, i ragazzi stanno peggio di prima, non risolvono i conflitti interiori e non si sa a quale rischi saranno esposti sul lungo periodo. Siamo proprio sicuri che sia un diritto o piuttosto è una forma di tortura?Carlo Piano<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-triptorelina-in-gran-bretagna-ce-ma-sono-gia-pentiti-aumento-di-suicidi-2631063527.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="marvel-disegnera-un-supereroe-gay-promuoviamo-la-diversita-di-genere" data-post-id="2631063527" data-published-at="1758064988" data-use-pagination="False"> Marvel disegnerà un supereroe gay. «Promuoviamo la diversità di genere» «Il mondo è pronto per un supereroe gay». A lanciare la novità, nutrendo l'ideologia gender fluid, è stata la Marvel, questa volta. Victoria Alonso, amministratore delegato degli Studios, ha utilizzato la premiere statunitense di Captain Marvel per dichiarare i propri intenti. «È una questione che mi sta molto a cuore (quella legata alla presenza in video di supereroi omosessuali, ndr)», ha detto a Variety, «Tutto il successo dei Marvel Studios è dovuto alla presenza di persone che sono incredibilmente differenti tra loro. E, d'altronde, perché non dovrebbe essere così? Perché dovremmo essere riconosciuti solo da un determinato genere di persone?», si è chiesta la Alonso, inerpicandosi in una sequela di domande retoriche culminata nel sillogismo con il quale ha legato la diversità degli spettatori alla necessità di diversificare il proprio prodotto. «Il nostro pubblico è globale, vario ed inclusivo», ha cominciato, «se non facessimo così, falliremmo. Se non spingessimo sul pedale della diversità, su quello dell'inclusività, non riusciremmo ad ottenere i nostri continui successi», ha concluso Victoria Alonso, le cui parole sono arrivate dopo giorni caldi. Giorni in cui, ad Hollywood, è circolata la voce di un insolito meccanismo di casting. La Marvel, si è detto senza che ciò trovasse però alcuna conferma negli Studios, avrebbe deciso di ingaggiare per Gli Eterni - nuova pellicola in programma - un protagonista dichiaratamente gay. Un attore che abbia fatto outing e che possa, perciò, interpretare al meglio il primo supereroe omosessuale che gli studi Marvel abbiano mai visto. La Alonso sul casting ha mantenuto intatto il proprio riserbo: «Siamo impegnati nella ricerca del miglior cast possibile. Quando potremo, quando saremo pronti ad annunciarlo, lo faremo», si è limitata a dire, confermando, se non le modalità, quantomeno la volontà di portare al cinema un eroe gay. «Perché il mondo è pronto». Perché la diversità è cosa fattuale. E perché conformarsi, con solerzia e rapidità, ai diktat di Hollywood è necessario, e pure redditizio. Quel che la Alonso, nel proprio monologo, si è dimenticata di dire è che la decisione di Marvel è stata presa a tavolino. È stata studiata e calcolata con la freddezza interessata riservata ai prospetti economici. Kevin Feige d'altronde lo aveva annunciato: «Porteremo sempre più donne all'interno dell'universo Marvel, nei prossimi anni, e cercheremo di promuovere la diversità di genere, sia per quel che riguarda i personaggi, sia per quel che riguarda le persone che lavorano ai nostri film», aveva detto il presidente degli Studios, compiacendosi degli ottimi risultati ottenuti da Black Panther, primo lungometraggio dedicato ad un supereroe di colore. «Sono convinto che, con diverse voci, si possano ottenere storie migliori e sorprendenti», si era detto Feige, vagheggiando uno scenario che negli ultimi dodici mesi ha assunto vita e concretezza. La Marvel ha sfornato il primo film, Captain Marvel, dedicato ad un'eroina femminile e «venduto» alla Sony Miles Morales, primo Spiderman di colore. Il personaggio, ideato nel 2008, cavalcando l'entusiasmo seguito all'elezione americana di Barack Obama, è stato fatto protagonista di Spiderman: un nuovo universo e si è aggiudicato l'Oscar al miglior film di animazione. La Marvel, allora, ha tirato dritto per la propria strada e annunciato la decisione di inserire all'interno del proprio universo un supereroe gay. La creatura dovrebbe fare capolino nel film Gli Eterni, live-action con il quale gli Studios porteranno al cinema l'infinito dissidio tra Eterni e Devianti. Ma quali connotati debba avere, ancora, non è stato definito. Victoria Alonso si è ben guardata dal dire alcunché e così pure Kevin Faige. La cortina di silenzio è stata innalzata e un ennesimo passo verso la dittatura del gender fluid si è compiuto. Claudia Casiraghi