2022-03-22
La tardiva «scoperta» degli esperti. Con i divieti non si ferma il Covid
Sconfessata l’utilità delle misure oppressive mantenute nel nostro Paese. Andrea Crisanti: «Accettare l’ipotesi di contrarre il virus». Matteo Bassetti: «Per tornare alla normalità bisogna vivere normalmente». Invece Ilaria Capua...Se non si è anziani o fragili, bisogna «accettare l’ipotesi di contrarre il virus». Ancora una volta, le affermazioni di Andrea Crisanti sconfessano l’utilità delle misure restrittive mantenute nel nostro Paese, però ci fanno chiedere come mai si sia perso tanto tempo in chiusure e limitazioni con le precedenti varianti, visto che questa è la condizione di convivenza con il Covid. Il professore di microbiologia all’università di Padova, in un’intervista sulla Stampa ieri precisava che, al di fuori delle categorie protette, se «siamo vaccinati, anche se ci prendiamo il Covid non succede nulla di grave. È come un’influenza». Quanto a chi non ha fatto nemmeno una dose o il booster, pazienza: «Oltre al risultato raggiunto non riesco a immaginare altri scenari», aggiungeva Crisanti perché, molto realisticamente «non possiamo obbligare 4,5 milioni di persone a vaccinarsi». Lo scorso settembre non la pensava così, quando metteva in guardia: «Con la variante Delta, che ha un indice di trasmissione superiore a 7, tutte le persone non vaccinate si infettano in due anni. Non c’è la possibilità di scappare dal virus con questo tipo di trasmissibilità». Poi arrivò la sudafricana, ancora più veloce nel diffondere il contagio, e il professore ribadì: «Con Omicron non c’è scampo per i non vaccinati». Preannunciava: «Alla fine di uno o due anni ci saranno guariti, vaccinati o deceduti», mentre adesso dice che «dobbiamo metterci il cuore in pace» se non abbiamo patologie pregresse (però lo scorso Natale faceva fare tamponi molecolari ai suoi invitati) e che «è meglio prendersi il Covid che fare la quarta dose». È il concetto, altamente indigesto al ministro della Salute, che dobbiamo convivere con il virus. Roberto Speranza non si sentirebbe tranquillo nemmeno con il 99,9% degli italiani vaccinati, avere oltre il 91% di inoculati non è bastato a cancellare green pass e super carta verde. Questi obblighi insensati perdureranno dopo il 31 marzo, termine dello stato di emergenza, costringendo a un tampone ogni 48 ore i lavoratori privi del Qr code, o a mostrare il test negativo prima di salire su aerei, navi o treni non locali. Parliamo di attività e di spostamenti essenziali, se poi consideriamo le limitazioni prolungate che riguardano ristoranti e bar al chiuso, o cinema e teatri, la road map degli allentamenti è decisamente una presa in giro sconfessata dagli esperti che adesso hanno il coraggio di prendere le distanze da Speranza. Come fa Crisanti, che perfino sui dispositivi di protezione ha ridicolizzato le misure non archiviate. «L’obbligo della mascherina al chiuso è del tutto ininfluente, perché per funzionare bisognerebbe non togliersela mai», dichiara. Un anno fa la sua idea, invece, era che se utilizzassimo tutti le Ffp2 «sicuramente abbatteremmo la circolazione del virus in modo importante». Oltre alle versioni contrastanti sull’utilità di mascherarsi al chiuso e all’aperto, con Walter Ricciardi strenuo difensore dell’obbligo «almeno fino a giugno», assistiamo alle valutazioni diametralmente opposte circa l’impatto di Omicron2. Per Crisanti «è inutile pensare a nuove misure restrittive, non servono assolutamente a nulla», mentre secondo Fabrizio Pregliasco «dobbiamo prepararci a una possibile fase di nuove restrizioni», grazie al boom di contagi, «fino a 120.000-150.000 casi al giorno», previsto da Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe. L’infettivologo Matteo Bassetti, convinto lo scorso novembre che «alcune attività sarebbe bene farle fare unicamente a chi è guarito o a chi è vaccinato» e, a dicembre, che Omicron avrebbe contagiato «molti di quelli che non hanno la terza dose», mentre la variante non ha risparmiato i boosterizzati, adesso ridimensiona gli effetti di quella che definisce «la gemella espansiva di Omicron 1». Ai microfoni di Rds, Radio dimensione suono, ieri mattina puntualizzava: «È molto contagiosa però un conto è avere un tampone positivo e il naso che cola, qualche doloretto, un conto è finire in ospedale». Il professore non ha dubbi: «Occhio a chiamarla quinta ondata, perché gli ospedali non hanno alcun tipo di problema. Questa è la prima ondata del virus 2.0, cioè di un virus depotenziato, in qualche modo sconfitto nelle sue forme più gravi grazie alla possente campagna vaccinale». Perciò, «se ci contagiano due o tre volte, pazienza staremo cinque giorni a casa. La convivenza con un virus influenzale è altra cosa», assicura il direttore di malattie infettive del San Martino di Genova, che vede una sola via d’uscita da questa emergenza sanitaria senza fine: «Per tornare alla completa normalità bisogna vivere normalmente, e questo non l’abbiamo ancora fatto». Purtroppo è convinto che sarà necessario «un richiamo vaccinale prima della prossima stagione invernale», immaginiamo con gli stessi vaccini che abbiamo nei depositi, formulati due anni fa e non per le sottovarianti. Richiamo o quarta dose che sia, pure la virologa Ilaria Capua dichiara che «bisognerà vaccinarci in autunno, il Covid non andrà via» e che «l’andamento della curva dipenderà da quello che faremo noi». Con i margini super ridotti di autonomia che questo governo concede, la crescita dei contagi non sarà certo attribuibile a un «liberi tutti».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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