2020-04-18
La task force di Colao scivola sulle deleghe al colosso americano Boston consulting
La multinazionale chiede pareri a nome del governo, creando imbarazzo. Anche perché nel team c'è un manager del gruppo.L'avvocato Stefano Simontacchi siede nel cda del Corriere della Sera, che spara a pallettoni sulla Regione Lombardia. E vanta una vasta rete di relazioni con fondi di private equity.Lo speciale contiene due articoli.Tra poco, servirà un'app per tracciare gli eventuali comportamenti inopportuni o discutibili di quelli che scelgono le app, o - se preferite - una task force per vigilare sulla task force precedente. Paradossi? Fino a un certo punto, visto che ogni giorno la surreale gestione italiana della crisi del coronavirus offre nuove stravaganze istituzionali, ulteriori comportamenti al limite, continue situazioni difficilmente compatibili con il ruolo che la Costituzione assegnerebbe a Parlamento e governo (e non ad altri). Sapete che è stata istituita (con scarsa soddisfazione di Giuseppe Conte, che ha cercato di annacquarla in ogni modo) una task force guidata dall'ex top manager Vodafone, Vittorio Colao. Sapete anche (La Verità lo ha raccontato un paio di giorni fa) che, curiosamente, una delle prime riunioni del gruppo di lavoro si è impantanata intorno al tema di una specie di immunità, di manleva legale che sarebbe stata richiesta a gran voce da alcuni dei membri, timorosi di divenire oggetto di imputazione di eventuali responsabilità penali e patrimoniali. E resta soprattutto il carattere ibrido e istituzionalmente ambiguo di questo comitato. Se decidesse qualcosa, si tratterebbe di un plateale commissariamento di Camere ed esecutivo; se invece degradasse verso un'attività da centro studi, si rivelerebbe l'ennesimo pleonastico carrozzone all'italiana. Un pasticcio, comunque si consideri la faccenda. E gli opposti retropensieri politici (quelli di Conte, che vuol mettere sabbia negli ingranaggi di Colao; e quelli del Pd, che pensa a Colao per sostituire Conte nel medesimo perimetro giallorosso) non aiutano di certo a uscire dal limbo.Da 36 ore, si aggiunge un'anomalia di cui La Verità è venuta a conoscenza. Alcune personalità del mondo industriale e bancario sono state destinatarie di una richiesta di avanzare proposte, suggerimenti e opinioni per la task force. E fin qui tutto bene, anzi benissimo: che alcuni soggetti autorevoli siano stati contattati per dare un contributo di idee era immaginabile e anche positivo. Ma la sorpresa (in primo luogo per gli interessati, che sono letteralmente caduti dalle nuvole, a meno che abbiano loro stessi frainteso, il che appare però improbabile) è stata che a contattarli avrebbe provveduto Boston consulting, la ben nota società internazionale di consulenza strategica, nata negli Usa e ora diffusa in 50 Paesi, che in Italia opera tra Milano e Roma. Boston consulting group è un autentico gigante del settore con un giro d'affari inferiore solo a McKinsey. E già qui lo stupore sarebbe grande, al limite del surreale. Un comitato dal vago e sdrucciolevole fondamento giuridico, che già si muove su regole del tutto incerte, e che, per un'attività tutta politica, avrebbe attivato in qualche forma una società di consulenza privata. La notizia, se confermata, dovrebbe destare allarme in primo luogo in quelli (in area giallorossa abbondano, a ogni livello istituzionale) che da decenni ripetono la giaculatoria della centralità del Parlamento, che a questo punto sarebbe ridotto nemmeno a luogo di ratifica, ma di mera presa visione (postuma) di attività politicissime che un comitato di incerta natura avrebbe a sua volta affidato a un soggetto privato. Per non dire dei membri del governo: a questo punto, che ci starebbero a fare ministri e sottosegretari? Ma non finisce qui. Andando a scorrere i 17 nomi del comitato Colao, districandosi tra professori e conferenzieri, spunta il nome di Giuseppe Falco, la cui qualifica, nella pagina del sito Governo.it dedicata alla task force, è quella di ad per il sistema Italia-Grecia-Turchia e senior partner e managing director di Boston consulting group.A questo punto, le domande nascono spontanee. Le attività di contatto con imprenditori, banchieri, protagonisti del mondo economico, sarebbero state svolte direttamente da Falco? Su iniziativa propria, o su incarico di chi guida la task force, o comunque a che titolo? Oppure sarebbero state delegate in qualche modo alla struttura di Boston consulting, anche solo per poter svolgere un numero massiccio di conversazioni e contatti? Ferma restando - per doveroso spirito garantista - la convinzione della correttezza di tutti i soggetti interessati, e di un'azione complessiva improntata per tutti a buona fede e spirito civico, come si concilia il lavoro nella task force con la quantità di consulenze e rapporti che Falco e la Boston consulting vantano per la natura stessa della loro attività e professione? Anche qui: per anni abbiamo sentito - più o meno opportunamente - parlare di conflitti d'interessi, anche solo potenziali. E