
Il sistema andrà a caccia di foto pedopornografiche salvate sul Cloud e denuncerà gli utenti. Ma ci sono pericoli per la sicurezza. Per incastrare un soggetto basterà spedirgli una immagine vietata sul cellulare. E se gli algoritmi sbagliano, chi pagherà i danni?Le foto dei bambini in spiaggia, i nostri selfie, gli screenshot di documenti. Tutto finisce sul Cloud, sulla nuvola. E ora anche nella Mela. Perché Apple ha annunciato che scansionerà tutte le foto caricate dai propri utenti in iCloud e salvate sui dispositivi. L'obiettivo è politicamente corretto: ricercare le immagini pedopornografiche che verranno così segnalate alle autorità competenti utilizzando un metodo basato su codici cifrati che non dovrebbe mettere a rischio la privacy.La mossa di Apple arriva a poche settimane dalla plenaria di Strasburgo dove il Parlamento europeo aveva dato parere favorevole (con 537 sì, 133 no e 20 astenuti) a un regolamento europeo proprio in merito all'«uso di tecnologie per il trattamento di dati personali ai fini della lotta contro gli abusi sessuali sui minori online». Il regolamento battezzato Chatcontrol ha un periodo di applicazione limitato a tre anni (il tempo considerato necessario per l'adozione di un nuovo quadro giuridico a lungo termine) ma è comunque una «deroga temporanea alla direttiva 2002/58/Ce» sulla cosiddetta ePrivacy relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni che avvengono via messaggistica, utilizzando app come Whatsapp, Telegram o Signal. In sostanza, questa eccezione al divieto di sorveglianza massiva consente ai provider dei servizi di comunicazione di intercettare il traffico di materiale pedopornografico che avviene tramite i propri sistemi, segnalandolo alle autorità. Ora Apple si allinea, anzi si spinge oltre fin sulla Nuvola. Prima che vengano caricate su iCloud, infatti, il sistema della Mela trasformerà le foto di iPhone, iPad, Watch e computer Mac, in un set di simboli che verrà confrontato con un database fornito da alcune associazioni contro la pedopornografia, come il National Center for Missing and Exploited Children, che è in grado di riconoscerle anche se ci sono stati dei piccoli cambiamenti come tagli o applicazione di filtri. Un software aggiuntivo, spiega sempre l'azienda sul proprio sito, farà delle ulteriori verifiche, tali da rendere la probabilità di errore inferiore a una su un trilione.I funzionari delle forze dell'ordine hanno una banca dati che raccoglie le immagini note di abusi sessuali su minori traducendole in «hash», ovvero codici numerici che identificano positivamente l'immagine ma non possono essere utilizzati per ricostruirli. Apple ha implementato quel database utilizzando una tecnologia chiamata «NeuralHash», progettata per catturare anche immagini modificate simili agli originali. Quel database verrà archiviato su iPhone. Quando un utente carica un'immagine sul servizio di archiviazione iCloud di Apple, l'iPhone creerà un hash dell'immagine da caricare e la confronterà con il database. Un'eventuale corrispondenza farà scattare un avviso che farà intervenire degli operatori che verificheranno se effettivamente le foto fanno parte del database precostituito. In questo caso l'account dell'utente verrà disabilitato e scatterà la segnalazione alle autorità. All'assistente personale Siri verrà inoltre insegnato a «intervenire» quando gli utenti cercano argomenti relativi agli abusi sessuali su minori.La nuova funzione sarà disponibile con uno dei prossimi aggiornamenti del software ma solo, almeno per ora, negli Stati Uniti. Ma da Bruxelles sono già partiti gli applausi: «È importante adottare ulteriori misure per combattere gli abusi sessuali sui minori. Discuterò ulteriormente di questo problema durante la mia visita a Washington alla fine di questo mese», ha scritto su Twitter la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, postando un articolo in cui si riporta l'iniziativa del gruppo guidato da Tim Cook.Bisogna però guardare anche all'altra faccia della medaglia. Cosa succederà se e quando un algoritmo farà scattare l'allarme aprendo le porte delle comunicazioni private alle forze di polizia? E se qualcuno tenta di sfruttare il sistema per incastrare persone innocenti, piazzando sul loro iPhone foto di abusi su minori? Non solo. Chi controllerà che il sistema di allarme non apra la porta anche al monitoraggio di altri contenuti? Chi ha accesso alle blacklist private? C'è anche il problema della fallibilità di questi algoritmi e dei possibili attacchi.Le foto archiviate solo sul telefono non vengono controllate, ha assicurato Apple, e la revisione umana prima di segnalare un account alle forze dell'ordine ha lo scopo di garantire che eventuali corrispondenze siano autentiche prima di sospendere un account. Gli utenti che ritengono che il proprio account sia stato sospeso in modo improprio, viene aggiunto, «possono presentare ricorso per ripristinarlo». Sarà, ma come faceva notare ieri su Twitter Matteo Navacci, cofondatore di Privacy network, «la sorveglianza deve essere giustificata da gravi indizi di reato. Viceversa, sorvegliare in massa le persone alla ricerca di indizi di reato è sbagliato e grottesco».
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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