2020-11-28
La Svizzera spalanca la cassaforte dei segreti vaticani
I giudici federali hanno trasmesso ai pm della Santa Sede i documenti riservati sulla speculazione di Sloane Avenue.La Svizzera corre in aiuto della magistratura in Vaticano. «Non si tratta soltanto di aiutare lo Stato richiedente a provare i fatti evidenziati dall'inchiesta, ma di svelarne altri, se ne esistono». C'è una sentenza del tribunale federale svizzero del 15 ottobre scorso che potrebbe rappresentare una svolta nell'inchiesta sull'acquisto dell'immobile di Sloane Avenue a Londra, l'ultimo scandalo che ha portato alle dimissioni di monsignor Angelo Becciu. È quella relativa al ricorso che il finanziere Enrico Crasso aveva promosso contro la richiesta di rogatoria dei promotori di giustizia vaticani, Alessandro Diddi e Gian Piero Milano, il 19 dicembre del 2019. I giudici elvetici hanno dato torto a Crasso, riconoscendo «il principio di proporzionalità» nella richiesta di collaborazione. E per di più oltre a respingere il ricorso, hanno anche chiesto al fondatore della AZ Swiss & Partners S.A di pagare 5000 franchi svizzeri di tasse. «Il diritto alla riservatezza personale o commerciale non prevale sugli interessi dell'autorità estera di valutare essa stessa la natura criminale o meno dei flussi finanziari in capo alla ricorrente» scrivono i giudici di Bellinzona. Nelle 11 pagine del tribunale elvetico ci sono ampi stralci della rogatoria. Vengono ricordati i reati su cui sta indagando lo Stato pontificio (abuso di autorità, peculato, corruzione, riciclaggio di denaro, autoriciclaggio, impiego di proventi in attività criminose e associazione a delinquere) e si quantificano anche i danni che sarebbero stati arrecati al patrimonio della segreteria di Stato, quantificabili in non meno di 300 milioni di euro. Tutto, va ricordato, ruota intorno all'operazione londinese che avrebbe avuto come linee di credito del Credit Suisse e della Banca Svizzera per 200 milioni di dollari, garantite dal pegno della Segreteria di Stato sulle donazioni dell'obolo di San Pietro, i fondi destinati ai poveri pari quasi a mezzo miliardo di euro. Il provvedimento è stato anticipato nei giorni scorsi dal giornale online Gotham City e rilanciata dall'Huffington Post in Italia. In pratica nella sentenza si spiegano nel dettaglio tutti i passaggi in cui Crasso aveva deciso di ricorrere contro le richieste della magistratura vaticana. E in uno dei punti si racconta che il 16 aprile di quest'anno il procuratore svizzero aveva anche contattato Crasso telefonicamente parlandogli dei documenti da inviare in Vaticano. Solo il 28 maggio l'uomo che ha gestito per 30 anni i fondi della segreteria di Stato, considerato vicino a Becciu, «ha preso posizione e indicato i documenti dei quali acconsentiva la trasmissione all'autorità estera». Per il tribunale non era abbastanza. Quindi «l'autorità d'esecuzione ha ritenuto tali documenti troppo limitati e deciso, vista la natura dei reati contestati agli indagati, di trasmettere tutta la documentazione litigiosa». Del resto, le richieste di Diddi e Milano erano molto circostanziate. E puntavano appunto su «operazioni, effettuate con la consulenza del gestore patrimoniale di fiducia della Segreteria di Stato», (Enrico Crasso), «che hanno visto l'impiego di somme a destinazione vincolata e con il ricorso a schemi di investimento non trasparenti né coerenti con le normali prassi che regolano gli investimenti immobiliari (da qui l'ipotesi di peculato) generato ingenti danni al patrimonio della Santa Sede». E che soprattutto, «il ricorso a questa struttura finanziaria, realizzata attraverso la costituzione in pegno dei fondi vincolati anziché attraverso l'impiego diretto delle disponibilità liquide (cd. Credito Lombard), a parere di questo Ufficio, rappresenta la forte evidenza indiziaria del fatto che essa abbia rappresentato un escamotage per non rendere visibile – come del resto avvenuto per moltissimi anni – la distrazione compiuta». Perché di fondo, «appare inspiegabile il fatto che, a fronte di liquidità disponibili presso la banca M. per oltre 450 milioni di euro e concesse in pegno alla banca, la Segreteria di Stato abbia fatto ricorso ad un finanziamento». E infine che «allo stato delle indagini i danni arrecati al patrimonio della Segreteria di Stato per effetto delle condotte distrattive sopra descritte, risultano di importo ingente (attualmente quantificabili in non meno di 300 milioni di euro)». Nel frattempo sull'Espresso è tornata a farsi sentire Genoveffa Ciferri che il nostro giornale aveva già intervistato poco tempo fa. La presunta 007 è in realtà molto legata a monsignor Alberto Perlasca, ex collaboratore di Becciu che sta collaborando con gli inquirenti. Sulle pagine dell'Espresso la Ciferri ricorda che il 20 luglio scorso si era recata dal cardinale per chiedergli conto delle intimidazioni proprio nei confronti di Perlasca, anche attraverso un «medico» e «una massiccia dose di farmaci inibitori che ne minarono la lucidità mentale». Il cardinale, secondo la donna, aveva intimato a Perlasca di non parlare. E come aveva anticipato anche il nostro giornale, di fronte alle accuse della donna proprio il cardinale Becciu le aveva risposto bestemmiando e inveendo contro papa Francesco.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)