stavolta non c'è questo rischio? Ribadita ancora una volta la presunzione della correttezza di ciascuno, il solo fatto di ricevere una telefonata pone l'eventuale interlocutore nell'umanissimo dubbio di quale sia la veste in cui il superconsulente o la sua struttura potrebbero teoricamente cercarlo.Lungi da noi gettare ombre. Ma anche questo è il frutto avvelenato di una situazione istituzionalmente poco chiara, che è pericoloso protrarre in una condizione di ambiguità. Il mix tossico rappresentato da un perimetro di competenze indistinto, da sovrapposizioni confuse con i titolari di funzioni istituzionali, dalla difficoltà di controllo e comprensione per parlamentari e opinione pubblica, è solo destinato a generare problemi di trasparenza, di comunicazione, e in ultima analisi di corretto funzionamento della macchina pubblica. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-task-force-di-colao-scivola-sulle-deleghe-al-colosso-americano-boston-consulting-2645744980.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="si-dipana-la-rete-di-cairo-e-di-rcs" data-post-id="2645744980" data-published-at="1587146062" data-use-pagination="False"> Si dipana la rete di Cairo e di Rcs Nella task force per la fase 2 guidata da Vittorio Colao figura anche l'avvocato Stefano Simontacchi. Indicato nella nota del governo come presidente della Fondazione Buzzi, Simontacchi in realtà è molto di più. Per esempio siede nel cda di Rcs - di cui lo stesso Colao è stato in passato amministratore delegato - come uomo di fiducia di Urbano Cairo. A maggio 2019 è stata addirittura convocata una assemblea straordinaria allargando il numero di consiglieri per reintegrare Simontacchi, che era già stato negli anni precedenti membro del board del gruppo editoriale del Corriere della Sera. Lo stesso quotidiano sulle cui pagine in questi giorni sono stati versati fiumi di inchiostro avvelenato contro i vertici della Regione Lombardia per la gestione dell'emergenza. E che ha anche registrato gustosi retroscena sui mal di pancia interni alla task force per l'accelerazione lombarda sulle riaperture. Ma Simontacchi nella comunità economico-finanziaria e in quella politica è noto soprattutto per il suo incarico e ruolo professionale: è presidente dello studio legale Bonellierede, fuso nel 2019 con Lombardi Associati dando vita a una delle maggiori law firm italiane, e fondato da Sergio Erede, il più noto avvocato d'affari d'Italia. Che è uno dei legali di Rcs nell'arbitrato per la contestata cessione per 120 milioni della sede del Corriere di via Solferino a Blackstone nel 2013, oggetto di una causa del fondo Usa verso il gruppo editoriale. Nel team di esperti schierato al fianco del governo Conte, l'avvocato demiurgo porta dunque il suo ricco bagaglio di esperienze a anche di connections, come le chiamano in Piazza Affari. Relazioni. Anche con altri componenti della task force di Colao. Come Giuseppe Falco, partner e managing director di Boston consulting group, che compare con Simontacchi tra gli sponsor del nuovo fondo Sinergia Venture lanciato a gennaio da Synergo sgr per sostenere startup e pmi innovative, italiane ed europee. A suo agio nei palazzi della finanza, ma anche in quelli della politica, Simontacchi è stato tra gli esperti più ascoltati dal governo Renzi su alcune delle riforme in cantiere (fondamentale il suo ruolo nella nascita del Patent box, lo sgravio fiscale su brevetti e marchi protetti, e importante il suo contributo nel dibattito sulla riforma delle Agenzie fiscali). Non solo. Alle ultime edizioni del forum di Cernobbio, che scandisce le agende di settembre di quel che resta del gotha della finanza e dell'economia, l'avvocato ha fatto da «sensale» all'ex ministro degli Esteri, Angelino Alfano, presentandolo a imprenditori e banchieri, stringendo mani e scambiandosi business card utili per nuovi affari sulla terrazza di villa d'Este. Perché l'ex ministro, avvocato, ora si dedica a tempo pieno alla libera professione legale: è diventato superconsulente, nello studio Bonellierede dove lavora in un team dedicato all'assistenza di aziende, Stati e istituzioni in materie collegate al diritto internazionale pubblico. Portando in dote quelle che gli addetti ai lavori chiamano skills accumulate come ministro della Giustizia dal 2008 al 2011, dell'Interno dal 2013 al 2016, degli Affari esteri nel 2017-2018 oltre a essere stato vicepremier nel 2013-2014. Tanto che lo stesso Alfano è entrato - pure lui - in un'altra task force, quella lanciata a ottobre 2019 sempre dallo studio Bonellierede sul golden power per affiancare le imprese dei settori strategici ogni qualvolta il governo decida di esercitare il potere di veto si operazioni di investimento. Background professionale impeccabile, grande esperienza, fitte relazioni, poltrone importanti, molti clienti e molti interessi. Per questo ci si chiede: nelle sfide che attendono la task force del governo, l'avvocato Simontacchi scenderà in campo solo con la maglia del team Colao?
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