2018-12-08
La strategia di Conte: proporre il 2,2% (con più investimenti) e incassare il 2,1%
Probabile l'incontro fra il nostro premier Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker già martedì. Niente dettagli su quota 100 , reddito e pensioni di cittadinanza. Possibile che Conte proponga un 2,2% di deficit, che la Commissione rilanci su un 2% secco, e che si chiuda salomonicamente a 2,1.A margine della seduta fiume alla Camera per il voto di fiducia sulla manovra (o più precisamente: sullo scheletro della legge di bilancio, a cui manca ancora la versione definitiva dei due provvedimenti qualificanti), ci sono almeno tre fronti da presidiare: la trattativa con Bruxelles, le illazioni sulle vere o presunte intenzioni del ministro Giovanni Tria, e il reale stato delle cose sul reddito di cittadinanza, su cui la sensazione è che il processo decisionale interno al M5s sia ancora in alto mare. Cominciamo dal negoziato tra il governo e la Commissione Ue. Ieri c'è stata una new entry in scena: quella di Mina Andreeva, portavoce della Commissione, che, nel corso di un briefing con la stampa, ha diffuso una specie di cortina fumogena sull'incontro prossimo tra Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker: «Hanno parlato mercoledì al telefono e sono rimasti d'accordo sul fatto di restare in contatto», ha detto la Andreeva. «Il dialogo continua, e probabilmente ci sarà un incontro la settimana prossima, ma per ora non c'è niente di confermato. Vi aggiorneremo non appena ci saranno novità». Ipotesi più probabile: che l'incontro avvenga già martedì a Strasburgo, in occasione della plenaria dell'Europarlamento. In alternativa: giovedì e venerdì a Bruxelles, dove è previsto il Consiglio europeo. La vaghezza della portavoce fa pensare che i contatti siano effettivamente costanti, e che si voglia arrivare all'incontro con qualcosa che assomigli a una soluzione condivisa. Possibile che Conte proponga un 2,2% di deficit, che la Commissione rilanci su un 2% secco, e che si chiuda salomonicamente a 2,1. Una possibilità è che l'accordo preveda che tutto il deficit oltre il 2% venga usato esclusivamente per investimenti in grado di sostenere l'economia, che sta rallentando. L'Italia porterebbe a casa il mantenimento almeno del «titolo» delle due misure chiave, sia pure un po' spolpate nello stanziamento; Bruxelles potrebbe a sua volta evitare la forzatura rappresentata dalla procedura di infrazione; e insomma si siglerebbe una sorta di tregua pre elezioni europee di maggio. Resta sullo sfondo l'inevitabile interrogativo se a Bruxelles ci sia adeguata consapevolezza sul rallentamento economico in corso in tutta l'Ue e sulla necessità di una strategia espansiva per contrastarlo. Tornando a Roma, è proseguito anche ieri il turbinio di voci e di smentite intorno alla figura del ministro dell'economia Giovanni Tria. Per tutto il giorno, sono state alimentate voci di possibili dimissioni (con tanto di primi nomi di sostituti «volantinati» qua e là), a cui hanno fatto da contraltare altrettante smentite. Fonti di Palazzo Chigi hanno tenuto a far sapere che il ministro «sta svolgendo il suo lavoro con serietà e impegno, in piena sintonia con l'azione dell'esecutivo. Tutto il resto sono fantasiose ricostruzioni destituite di ogni fondamento. In questa delicata fase di dialogo con l'Ue sulla manovra economica, il governo va avanti compatto». Ma dubitiamo che queste righe bastino a fermare una circolazione (non di rado interessata) di voci e candidature.A fermare il can can ha provato lo stesso Tria: «Le mie dimissioni sono un'ipotesi che non esiste», ha detto a Venezia, negando anche di aver inviato messaggi a esponenti dell'opposizione. Sul fronte politico, mentre Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti hanno incontrato il premier Conte, anche Luigi Di Maio ha voluto smentire «categoricamente» la presunta ostilità grillina verso il titolare del Mef: «Ho visto che veniva addirittura attribuita al M5s la volontà di far dimettere il ministro Tria. Giovanni Tria sta facendo un grande lavoro, e squadra che vince non si cambia», ha detto Di Maio a Radio24.Ancora più nebulosa è la situazione che riguarda il reddito di cittadinanza. A fine giornata di ieri, non era chiaro praticamente nulla: né il veicolo prescelto per traghettare la misura, né i suoi contorni. Come La Verità ha scritto più volte, la componente leghista sarebbe stata già pronta a depositare alla Camera il suo emendamento su quota 100, ma ha deciso di attendere qualche altro giorno proprio per consentire all'alleato grillino di sciogliere i nodi sul reddito, e quindi presentare insieme i due emendamenti alla legge di bilancio, in occasione del passaggio al Senato. Ma allo stato l'emendamento grillino non c'è. Torna d'attualità l'idea di altri giorni di lavoro per varare un provvedimento autonomo, a quel punto separato dalla manovra: non un decreto, però, come pure i grillini lasciano intendere, ma un disegno di legge, con un'ulteriore conseguente dilatazione dei tempi. Al momento, non pare nemmeno accolta in casa grillina la proposta leghista di rendere la misura più «market friendly», prevedendo che, a offerta di lavoro accettata, il sussidio alla persona diventi una defiscalizzazione a favore dell'impresa. Fonti grilline di primo piano riferiscono alla Verità di non aver ancora dato semaforo verde a un'ipotesi che - a loro avviso - genererebbe una commistione tra interventi assistenziali pro disoccupati e interventi di decontribuzione pro imprese.Cosa resta, dunque? Uno stanziamento che scenderebbe da 9 a 7 miliardi, ma ancora senza alcun dettaglio o distinzione tra reddito di cittadinanza e cosiddette «pensioni di cittadinanza», tema che i grillini continuano a non dare per archiviato. Ma pesano come un macigno i conti fatti da Alberto Brambilla, presidente del centro studi Itinerari previdenziali: «Solo per portare a 780 euro il milione di persone che percepisce la pensione d'invalidità, ci vogliono 6 miliardi. Per portare a 780 un altro milione che percepisce o la pensione sociale o l'assegno sociale, ne servirebbero altri 3 e mezzo». E si capisce bene come mai la nebbia non si diradi.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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